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E-Book

E-Book, Italienisch, 128 Seiten

Reihe: add saggistica

Wald Gas molecole vita

Chi siamo, dove stiamo andando - Sei lezioni di un premio Nobel
1. Auflage 2019
ISBN: 978-88-6783-230-9
Verlag: ADD Editore
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

Chi siamo, dove stiamo andando - Sei lezioni di un premio Nobel

E-Book, Italienisch, 128 Seiten

Reihe: add saggistica

ISBN: 978-88-6783-230-9
Verlag: ADD Editore
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark



«Tutti gli uomini, ovunque, si sono sempre posti le stesse domande: da dove veniamo, che cosa siamo e cosa sarà di noi...» Inizia così la prima delle sei Massey Lectures radiofoniche che, nel 1970, George Wald, biologo e premio Nobel per la medicina, dedicò in Canada al tema della vita. A queste tre domande fondamentali, Wald risponde partendo dalla scienza e con un linguaggio immediato e preciso ripercorre la nascita della vita sul nostro pianeta, racconta l'origine dell'uomo, il suo ruolo nell'universo e quello della morte, per poi arrivare a un approccio più umanistico e cercare per quelle domande un altro tipo di risposte. Quali sono i compiti dell'essere umano, come reagire a problemi come il sovrappopolamento e quali soluzioni vanno prese per conservare il bene più grande che abbiamo: la vita. L'equilibrio che Wald sa dare alle lezioni le rendono un capolavoro di leggerezza e sapienza, e ciò che più conquista in questo libro senza tempo è l'immediatezza, di lingua e di approccio, con cui Wald riesce a parlare a ogni lettore. Alla fine del libro le tre domande rimangono - e non potrebbe essere altrimenti - ma, in 128 pagine, davanti ai nostri occhi si apre un mondo stupefacente di possibili, straordinarie risposte.

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Uno


Tutt’uno con l’universo


Nel Museum of Fine Arts di Boston è esposto un grande dipinto di Paul Gauguin, un’opera cupa e mistica risalente al suo periodo tahitiano. Nell’angolo superiore sinistro, l’autore ha vergato tre frasi in francese: «D’où venons-nous? Que sommes-nous? Où allons-nous?» Ovvero: «Da dove veniamo? Cosa siamo? Dove andiamo?». Tutti gli uomini, ovunque nel mondo, si pongono le stesse domande: da dove veniamo, che tipo di creature siamo e desiderano avere almeno un’idea di cosa ne sarà delle loro vite. Per dare loro risposta, si sono seguite molte strade. Spero mi si possa perdonare se credo che la scienza offra quella che è, forse, la più sicura.

Oggi è particolarmente necessario rispondere a queste domande. La nostra società sta attraversando una crisi di convinzione, di missione e di impegno… una sorta di crisi d’identità mondiale. Da quando la tecnologia ha annullato le distanze, gli uomini avvertono come mai in passato la necessità di far parte di una comunità; se non riusciamo a trovare bisogni e obiettivi condivisi, ci sentiamo perduti. Questo è ciò di cui parlerò. Mi porrò la domanda: su quali basi uno scienziato può esprimere giudizi morali e politici? Mi piacerebbe esaminare queste basi, le mie basi. Forse potrebbero diventare le vostre. Ciò che sto cercando è una sorta di contesto che possa servire da guida per decisioni e azioni.

In un certo senso questa è la mia religione, la mia religione in tutto e per tutto laica di scienziato. Non contiene elementi sovrannaturali. La natura mi basta, possiede meraviglia, bellezza, fede e ragione a sufficienza. Andrei in cerca del sovrannaturale soltanto se sentissi che abbiamo esaurito ogni suo aspetto; ma questo non è ancora accaduto, e non accadrà mai.

Vorrei cominciare facendo alcune distinzioni di fondo. Abbiamo bisogno di sapere di cosa stiamo parlando. Innanzitutto, l’uomo è impegnato, sin da quando lo conosciamo, in un’eterna lotta per la conoscenza e credo che questa continua ricerca del sapere sia incarnata dalla scienza. La scienza è un tentativo di comprendere tutta la realtà. Quest’ultima copre un campo molto vasto, non solo le cose relativamente semplici come la caduta delle pietre e le strutture dei nuclei atomici, ma anche cose molto più complesse come, per esempio, i poeti che scrivono sonetti, o la gente che piange o che prega. Credo che la scienza non arriverà mai a capire alcune di queste cose più complesse, ma continueremo a provarci. Il senso dell’impresa è raggiungere la comprensione. I fatti sono solo la materia prima della scienza.

Qualche tempo fa ho letto per la prima volta, ma non per l’ultima, Siddharta di Herman Hesse. Sono uscito da quella prima lettura con una frase meravigliosa. La frase non è nel libro di Hesse, ma tutte le sue componenti sono presenti in quelle pagine, ed è così che l’ho scoperta: «Si può ottenere la conoscenza dalle parole, ma la saggezza solo dalle cose». La scienza è questo: un indefesso tentativo di estrarre la saggezza dalle cose.

Quindi, questo profondo e costante tentativo di comprendere la realtà è ciò che rende la scienza totalmente buona, almeno per il concetto di “buono” che ha la nostra cultura. Non può esistere la scienza cattiva. Qualsiasi altra opinione al riguardo equivarrebbe a un’ammissione di ignoranza, e non può esserci nessuna possibile controversia scientifica che l’ignoranza possa risolvere.

Un’altra impresa, completamente differente, è l’applicazione della scienza per scopi utili: la tecnologia. Ho appena detto che la scienza è totalmente buona, ma non mi sognerei mai di affermare la stessa cosa della tecnologia. La tecnologia ha finalità pratiche, e in qualsiasi società retta in modo appropriato ogni iniziativa a essa collegata, nuova e vecchia che sia, dovrebbe essere sottoposta a una valutazione e a un giudizio costanti, in relazione alle necessità, agli obiettivi e alle aspirazioni di questa società.

Uno dei problemi della società odierna è che tendiamo a considerare indistintamente la tecnologia come progresso – a volte i suoi aspetti più spiacevoli come aspetti del destino –, e questo è del tutto sbagliato. Un tempo, quando ancora in pochi si ponevano questa domanda, mi chiedevo: «Gli uomini dovrebbero fare tutto ciò che possono?». La risposta era: «Sì, certo, è normale che gli uomini facciano tutto ciò che possono: viaggiare più lontano e più velocemente, costruire bombe più grandi, e fare qualsiasi cosa appena sono in grado di farla». Ma la risposta corretta è: «No». Vanno prese decisioni su cosa fare e cosa non fare, e vanno prese tenendo conto delle fondamentali esigenze sociali umane.

Chi deve prendere queste decisioni? Be’, un altro problema della società attuale è che queste decisioni vengono prese quasi esclusivamente dai produttori di tecnologia, da coloro che vedono in essa opportunità di ricchezza, potere o prestigio. Dovremmo ascoltare tutto ciò che le varie parti interessate hanno da dire, ma la decisione finale dovrebbe spettare non a chi produce tecnologia, ma a chi dovrà vivere con quei prodotti. E dunque la mia posizione è: conoscete quante più cose potete, ma fate solo ciò che vi sembra socialmente utile e vantaggioso.

C’è un’altra dicotomia che causa altrettanti problemi e confusione. È la distinzione tra creazione e produzione. La creazione, come la scienza, è totalmente buona, almeno per il concetto di “buono” che ha la nostra cultura; la produzione, invece, ha finalità pratiche, come la tecnologia, e in qualsiasi società retta in modo appropriato dovrebbe essere sottoposta a una valutazione e a un giudizio costanti, in relazione alle necessità e agli obiettivi umani e sociali.

Oggi si parla molto dell’alienazione dell’uomo dal suo mondo, e a volte si attribuisce quest’alienazione alla scienza. Ma credo che questo sia un malinteso. La scienza, adeguatamente compresa, non può alienare. Il suo senso ultimo e la sua finalità sono di far sentire l’uomo più a suo agio nell’universo. C’è stato un tempo, all’incirca un secolo fa, in cui gli scienziati, ansiosi di liberarsi della spazzatura accumulata in secoli di tradizione, hanno minato la visione dell’uomo del suo posto nella vita e nell’universo senza offrire altre soluzioni. All’inizio di questo secolo, però, dopo aver portato a termine quel lavoro, la scienza ha cominciato a rimettere il mondo in ordine, e da allora ha raggiunto una visione straordinariamente unificata del tipo di universo in cui ci troviamo, del ruolo della vita, e del posto dell’uomo nella vita.

Cos’è questa unità? Be’, oggi sappiamo di vivere in un universo storico, un universo in cui nascono, crescono, invecchiano e muoiono non solo organismi viventi, ma anche stelle e galassie. Questo universo è composto da quattro particelle elementari: i protoni, i neutroni, gli elettroni e i fotoni.* Un simile universo potrebbe nascere grazie ai soli neutroni, perché con un periodo di dimezzamento di circa tredici minuti questi decadrebbero in protoni, elettroni e radiazioni. Si potrebbe dar vita a un universo simile con la sola luce, le radiazioni – Sia fatta la luce – perché, come vedremo a breve, i fotoni, le particelle della luce, sono interscambiabili con i neutroni.

Se non l’intero universo, di certo vaste parti di esso sono cominciate sotto forma di un ammasso di gas, un cosiddetto plasma di particelle elementari che occupava larghe aree dello spazio. Poi, in un punto di questo ammasso gassoso, per puro caso si è formato un vortice, un piccolo e speciale nodo di materia che, grazie alle forze gravitazionali, ha iniziato ad attrarre le particelle intorno a sé e a crescere. Man mano che cresceva, attirava sempre più particelle e, più ce n’erano, meglio riusciva ad attrarne altre dallo spazio circostante. Così, una massa di particelle elementari ha iniziato ad addensarsi.

Quando una massa, una qualsiasi massa, si addensa, la sua temperatura aumenta. E quando la temperatura nelle remote profondità della massa ha raggiunto più o meno i cinque milioni di gradi, accade qualcosa di nuovo.

Questo qualcosa di nuovo è la cosiddetta combustione dell’idrogeno – non si tratta di una vera e propria combustione, ma è così che viene definita. I protoni – un protone è il nucleo di un atomo di idrogeno, motivo per cui si parla spesso di protoni come di idrogeno – hanno cominciato ad addensarsi fino a formare nuclei di elio: quattro nuclei di idrogeno formano un nucleo di elio. Quattro nuclei di idrogeno, ciascuno di massa 1, formano un nucleo di elio di massa quasi pari a 4. Nel corso di questo processo, una piccola quantità di massa va perduta. Un nucleo di elio ha una massa leggermente inferiore a quella di quattro protoni. Questa piccola quantità di massa viene convertita in radiazione, secondo la celebre formula di Einstein, E=mc2, in cui E è l’energia della radiazione, m è la piccola quantità di massa e c è un numero molto grande, la velocità della luce: 299.792.458 metri al...



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