Tristan | La vita intensa | E-Book | sack.de
E-Book

E-Book, Italienisch, 224 Seiten

Reihe: Figure

Tristan La vita intensa

Un'ossessione moderna
1. Auflage 2022
ISBN: 978-88-7452-978-0
Verlag: Nottetempo
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

Un'ossessione moderna

E-Book, Italienisch, 224 Seiten

Reihe: Figure

ISBN: 978-88-7452-978-0
Verlag: Nottetempo
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark



Nel Settecento fa la sua comparsa nel mondo un nuovo fluido che affascina, intriga e stupisce: l'elettricità. Presto l'intensità, parametro attraverso cui viene misurata la potenza della corrente elettrica, comincia a scavalcare i confini della scienza rigorosa fino ad assumere una valenza simbolica fortissima e a informare di sé ogni aspetto della vita e della cultura dell'uomo occidentale. Nel corso di pochi secoli l'intensità diviene un ideale etico e morale per l'uomo e un concetto dotto della filosofia: la riconosciamo nella volontà di potenza di Nietzsche e nel vitalismo di Deleuze, nell'eccitazione nervosa dei libertini ma anche nell'adrenalina del desiderio incessante, nell'idea di progresso e nell'ideologia contemporanea della performance, persino nel crescente successo degli sport estremi. Oggigiorno l'intensità è un potere che organizza il mondo. 'Dalla nascita alla morte', nota Garcia, 'oscilliamo seguendo le variazioni di questa scossa tanto attesa e tanto temuta, che tentiamo di riprodurre quando ci manca, e di cui ognuno valuta a modo suo l'ampiezza e la frequenza'. Sedotto da questo ideale, tuttavia, l'uomo contemporaneo rischia di ritrovarsi in una trappola che può produrre proprio il contrario di quanto la vita intensa sembra promettergli: il pericolo, come avvertono molti critici della contemporaneità, è che l'individuo non regga il livello d'intensità che da lui ci si aspetta e dunque crolli. Contro questa minaccia, ma allo stesso tempo senza rinunciare alla portata vitalista dell'intensità, il romanziere e filosofo Tristan Garcia chiama in causa il concetto di 'resistenza' per tornare, finalmente, a una vita elettrica.

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Introduzione


Incessantemente ci vengono promesse delle intensità. Dalla nascita all’età adulta siamo esortati alla ricerca di sensazioni forti che giustifichino la nostra vita. Procurate dalle performance sportive, dalle droghe, dall’alcool, dal gioco d’azzardo, dalla seduzione, dall’amore, dall’orgasmo, dalla gioia o dal dolore fisico, dalla contemplazione o dalla creazione di opere d’arte, dalla ricerca scientifica, dal fervore della fede o dalla foga dell’attivismo politico, queste eccitazioni improvvise ci destano dalla monotonia, dagli automatismi e dal balbettio dell’identico, dalla piattezza esistenziale. Perché una specie di devitalizzazione minaccia in ogni momento l’uomo che si è accomodato negli agi. Un tempo questo intorpidimento era l’assillo del sovrano ozioso e soddisfatto: merovingi fannulloni alla disperata ricerca di svaghi, Nerone, Caligola e tutti quei conquistatori addormentati come Annibale dalle delizie di Capua. Il paradosso che incombeva sull’uomo superiore era che trionfando, realizzando tutti i suoi desideri e raggiungendo tutti i suoi obiettivi, finiva per allentarsi in lui la tensione esistenziale, il vigore dei nervi; così perdeva quella sensazione indefinibile che permette a ogni essere vivente di apprezzare l’intensità della propria vita.

A misura dello sviluppo economico dell’Occidente – via via che più persone hanno cessato di morire di fame, si sono procurate un rifugio sicuro e hanno ricavato del tempo libero per il divertimento – questa paura da vincitori si è democratizzata ed è stata trasmessa agli individui moderni, frustrati dalla soddisfazione crescente dei propri bisogni. Agli uomini tranquillizzati manca il sentimento di vivere per davvero, e così lo proiettano su chi invece combatte e sopravvive in condizioni difficili. Questa vivacità dei nervi, nel momento in cui viene persa o rischia di esserlo, viene spesso assimilata a una strana forza interiore, impossibile da quantificare con precisione ma immancabilmente riconosciuta dall’intuito, così determinando il grado di coinvolgimento dell’uomo in ciò che prova. Osservando da fuori, è sempre possibile valutare se un essere umano possiede ciò di cui ha bisogno, se la sua esistenza è facile oppure difficile, persino se è felice o infelice; ma nessuno può penetrare nel cuore di un essere per stabilire al posto suo se il modo in cui costui si sente esistere sia debole oppure forte. A una soggettività non possiamo togliere questa prerogativa: è la sua inviolabile fortezza. Da una parte c’è quello che si mostra ai nostri occhi di osservatori esterni, e poi dall’altra c’è l’unità di misura intima, la valutazione interiore di ciò che proviamo per noi stessi: è questa l’intensità. Beninteso, ne conosciamo da tempo i segnali fisiologici, ai quali la nostra specie, come tutte le altre specie di mammiferi, è attenta: respiro accelerato, tamburellare del cuore, pulsazione del polso, contrazione dei piloerettori, brividi, arrossamento delle guance, dilatazione delle pupille, irrigidimento muscolare – in concomitanza con la scarica di adrenalina. Ma c’è anche un enigmatico “grado d’intensità di sé in sé” che non può essere ridotto alla sola eccitazione fisica. Si tratta del sentimento di essere più o meno se stessi: la medesima percezione, il medesimo momento, il medesimo incontro possono essere, come sappiamo bene, sentiti con maggiore o minore forza. Non è il contenuto dell’esperienza che determina la sua intensità: un attimo apparentemente insignificante, un gesto ripetuto mille volte o il dettaglio familiare di un viso possono risaltare e provocare in noi un’epifania paragonabile a una scossa elettrica. Questa scossa ci espone nuovamente all’intensità della vera vita e ci estrae dalla palude delle consuetudini nella quale ci eravamo impantanati senza nemmeno accorgercene. Allo stesso modo un momento da tempo atteso, una notizia felice, un terribile dramma o un’opera sublime possono lasciarci profondamente indifferenti. Perché? Non esiste un rapporto diretto e invariabile tra ciò di cui facciamo esperienza e l’intensità di quelle esperienze. La folgorazione del nostro essere, quella sensazione di raggiungere per un istante l’apice del sentimento di esistere, è imprevedibile. Dalla nascita alla morte oscilliamo seguendo le variazioni di questa scossa tanto attesa e tanto temuta, che tentiamo di riprodurre quando ci manca, e di cui ognuno valuta a modo suo l’ampiezza e la frequenza. La tecnologia ci promette persino di misurare e di studiare, con l’ausilio della statistica, se non direttamente queste oscillazioni perlomeno i loro effetti fisiologici. Gli smartwatch permettono a ogni individuo di sorvegliare in tempo reale i propri picchi di stress, il battito del cuore, la qualità del sonno, e così facendo promuovono un certo tipo di uomo moderno, lettore e interprete permanente delle oscillazioni quantificate del proprio essere. Siamo incoraggiati a controllare l’evoluzione della nostra intensità di vita, che sale e scende come un vagoncino lanciato sulle montagne russe. Secondo il carattere e gli interessi di ciascuno, questo senso di trepidazione può riaffiorare al momento di impossessarsi del piatto dopo una mano di poker molto rischiosa, dopo la vittoria di un gioco on-line particolarmente difficile, oppure quando ci si autorizza un’accelerata su una strada deserta, si salta con l’elastico in caduta libera dall’alto di una scarpata, si va a caccia, si sale sul palcoscenico con l’emozione che stringe la bocca dello stomaco, o ancora quando si ignorano le regole di sicurezza, si infrange la legge, ci si eccita tra militanti discutendo d’insurrezione, si scende in strada per affrontare la polizia, ci si dà appuntamento in un parcheggio per darsele come in , o semplicemente si sfoglia nel letto un thriller avvincente la cui quarta di copertina assicura uno brivido inedito, o si vedono film sempre più splatter, si consumano bevande energizzanti, si sniffa una riga di cocaina, ci si masturba, ci si espone al caso, ci si innamora, si tenta di riappropriarsi della propria vita come soggetti e nello stesso tempo ci si lascia andare fino a perdere l’autocontrollo. Forse si è formato in ciascuno di noi una sorta di strumento di misurazione dell’intensità di vita, dapprima rudimentale e poi più perfezionato, che entra nel calcolo dei nostri interessi; accettiamo di essere ragionevoli fintanto che sentiamo regolarmente, pressappoco quando lo desideriamo, un’intensità sufficiente per sentirci vivi.

Da molto tempo la società liberale occidentale lo ha capito e si rivolge a questo tipo d’individui. Ecco quello che ci ha promesso di diventare: uomini intensi. O più precisamente uomini che danno come senso della propria esistenza l’intensificazione di tutte le funzioni vitali. La società moderna non ci promette un’altra vita, la gloria dell’aldilà, bensì soltanto ciò che già siamo – ma aumentato e migliorato. Siamo dei corpi vivi, proviamo piacere e dolore, amiamo, incessantemente le emozioni si appropriano di noi, e nello stesso tempo cerchiamo di soddisfare i nostri bisogni, vogliamo conoscerci e conoscere ciò che ci circonda, aspiriamo a essere liberi e a vivere in pace. Invece tutto quello che ci viene offerto è l’accrescimento dei nostri corpi, l’intensificazione dei nostri piaceri, dei nostri amori, delle nostre emozioni, una quantità crescente di risposte ai nostri bisogni, una migliore conoscenza di noi stessi e del mondo, il progresso, lo sviluppo, l’accelerazione, più libertà e una pace migliore. Insomma la stessa formula di tutte le promesse della modernità, alle quali non siamo più certi di poter continuare a credere: intensificazione della produzione, del consumo, della comunicazione, delle nostre percezioni, e naturalmente della nostra stessa emancipazione. Da alcuni secoli incarniamo un certo tipo di umanità: uomini educati alla ricerca dell’intensificazione piuttosto che della trascendenza, contrariamente a quelli di altre epoche e altre culture.

Fin dall’infanzia impariamo a volere e a pretendere sempre di più della stessa cosa. E paradossalmente ci abituiamo a prediligere la variazione, la novità. In un caso come nell’altro ci viene insegnato a non aspettarci niente di assoluto, di eterno, di perfetto: quello a cui dobbiamo ambire con tutte le forze è una massimizzazione dell’intero nostro essere.

Non sono formulazioni astratte: al contrario, si tratta della nostra più concreta e triviale condizione. Basta prestare ascolto ai segnali che ci vengono rivolti quotidianamente dalla merce che consumiamo. Nel mondo contemporaneo la minima offerta di piacere è una piccola promessa d’intensità: la pubblicità non è altro che l’articolazione linguistica di questa ebbrezza della sensazione. Non ci viene venduta soltanto la soddisfazione dei bisogni, bensì la prospettiva di una percezione aumentata e di un progresso – contemporaneamente misurabile e inestimabile – del piacere sensuale. La cioccolata (“intensa all’86%”), l’alcool (“Vodka intensa”), i gelati (“Magnum intense dark”), i sapori, le fragranze, i profumi sono intensi; e nello stesso modo giudichiamo le esperienze, i momenti, i volti. Ricorrendo a un...



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