Vasio | Vita privata di una cultura | E-Book | sack.de
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E-Book, Italienisch, 258 Seiten

Reihe: Cronache

Vasio Vita privata di una cultura


1. Auflage 2013
ISBN: 978-88-7452-470-9
Verlag: Nottetempo
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

E-Book, Italienisch, 258 Seiten

Reihe: Cronache

ISBN: 978-88-7452-470-9
Verlag: Nottetempo
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark



Con grande acutezza di sguardo, spesso illuminato da una felpata ironia, il libro di Carla Vasio è l'appassionante ritratto dal vivo dei protagonisti del rinnovamento che ha scosso il mondo della letteratura e dell'arte in Italia tra gli anni '50 e l'inizio degli anni '80, e del vento di invenzione che lo ha animato. Dagli scrittori e poeti del Gruppo 63, di cui si celebra quest'anno il cinquantenario, ai musicisti di Nuova Consonanza e alla musica elettronica, con le voci ineguagliabili di Michiko Hirayama e Cathy Berberian; dalla scoperta della sapienza orientale di Krishnamurti alla scuola junghiana di Ernst Bernhard; dai giovani pittori di Forma 1 all'Arte Povera; dall'effervescenza delle gallerie d'arte romane alle Biennali e ai grandi protagonisti della scena artistica internazionale. Tra i salotti dell'intellighenzia e i sottotetti o le cantine dove maturavano inquietudini e umori di cambiamento, il libro ci racconta una stagione d'amicizia in un'Italia finalmente aperta al mondo e alla ricerca intellettuale, in un gioco continuo di entusiasmi, delusioni e rilanci. Carla Vasio, scrittrice, poetessa ed esponente del Gruppo 63, ha pubblicato, tra gli altri, L'orizzonte (1966), Laguna (1998) e La piú grande anamorfosi del mondo (2009). Del suo Romanzo storico (1974) Italo Calvino parlò come di 'uno dei piú straordinari libri italiani degli ultimi anni'.

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Parigi


Sono aiutata nella mia paresse dal dolce clima di questa primavera del 1961 a Parigi, dove tutti fanno intensamente qualcosa e suppongono che tu faccia qualcosa e pretendono che tu faccia qualcosa, con una tale convinzione che ti tocca inevitabilmente fare qualcosa e naturalmente qualcosa di interessante. E si è indotti a fare qualcosa, perché la minima idea che chiunque proponga trova credito: tutti ti convincono che bisogna realizzare una simile idea, ti indicano il materiale adatto che è a portata di mano, ti dimostrano che il momento è propizio.

Che cosa aspetti?

Henri Michaux

Una sera, seduta a un tavolino del Café aux Deux Magots con Ornella Volta, già assorbita nelle sue ricerche su Satie, incontro Henri Michaux che si ferma a salutare, ma non siede con noi: resta in piedi, continuando a guardarmi dall’alto in basso come se fosse in cima alla montagna e io nella palude, anzi come se fosse lui la montagna e io fossi la palude.

Parla di sé: è evidente che gli piace parlare di sé, che vorrebbe vedere tutti i suoi libri tradotti in tutte le
lingue, e il fatto che in Italia nessun editore se ne interessi lo infastidisce molto. All’improvviso, per fare qualcosa, gli propongo una traduzione italiana del Voyage en Grande Garabagne: non se l’aspettava, neppure io mi aspettavo di proporla.

È diffidente, mi invita nel suo studio per parlarne.

Arrivo armata di taccuino e di penna per fissare qualche regola nel lavoro, ma il famoso poeta comincia subito a parlarmi di come usa la mescalina proprio in funzione dell’immaginare e dello scrivere. Sembra che riesca ad assumerla in grandi quantità, fino a raggiungere, con lucidità estrema, una esaltazione che lo invade e lo trasforma, ma è capace di fermarsi sulla soglia un attimo prima di perdere totalmente il controllo della mente. Questo, dice, è il suo segreto, quello che gli permette di comporre le opere piú originali.

Ammette che si prova anche un certo turbamento, perché un effetto secondario della mescalina è l’assoluta freddezza di sentimenti ed emozioni, il totale distacco dalla vita: accade che le persone reali si frantumino in particelle non piú coese, perciò si perde l’insieme e quindi cessa qualsiasi capacità di controllo e qualsiasi capacità affettiva. Questo è il pericolo: non l’assuefazione, che si può in parte controllare, ma l’improvvisa rottura.

“Quale rottura?” gli chiedo.

“Uno stato di totale irresponsabilità. Può accadere qualsiasi cosa”.

Vincendo una certa reticenza, mi dice che la mescalina agisce sul cervello, soltanto sul cervello, perciò non si soffrono altri disturbi, ma può accadere che senza preavviso ci si trovi di colpo in uno stato di vera follia. Però non ci si arriva quasi mai, e vale comunque la pena.

“Il faut essayer, chérie!”

Non avrò niente da temere perché lui stesso, assumendo con me la sostanza, mi accompagnerà a viaggiare nell’infinito, e chissà quali opere straordinarie riuscirò a fare.

Con il mio miglior aspetto da educanda mi avvio verso la porta promettendo che ritornerò. Certo che ritornerò: quello che mi interessa non è il suo voyage nell’aldilà, è il suo voyage scritto, e non intendo rinunciare.

Prima di lasciarmi andare via, Michaux mi regala tutti i suoi libri, e per quelli che gli mancano telefona subito a Flinker, il suo editore, che infatti alla prima visita mi darà anche l’ultimo libro stampato e non ancora distribuito, e soprattutto un’opzione per le traduzioni in Italia, qualunque sia il testo e l’editore che sceglierò.

Durante l’inverno, a Roma, lavorando alla traduzione del Voyage en Grande Garabagne mi tengo in contatto telefonico con Michaux per piccoli problemi lessicali e anche per il piacere delle sue lunghe telefonate sempre brillanti interessanti affettuose.

Finché gli annuncio che la traduzione è finita. Mi risponde soltanto: “À demain”.

E il giorno seguente, a tarda sera, è a Roma nel mio studio con il testo originale in mano.

Il suo esame della traduzione diventa un esercizio di alta scuola che nessun corso per traduttori potrebbe sostituire.

Michaux mi fa leggere ad alta voce tre volte lentamente tutto il suo libro traslato in lingua italiana: la prima volta
controlla parola per parola l’equivalenza dei significati; la seconda volta verifica la corrispondenza della struttura sintattica frase per frase; la terza volta ascolta attentamente la lettura a voce alta perché la cadenza, pur non potendo essere uguale, deve tuttavia conservare l’andamento sonoro dell’originale.

Sono estenuanti ma interessantissimi pomeriggi e serate di lavoro. Negli intervalli mi racconta strane cose su se stesso. Per esempio, che adesso vuole procurarsi una malattia: “Pas grave, vous savez”.

Non una malattia grave, soltanto quanto basta a crearsi un punto di vista interno alla malattia stressa, un punto da cui ridurre il resto all’essenziale.

Ogni giorno torna alle sue esperienze con la mescalina come a un’idea fissa. Racconta di quanto ormai riesce a controllarne gli effetti al punto da poter trascrivere anche le visioni estreme un istante prima di perdercisi dentro, e cerca di convincermi a provare insieme a lui deliri meravigliosi. Ma ogni volta gli ripeto che un delirio insieme non gioverebbe alla traduzione, e questo lo convince subito.

Alla fine del nostro lavoro dichiara soddisfatto che dopo questa prova rifiuterà qualsiasi altro traduttore in lingua italiana.

Invece la nostra soppesata traduzione non ha fortuna. Rugafiori, col pretesto di un controllo, l’ha messa in mano a una sua autoritaria amica, Madame Maxwell, insaziabile mangiatrice di salsicce e fagioli e altro, che il francese corrente certo lo sapeva ma il francese di Michaux è un’altra cosa, e comunque l’italiano non lo sapeva affatto.

Il 15 dicembre del 1965 ricevo da Rizzoli una lettera che comincia cosí:

Gentilissima signorina Vasio, l’ineffabile Rugafiori […] è letteralmente scomparso dalla circolazione, incidentalmente con altri nostri lavori, già da parecchi mesi e, nonostante reiterati inviti telegrafici, non si è piú fatto vivo.

La mia risposta è:

Gentile signor Paolo Cavalli, il molto ineffabile signor Rugafiori per oltre due anni ha avuto in mano la mia traduzione di Michaux […] che mi ha restituita a ottobre ricorretta da persona di sua fiducia […]. Correzioni di questo tipo: “il giorno seguente l’incoronazione” corretto in “l’indomani dell’intronizzazione” – oppure: “piedi sensibili che interrogano” corretto in “piedi con sensibilità e interrogazione” – oppure: “il ruscello ha salti e cascatelle” corretto in “il ruscello saltatore e cascatellante”, e cosí via. Sottolineo che la traduzione che vi ho mandata io è stata rivista e approvata dallo stesso Michaux.

Il recupero di un testo corretto è stato affidato da un signor Cavalli esasperato, senza neanche avvertirmi, a un proprio editor con l’incarico di renderlo accettabile. Alla fine è stato stampato un tale pasticcio che il povero Michaux, se mai lo ha letto, avrà dovuto raddoppiare le dosi di mescalina per sopportare lo strazio.

Vampiri

Un altro soggiorno a Parigi, ed è già il febbraio del 1964.

Faccio colazione con Titina Maselli, nel suo studio.

Titina abita in un padiglione che Horta ha costruito per l’Esposizione Universale del 1925. Smontato, poi rimontato nell’angolo di Parigi dove ora si trova, è ormai chiuso fra i palazzi, e tuttavia resta difeso dal suo piccolo giardino. La struttura è ancora intatta: la pianta di ogni piano è poligonale, con le scale al centro e le stanze a base trapezoidale che si irradiano verso i margini esterni.

È la giusta tana per un’artista colta e sofisticata come Titina: abitare e lavorare nel cuore della città, ma in stanze d’autore illuminate da grandi finestre piene di alberi. Nelle stanze sono appesi i suoi quadri: Le città notturne, che io amo particolarmente, e anche Gli atleti.

Su un piccolo tavolo di legno mangiamo qualche bocconcino delicato chiacchierando del lavoro, dei giardini di Parigi, di Roma finalmente lontana.

Nel pomeriggio ho appuntamento con Ornella Vasio Volta, con cui a ogni incontro ritroviamo la comune lingua privata di una consanguineità naturale.

Consanguineità è un termine di moda a Parigi in questi giorni, infatti non è per parlare di Satie che ci incontriamo oggi: Ornella è stata consulente di Vadim mentre girava Et mourir de plaisir, e il suo libro Il Vampiro ha appena vinto il Premio Dracula 1964, perciò è normale che oggi, al Café des Deux Magots in boulevard Saint-Germain, aspettiamo un suo amico vietnamita a cui deve chiedere alcune notizie recenti da inserire nel suo nuovo libro, perché si sa che lui frequenta regolarmente due vampiri, e uno è la sua governante che ancora gli vive in casa.

In questo momento a Parigi si parla molto di vampiri, anzi non si parla d’altro, sono...



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