Kuhn / Mehltretter / Rivoletti | Movimenti - Bewegungen II | E-Book | sack.de
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E-Book, Italienisch, Band 2, 282 Seiten

Reihe: Italianistica: Testi e Strutture - Strukturen und Texte

Kuhn / Mehltretter / Rivoletti Movimenti - Bewegungen II

Akten der Literaturwissenschaftlichen Sektion des Deutschen Italianistentags 2022
1. Auflage 2025
ISBN: 978-3-381-13043-6
Verlag: Narr Francke Attempto Verlag
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

Akten der Literaturwissenschaftlichen Sektion des Deutschen Italianistentags 2022

E-Book, Italienisch, Band 2, 282 Seiten

Reihe: Italianistica: Testi e Strutture - Strukturen und Texte

ISBN: 978-3-381-13043-6
Verlag: Narr Francke Attempto Verlag
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark



Der vorliegende Band, der gemeinsam mit dem sprachwissenschaftlichen und dem fachdidaktischen Band auf den 2022 an der Ludwig-Maximilians-Universität München veranstalteten 12. Deutschen Italianistentag zurückgeht, versammelt die Beiträge, die unter dem Thema > im Rahmen der literaturwissenschaftlichen Sektion gehalten wurden. In diesem Kontext meint der Begriff, wie die Vielfalt der Beiträge illustriert, zum einen konkrete Bewegungen im Raum: Dies zeigen etwa die Beiträge zur (Arbeits-) Migration in der Literatur oder zur Rolle der Eisenbahn in Lyrik und Narrativik. Zum anderen wird das Konzept in Literatur und Literaturwissenschaft selbstverständlich auch im übertragenen Sinn gebraucht und kann - beispielsweise - eine literarische oder philosophische Strömung meinen, aber ebenso die Bewegung von Texten, die von anderen Texten werden, oder von einzelnen Episoden und Motiven, die aus einem Text in andere .

Prof. Dr. Barbara Kuhn ist Inhaberin des Lehrstuhls für Romanische Literaturwissenschaft I an der Katholischen Universität Eichstätt-Ingolstadt. Prof. Dr. Florian Mehltretter ist Inhaber des Lehrstuhls für Italienische Philologie an der LMU München. Prof. Dr. Christian Rivoletti ist Inhaber des Lehrstuhls für Romanistik, insbes. Ital. Literatur- und Kulturwissenschaft im europäischen Kontext, an der FAU Erlangen.
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Maria Antonietta Terzoli

Trasmutabile per tutte guise. Movimenti, trasformazioni, riscritture di episodi e temi danteschi


1. Nella notte fra il 13 e il 14 settembre 1321 moriva a Ravenna Dante Alighieri. Settecento anni dopo, in tutto il mondo abbiamo celebrato questo poeta quasi come se fosse un nostro contemporaneo, una guida e una voce che ha attraversato i secoli intatta nella sua forza, nuova a ogni lettura, duttile e straordinariamente capace di esprimere anche le nostre passioni e i nostri sentimenti. «Dante. Seine allgemeine Bedeutung für jede Frage» suona l’icastica nota della seconda lezione tenuta da Jakob Burckhardt nel novembre del 1858 nell’Aula Magna dell’Università di Basilea per la serie delle .1 In effetti la , scritta nei primi vent’anni del Trecento, ancora oggi ci tocca e ci emoziona, racconta storie che ci coinvolgono profondamente, presenta vicende di personaggi antichi, lontani nel tempo e nello spazio, che leggiamo come se fossero storie di nostri contemporanei. Questa lettura per così dire ‹metaforica›, questa possibilità di attualizzare le vicende narrate e di trovare nella folgoranti chiavi di interpretazione per la nostra stessa vita e per il nostro tempo, non deriva solo dalla mirabile, ineguagliata grandezza artistica di quest’opera, di questo libro-mondo come è stato chiamato. In realtà è già prevista nel geniale meccanismo compositivo messo in atto con assoluta consapevolezza dal suo autore.

I contemporanei di Dante leggevano avidamente il poema per scoprirvi, accanto a quella di personaggi mitici e antichi, la sorte ultraterrena di persone che ben conoscevano, morte da poco, che avevano avuto un ruolo di spicco nelle vicende cittadine o nella cronaca nera e rosa più recente. La prima anima che racconta a Dante la sua tragica storia, è Francesca, figlia di Guido da Polenta, signore di Ravenna, e zia di Guido Novello da Polenta, ultimo protettore del poeta. Il suo amante, Paolo Malatesta, ucciso con lei dal marito geloso, era stato capitano del Popolo proprio a Firenze nel 1282, quando il giovane Dante aveva diciassette anni e componeva i suoi primi versi. Come scrive con sprezzante condiscendenza Petrarca in una lettera a Boccaccio una quarantina di anni dopo la morte di Dante, persino osti, tintori e lottatori si appassionavano alla e alle sue storie: «nisi forte sibi et et ceterorum ve, qui quos volunt laudare vituperant, plausum et raucum murmur invideam» (. XXI 15 22).2 E recitandoli ne storpiavano i versi:

sicut ex diverso nullos quibus esset infestior, quam hos ineptissimos laudatores, qui omnino quid laudent quid ve improbent ex equo nesciunt, et qua nulla poete presertim gravior iniuria, scripta eius pronuntiando lacerant atque corrumpunt […]. (. XXI 15 16)3

Quella della era in effetti una scandalosa contemporaneità, di straordinario impatto emotivo, per la menzione esplicita di nomi e luoghi, di colpe note e di colpe segrete, di fatti ben conosciuti e di episodi più oscuri, affidati dall’ombra di un trapassato alla testimonianza di un imprevisto visitatore dell’aldilà, che percorre in carne e ossa il mondo dei morti e può riportarne notizia nel mondo dei vivi, svelando ai suoi lettori le verità, altrimenti non conoscibili, del dopo morte. Nella sua (1813), all’inizio dell’Ottocento, lo storico ginevrino Jean Charles Sismonde de Sismondi notava:

L’empire des morts des poètes de l’antiquité est confus et presque incompréhensible; celui du Dante se présente avec un ordre, avec une grandeur, avec une régularité, qui saisissent l’imagination, et ne lui permettent plus, une fois qu’elle l’a conçu, de se le figurer autrement.4

In questo ben organizzato aldilà, in questa perfetta geografia ultraterrena che non ha precedenti, i contemporanei di Dante potevano trovare risposte a dubbi e paure, compensi di giustizia e di punizione rappresentati con straordinaria concretezza e realismo.

L’argomento del poema, se considerato «limitatamente alla lettera», cioè al primo significato, è «semplicemente lo stato delle anime dopo la morte»: «Est ergo subiectum totius operis, litteraliter tantum accepti, status animarum post mortem simpliciter sumptus» (. XIII 8).5 Così lo presenta l’autore nella dedica del a Cangrande della Scala, vicario imperiale in Italia e suo protettore a Verona. Ma come precisa la frase successiva: «Se invece si considera l’opera dal punto di vista dell’allegoria, il soggetto è l’uomo, in quanto con meriti e demeriti, per la libertà di arbitrio, è esposto alla giustizia che premia e punisce».6 Il soggetto siamo dunque tutti noi, uomini e donne di ogni tempo, luogo e cultura. In effetti Dante nel suo poema è riuscito a mettere in atto un meccanismo di moltiplicazione infinita di senso, attraverso un uso spregiudicato e sapiente delle potenzialità polisemiche e metaforiche del linguaggio, utilizzato nella più alta forma, quella «poetica», ricorrendo a una maniera di esporre da lui definita «inventiva, descrittiva, digressiva, metaforica», ma insieme «precisa e determinata», «concreta di esempi» (. XIII 9).7

Prendiamo la storia del conte Ugolino, accusato di tradimento, chiuso in una torre e lasciato morire di fame con quattro figli giovinetti. La vicenda, narrata nel penultimo canto dell’, si è svolta nel XIII secolo, a Pisa, ma il racconto di questo personaggio ci emoziona come se anche noi fossimo coinvolti in prima persona. Dante mette in scena, con una potenza rappresentativa inusitata, i temi della fedeltà politica e del tradimento, dell’interesse pubblico sacrificato ai vantaggi personali, ma soprattutto racconta la disperazione e l’impotenza di un genitore davanti alla morte dei figli, l’odio di parte, feroce fino all’annientamento fisico del nemico, l’atroce e inappellabile condanna a morte, la punizione del traditore e l’orrida antropofagia. Sono temi che toccano le basi stesse della nostra civiltà, e del nostro modo di pensare e di rapportarci con i nostri simili: ci coinvolgono direttamente e nella loro decifrazione esibiscono significati simbolici, implicazioni antropologiche, valenze e modelli religiosi di assoluta rilevanza.

Questo racconto non ha mancato di ispirare molteplici interpretazioni figurative, che hanno privilegiato la drammatica scena che si svolge all’interno della torre, come William Blake nel suo primo disegno dantesco, quasi quarant’anni prima di illustrare l’intero poema (1824 ca).8 Nella scultura di Jean-Baptiste Carpeaux, a metà Ottocento, Ugolino è rappresentato come un nuovo Laocoonte, impotente di fronte alla morte dei figli.9 Altri artisti hanno inserito la storia in un quadro più ampio, rendendo materialmente visibile il suo statuto di racconto secondo, narrato retrospettivamente da Ugolino. Così nel Cinquecento il fiammingo Giovanni Stradano (Jan van der Straet) rappresenta questa scena nella parte superiore dell’immagine, in una sorta di nuvola che sovrasta l’incontro tra Dante e i dannati.10 Nell’Ottocento Gustave Doré dedica molte immagini alla drammatica storia di Ugolino. Tutti però hanno cercato di trasmettere visivamente l’orrore di una morte prevista, lenta e atroce di vittime innocenti che si accasciano ad una ad una davanti agli occhi del padre atterrito.

Così la storia di amore e morte di Francesca, che ho ricordato all’inizio, è stata riscritta, reinterpretata e illustrata nei secoli in una sorta di esegesi figurativa che ha trasformato in immagini di grande impatto mediatico e di immediata contemporaneità la mirabile narrazione dantesca.11 Qui ricordo solo l’interpretazione di due artisti svizzeri. Johann Heinrich Füssli nel dipinto che si trova al Kunsthaus di Aargau rappresenta la scoperta degli amanti e il loro proditorio assassinio: (1785).12 Arnold Böcklin illustra a sua volta la storia dei due amanti in un dipinto essenziale e potente, conservato alla Stiftung Oskar Reinhart (Kunst Museum di Winterthur), (1893): due sole figure, isolate su fondo nero, da cui emergono con drammatica intensità i corpi feriti.13

2. Queste storie sono tra le più celebri della letteratura occidentale, ma non c’è quasi episodio della che nei secoli non sia stato punto di partenza di riscritture in prosa, in versi, in musica, di rappresentazioni figurative, di film, fumetti, ora persino di videogiochi. Movimenti e trasformazioni di mezzi espressivi, passaggi di culture che hanno segnato anche la nostra lettura del testo dantesco. Qui vorrei soffermarmi sulla storia di Pia, nobildonna senese, che i più antichi commenti ascrivono al casato dei Tolomei, reclusa e lasciata morire dal...



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