Yates | Easter Parade | E-Book | sack.de
E-Book

E-Book, Italienisch, 258 Seiten

Reihe: Minimum classics

Yates Easter Parade


1. Auflage 2019
ISBN: 978-88-3389-102-6
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

E-Book, Italienisch, 258 Seiten

Reihe: Minimum classics

ISBN: 978-88-3389-102-6
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark



Easter Parade, uscito originariamente nel 1976, è un romanzo esemplare della sensibilità di Yates: una saga familiare senza concessioni al romanticismo, un limpido ritratto di esistenze borghesi in bilico tra la mediocrità e le aspirazioni. Le protagoniste sono sue sorelle, dal carattere diverso - Sarah più solare e convenzionale, Emily più chiusa e indipendente - ma sempre unite da un legame che a tratti si trasforma in rivalità; i loro destini si dipanano per quasi cinquant'anni, sullo sfondo di un'America che man mano perde la sua innocenza gioiosa (quella immortalata in un'istantanea della parata di Pasqua a cui si riferisce il titolo), alla ricerca di una «felicità» difficile tanto da identificare quanto da ottenere.

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Prefazione di Nick Laird*


Per Richard Yates la vita era difficile. Soggetto ad alcolismo debilitante, a periodi maniacali e autodistruttivi, trascorse i suoi ultimi anni vivendo da solo in un appartamento in affitto a Tuscaloosa, in Alabama, tra posacenere strapieni e mobili comprati all’Esercito della Salvezza. La sua stanza era disadorna, a parte le foto delle tre figlie appese a una parete e una frase di Adlai Stevenson – che progettava di usare come esergo per il suo ultimo romanzo, rimasto incompiuto – attaccata con lo scotch sopra la scrivania:

Gli americani hanno sempre dato per scontato, nel loro subconscio, che tutte le storie abbiano un lieto fine.

In questo senso Yates era antiamericano: le sue storie, comico-realistiche nel tono, sono sempre tragedie nello spirito. I personaggi yatesiani non riescono mai, per dirla con Philip Larkin, ad affrancarsi da inizi sbagliati. S’intrappolano da soli. Non parlano fra loro, ma cercano di darsi reciprocamente sulla voce. Vogliono e non ottengono, oppure ottengono e non vogliono. Vivono infelici sul margine tra l’attesa e la realtà, conducendo, come ha detto Thoreau, esistenze di tranquilla disperazione.

E a volte non tanto tranquilla: quando morì nel novembre 1992, all’età di sessantasei anni, Yates aveva scritto ventisette racconti, diciotto dei quali già pubblicati in volume, e sette romanzi. Da quel momento la sua fama è andata costantemente aumentando, ma da vivo non ha mai incontrato il successo di critica o di pubblico che le sue opere avrebbero meritato.

Richard Walden Yates era nato nel 1926 a Yonkers, una cittadina industriale nel nord dello stato di New York, e i suoi genitori avevano divorziato quando lui aveva tre anni. I due bambini, Richard e la sorella Ruth, rimasero a vivere con la madre, anche lei di nome Ruth, una scultrice in cerca di affermazione, mentre il padre, «vicedirettore commerciale regionale per la General Electric (sezione lampade Mazda)», si fece da parte, sovvenzionando a distanza le loro vite prima di morire di polmonite all’età di cinquantasei anni. Come la famiglia Grimes di , Ruth Yates costringeva i figli a continui traslochi, in fuga dai creditori e al tempo stesso alla ricerca del bel mondo nel quale, immaginava, sarebbe riuscita a prosperare.

Ruth, che i figli conoscevano come Dookie (forse per confermare la fedeltà del ritratto, Richard cambiò una sola lettera del suo nome per creare Pookie, la madre di ), è la figura dominante nella narrativa di Yates, presente sotto questa o quella forma in quasi in tutte le sue opere. Della madre ha scritto: «Mi rendevo conto che era sciocca e irresponsabile, che parlava troppo, che per un nonnulla faceva scenate pazzesche e melodrammatiche e che nei momenti critici regolarmente crollava, ma ero arrivato a sospettare, con sommo dispiacere, che la mia personalità fosse articolata più o meno nello stesso modo». Alla luce della meditata biografia scritta su di lui da Blake Bailey, , Yates avrebbe potuto anche aggiungere che era un’alcolizzata con tendenza alla distorsione della realtà, una scialacquatrice di denaro altrui, e che aveva l’abitudine di trascurare i propri figli o di aggrapparcisi a seconda dell’umore, in maniera molto simile a Pookie.

Nella narrativa di Yates alcune dinamiche vengono costantemente ripetute, tanto che i suoi romanzi sembrano contenere ciò che Freud aveva definito , il fenomeno per cui si prova un senso di liberazione emotiva dopo aver ricordato un’esperienza dolorosa che era stata repressa perché intollerabile a livello conscio. In modo analogo la narrativa di Yates sembra quasi una forma di , mediante la quale l’autore è spinto a rappresentare certe precedenti esperienze emotive. Nei suoi ultimi libri, queste coazioni prendono il sopravvento. I personaggi diventano delle versioni ripetute l’uno dell’altro, riflesse in un corridoio a specchi pieno di sofferenza, prigioniere di trame calcificate.

Per Yates, a differenza di Tolstoj, le famiglie sono infelici, e tutte sono infelici allo stesso modo. Sebbene tenesse in scarsa considerazione la psicanalisi a cui era stato sottoposto (quando gli vennero prescritti degli antidepressivi, osservò giulivo: «Basta con questo cazzo di Sigmund Freud»), Yates non esitava a individuare la fonte delle proprie difficoltà. Quando un’altra romanziera osservò che le riusciva di scrivere solo della famiglia, lui rispose: «Non c’è altro di cui scrivere».

questo lo afferma con chiarezza, visto che comincia così:

Né l’una né l’altra delle sorelle Grimes avrebbe avuto una vita felice, e a ripensarci si aveva sempre l’impressione che i guai fossero cominciati con il divorzio dei loro genitori.

Il lettore segue le sorelle, Sarah ed Emily, mentre scelgono strade diverse; una casalinga di campagna, l’altra cittadina, single e senza figli. In nemmeno trecento pagine Yates descrive tutta la loro vita e, di possibilità in possibilità, spegne ogni barlume di speranza o redenzione finché, all’ultima pagina, il lettore si sente cogliere dal panico e dalla disperazione. Ciascuna occasione di felicità non viene colta, oppure viene mandata a monte, oppure si rivela illusoria.

Sarah sposa un inglese, figlio dei vicini del piano di sopra, che somiglia a Laurence Olivier, e si trasferisce nelle campagne di Long Island. Laggiù ha tre figli, cede all’alcolismo e viene maltrattata dal marito, per poi morire alla fine in circostanze sospette. Emily, più giovane di quattro anni, vince una borsa di studio al Barnard College e fa carriera nella pubblicità. Ha una serie di imperfette relazioni sentimentali e alla fine, passati i quarant’anni, rimane sola. Ci sono dei tentativi abortiti di evasione, di avanzamento, che nelle storie di Yates prendono sempre l’aspetto della creazione e dell’espressione artistica. Sarah scrive brevi bozzetti umoristici, poi comincia la biografia di un pioniere del luogo ma l’abbandona quando sembra che le ricerche necessarie possano condurla nel Montana. Emily comincia a scrivere degli articoli per riviste, ma non li porta mai a termine.

Dopo aver perso il lavoro, Emily inizia a soffrire di gravi disturbi mentali, e arriva a sentirsi talmente sola che si mette in contatto con Peter, il figlio di Sarah diventato sacerdote, con il quale non parla da anni. Peter, che vive nel New Hampshire con moglie e figlioletta, ha trovato nella religione un rifugio dal modo in cui è stato allevato. (Yates non sa resistere all’aggiunta di un piccolo dettaglio vibrante: l’interno del garage «in cui Peter mise la macchina era più ordinato della media».) Vedendo la vita ordinata di Peter, Emily viene colta da un accesso di furore, e dopo avergli urlato insulti brutali e infantili dice: «E la sai una cosa buffa? Ho quasi cinquant’anni e non ho mai capito niente in tutta la mia vita». La risposta di Peter, l’ultima frase del romanzo, è una chiusa da maestro dell’ironia:

«Ti va di venire dentro a conoscere la famiglia?»

Yates è spietato con la debolezza umana, e tratteggia tutti i modi in cui le persone ingannano se stesse e gli altri. Quando Sarah telefona alla sorella per dirle che vuole lasciare il marito e chiederle se può venire a stare da lei, Emily rifiuta. Subito dopo Yates ce la mostra mentre parla con il suo compagno, e sottolinea gli abissi di autoillusione e di preoccupazione egoistica in cui vive la donna:

«È solo che non posso fare niente, Howard», rispose lei. Voleva essere abbracciata, così avrebbe potuto piangere contro la sua spalla, ma lui non le venne incontro.

Quando è ancora all’università, recandosi alle Alte Siepi per far visita alla sorella, Emily vede in «un sudicio negozietto» un cartello che mette in vendita «larve e lombrichi», in inglese « ». Anni dopo, mentre sta andando a Long Island a trovare la madre e la sorella, Emily riconosce di nuovo l’insegna e la utilizza come punto di riferimento per farsi «guidare» fino alla casa. Nell’uso del termine , che indica un tipo particolare di larve da pesca, c’è un’allusione nascosta: , infatti, significa «sangue», e l’effetto è sottile e tremendo. Sotterranea, contorta, vermicolare, innumerevole: è questa l’immagine della famiglia per Yates.

è pieno di esempi di tecnica geniale. I dialoghi non vacillano mai, non si fanno mai goffi. Yates riesce a comprimere e a espandere il tempo in modo così abile che il lettore non se ne accorge mai. Scrive frasi eleganti ed è un maestro nel cogliere il dettaglio giusto – come il cartello nel negozio di pesca – che denota e connota al tempo stesso. Ecco la madre del marito di Emily:

Era seduta su un divano rivestito di chintz con tre gatti persiani bianchi, in una stanza che odorava di aspirapolvere passato da poco, e guardando Emily sbatté più volte le palpebre, come se avesse bisogno di rammentarsi della sua presenza.

Quella proposizione intermedia dà immediatamente al lettore un’impressione concreta (conosciamo l’odore di cui sta parlando) e una astratta: questa donna è talmente fanatica dell’ordine casalingo da passare l’aspirapolvere prima che il figlio e la nuora vengano a trovarla. Yates è anche capace di essere divertente, per quanto si tratti di un umorismo doloroso:

Esther Grimes, o Pookie, era una donna piccolina e vivace...



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