Wideman | Fratelli e custodi | E-Book | sack.de
E-Book

E-Book, Italienisch, 413 Seiten

Reihe: Sotterranei

Wideman Fratelli e custodi


1. Auflage 2018
ISBN: 978-88-3389-004-3
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

E-Book, Italienisch, 413 Seiten

Reihe: Sotterranei

ISBN: 978-88-3389-004-3
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark



Due fratelli afroamericani, John Edgar e Robert, crescono insieme in un quartiere di Pittsburgh, in Pennsylvania, ma le loro vite prendono ben presto due direzioni diverse. Il 15 novembre 1975 Robert, il fratello minore, eroinomane e perennemente a caccia di soldi, tenta l'assalto a un camion pieno di televisori rubati: si scatena una sparatoria in seguito alla quale un uomo rimane perde la vita. Ricercato per rapina a mano armata e omicidio, dopo tre mesi di latitanza si presenta a casa di John Edgar - che è diventato scrittore e insegna letteratura all'università - e il giorno seguente viene arrestato. Il processo si conclude con una condanna all'ergastolo, anche se durante la rapina Robert non ha sparato. Nel corso delle visite in carcere, tra i due fratelli si instaura il dialogo che forse non hanno mai avuto, in un percorso di reciproco riscatto che vedrà il suo epilogo su una nota di profonda consapevolezza. Alternando il suo stile colto, elegante, e la vivace e potente lingua di strada del fratello, Wideman ci regala un memoir sfaccettato e ricco di fascino, tra biografia familiare e storia carceraria: una riflessione lucida sulla razza e le ineguaglianze, il retaggio di violenza che la società americana si porta nel DNA e la forza travolgente dei legami di sangue.

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Prefazione all’edizione Mariner


Dalla prima pubblicazione di nel 1984, centinaia di estranei benintenzionati, persone che conoscono me e mio fratello solo dalle pagine di un libro, mi hanno avvicinato per chiedermi: Come sta suo fratello? Eccovi un piccolo aggiornamento di una risposta impossibile. La salute di Robert Wideman è ragionevolmente buona, lo spirito è forte, ed egli si ostina a credere che sarà presto scarcerato dal penitenziario. Robby continua a essere un uomo determinato, comprensivo, affabile e ottimista, e, come mio figlio Jake,1 crea, all’interno delle mura del carcere, una vita più piena delle vite che molti di noi conducono nel cosiddetto mondo libero. E questo nonostante sia profondamente consapevole dei limiti e dei pericoli imposti dalla reclusione, e ogni giorno rimpianga gli errori che lo hanno portato in carcere e sono costati la vita a un altro essere umano. Mio fratello mi parla sovente del fardello che considera il più pesante da portare: essere la causa di un dolore incommensurabile per la sua famiglia e per la famiglia dell’uomo ucciso nell’azione criminale che questo libro descrive. Robby si è risposato. Per quanto gli è possibile da dietro le sbarre di una prigione, si sforza di mantenere la sua ex moglie e il loro figlio, Chance, nato il 13 febbraio del 1990, due giorni dopo che Nelson Mandela veniva liberato da una prigione del Sudafrica.

La situazione legale di Robby esige una ricapitolazione un po’ più lunga. Quattro anni fa, dopo che un’udienza nel suo tribunale aveva rivelato nuove prove convincenti stando alle quali alla morte della vittima aveva contribuito una colpevole negligenza medica, il giudice James R. McGregor stabilì che mio fratello aveva diritto a un nuovo processo e poteva essergli concessa la libertà dietro cauzione con effetto immediato. Il pomeriggio del verdetto, mentre la mia famiglia si riuniva a casa di mia sorella per festeggiare il ritorno di Robby dopo venticinque anni di prigione, io mi fermai nello studio del procuratore distrettuale della contea di Allegheny, Stephen A. Zappala Jr., nel centro di Pittsburgh, e ascoltai il procuratore mentre informava l’avvocato di mio fratello, Mark Schwartz, che aveva deciso di non ricorrere in appello contro la sentenza del giudice McGregor. La dichiarazione inequivocabile delle proprie intenzioni da parte del procuratore distrettuale era cruciale, dal momento che permetteva all’avvocato di Robby di organizzare la libertà condizionata invece di recarsi al tribunale di contea, dove sarebbe stato suo dovere essere presente per opporsi a qualsiasi ricorso dello Stato per impugnare l’ordine del giudice McGregor.

Ero al settimo cielo. Era altamente improbabile che lo Stato scegliesse di celebrare un ulteriore processo. Un nuovo processo sarebbe stato costoso, il verdetto alquanto incerto in considerazione delle nuove prove, e infine, anche se lo Stato avesse istruito un nuovo processo e avesse vinto la causa, mio fratello con ogni probabilità aveva già scontato una pena superiore a quella cui l’avrebbe condannato qualsiasi verdetto di colpevolezza. Nessun nuovo processo significava che lo Stato sarebbe stato costretto a rilasciare mio fratello. La complicata bilancia della giustizia finalmente sembrava pendere a suo favore. Poi, senza informarci, il procuratore distrettuale Zappala cambiò idea. In altre parole, venne meno all’impegno preso con il difensore di mio fratello. Una mezz’ora prima che il tribunale di contea chiudesse, depositò un’istanza di sospensione dell’ordine del giudice McGregor. Senza contestazioni da parte di un qualsiasi rappresentante legale di Robert Wideman, la sospensione fu accordata. In seguito il procuratore distrettuale interpose un appello che chiedeva alla Corte di annullare la decisione del giudice McGregor. L’appello fu accolto man mano che avanzava lentamente attraverso le corti d’appello della Pennsylvania; ogni eccezione sollevata dagli avvocati della difesa di Robert Wideman fu respinta, in base a ben poche o nessuna argomentazione legale, finché giunse alla Corte Suprema della Pennsylvania, che emanò una sentenza inappellabile. Mio fratello non ebbe mai il nuovo processo né alcuna possibilità di ottenere la libertà condizionata che gli era stata accordata, e continua a scontare una condanna a vita in prigione.

Io credo che, oltre a non aver mantenuto la propria parola, il procuratore distrettuale abbia messo in moto una catena di eventi che hanno portato a una detenzione illegale di mio fratello. Il pomeriggio successivo alla decisione del giudice McGregor, poco dopo che l’avvocato di Robby e io ci eravamo consultati con il procuratore distrettuale, a quanto pare, dallo studio di quest’ultimo venne fatta una telefonata allo State Correction Institute di Pittsburgh (SCIP), una telefonata per chiedere di non scarcerare Robert Wideman perché un’istanza di sospensione dell’ordine del giudice stava per arrivare al tribunale di contea. A me sembra che la chiamata fosse impropria (un’intromissione dell’ultim’ora in procedure convenute), immorale (dal momento che il procuratore aveva promesso di non ricorrere in appello, egli era perfettamente consapevole che nessun avvocato della difesa si sarebbe presentato al tribunale di contea per rappresentare gli interessi di Robert Wideman), e illegale (al momento della chiamata non era stata depositata, tantomeno accolta, alcuna istanza di sospensione, pertanto chiedendo che i funzionari del carcere trattenessero Robert Wideman il procuratore distrettuale stava di fatto chiedendo loro di violare un’ordinanza della Corte).

Secondo lo sceriffo della contea di Allegheny, si era creata una situazione di stallo molto sgradevole e distruttiva all’SCIP, quando le guardie carcerarie si erano rifiutate di affidare Robert Wideman alla custodia degli assistenti dello sceriffo che erano stati inviati alla prigione per eseguire l’ordinanza del giudice McGregor. Per ore mio fratello fu trattenuto con la forza, e gli fu negato il suo diritto di pagare la cauzione ed essere rilasciato. E questo dopo che, poche ore prima quello stesso giorno, quando i funzionari del carcere avevano saputo del verdetto di McGregor, gli era stato ordinato di sgombrare la sua cella e prepararsi a partecipare a un’udienza giù in città, dove avrebbe potuto depositare la cauzione e tornare a casa.

Ancor oggi non so perché il procuratore distrettuale abbia detto una cosa e ne abbia fatta un’altra, perché non abbia onorato la decisione del giudice McGregor né rispettato i diritti di mio fratello. Però so che rimasi colpito dal coraggio del giudice McGregor, perché si dà il caso che il padre del procuratore distrettuale fosse il presidente della Corte Suprema della Pennsylvania, e una delle funzioni del presidente è di sovrintendere alle questioni amministrative che incidono in modo vitale sulle carriere dei giudici. Forse dopo aver preso la sua decisione iniziale, il procuratore distrettuale fu avvertito che un procuratore alle prime armi non poteva permettersi la pubblica umiliazione di perdere una causa di grande risonanza e un prigioniero ormai famoso all’inizio di una campagna elettorale basata su chi-è-più-duro-con-la-criminalità, fortemente contestata, in cui avrebbe dovuto lottare per convincere gli elettori a ratificare il suo diritto a un incarico che aveva ottenuto grazie a un appoggio politico.

Robby è stato condannato al carcere perché ha preso decisioni sbagliate e fatto cose sbagliate. È responsabile delle proprie azioni e deve portare per sempre il peso orribile di aver commesso un crimine che è costato la vita a un essere umano. Tuttavia niente di tutto questo cambia il fatto che tribunali e prigioni, tristemente noti per il loro razzismo, la loro crudeltà e corruzione, operano in un modo che crea altrettanti problemi alla società di quanti ne risolve. Il caso di mio fratello non fa che confermare lo schema generale di abuso e discriminazione che subiscono i poveri, soprattutto la gente povera di colore, nei tribunali. Vengono loro inflitte le condanne più dure (in Pennsylvania, nessun detenuto colpevole di un delitto analogo ha scontato una condanna più lunga di quella di mio fratello), e i poveri hanno meno accesso alle protezioni che prevede la legge. So che forse danneggio mio fratello accusando un potente pubblico ufficiale di complicità con le peggiori pratiche del sistema legislativo. Ma da molto tempo ormai, mio fratello e io abbiamo convenuto che la verità, per come la intendiamo noi, deve essere raccontata, vale la pena di essere raccontata; una verità che per me è abbastanza facile proclamare, ma non per lui, perché lui sarà sempre una sorta di ostaggio fintantoché sarà nel penitenziario, passibile di brutali o sottili rappresaglie per aver detto verità che potrebbero danneggiare o imbarazzare i suoi carcerieri. Disgraziatamente, che Robby tenga o no la bocca chiusa, la prigione rimane un luogo molto pericoloso. Nel corso dei ventinove anni che ha trascorso in carcere, poche persone al potere si sono fatte avanti per sostenere una qualche riforma radicale dell’istituzione fallita di cui sono al servizio e che serve loro e noi.

Nel 1981, quando iniziai a collaborare con mio fratello Robert al progetto che è divenuto , speravo che entrambi potessimo trovare uno sfogo per la nostra disperazione, per la rabbia e l’impotenza nel momento in cui iniziava a scontare una condanna a vita in prigione. Nutrivo anche motivazioni più profonde e sottaciute. Forse questo sforzo congiunto avrebbe riavvicinato due fratelli che in qualche modo erano divenuti estranei l’uno per l’altro. Ancor...



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