E-Book, Italienisch, 405 Seiten
Reihe: Saggi
Toop Oceano di suono
1. Auflage 2023
ISBN: 978-88-6783-426-6
Verlag: ADD Editore
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Musica ambient e ascolto radicale nell'era della comunicazione
E-Book, Italienisch, 405 Seiten
Reihe: Saggi
ISBN: 978-88-6783-426-6
Verlag: ADD Editore
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
La straordinaria storia sonora di David Toop inizia nelle foreste pluviali dell'Amazzonia per giungere alle megalopoli contemporanee, attraversando il lavoro di artisti come Brian Eno, Sun Ra, Erik Satie, i Kraftwerk e Brian Wilson. Partendo dall'Esposizione di Parigi del 1889, quando Debussy ascoltò per la prima volta la musica giavanese, Oceano di suono arriva a incanalare gli istinti contrastanti della musica del XX secolo in un resoconto insieme storico, visionario e rivoluzionario. La musica ambient viene ridefinita come un protocollo alternativo per l'ascolto e la creazione di suoni ma anche come una modalità di rilettura dei concetti di politica, temporalità e spazio. Un'avventura straordinaria che, attraverso una scrittura appassionata, conferma Toop come una delle voci-guida da ascoltare in questo mondo connesso e incoerente.
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PREFAZIONE
Negli anni mi è capitato spesso di descrivere come uno dei libri di musica più importanti mai scritti e ogni volta la definizione mi è sembrata fuorviante, imprecisa, non in grado di restituire il respiro di un’opera che, in un impeto di entusiasmo, il mensile «The Wire» arrivò a paragonare nientemeno che alle di Italo Calvino – un’investitura che a qualcuno potrà sembrare fuori misura (in effetti, il fatto che tra i collaboratori dello stesso «The Wire» ci fosse Toop in persona qualche legittimo sospetto lo alimenta), ma che a suo modo restituisce quel misto di sorpresa, incantamento e trasognata eccitazione che colse i primi lettori di un’opera rimasta da allora tra le più cruciali letture del cambio di paradigma intervenuto con la rivoluzione digitale di fine Novecento.
Quando uscì originariamente in Inghilterra era il 1995 – l’anno in cui, per restare alle musiche prese in esame da Toop, escono dischi come di Aphex Twin, degli Orb, e Brian Eno collabora con Jah Wobble nell’album . Ma anche l’anno in cui, dall’altra parte dell’oceano, si spalancano i portali di quella che di lì a breve diventerà nota come “bolla dot.com”, con colossi informatici oramai semidimenticati quali Yahoo e AltaVista che muovono i primi passi, mentre Larry Page e Sergey Brin gettano le fondamenta di Google e Jeff Bezos lancia Amazon. Quanto questi due mondi siano tra loro legati – e quanto di questo legame sia un documento inestimabile – lo vedremo poi; per il momento basti sapere che, come scrittore, Toop aveva esordito una decina d’anni prima con un libro solo apparentemente lontano dalle tematiche al centro della sua opera più nota: uscito nel 1984, si intitolava e, com’è facile intuire dal titolo, era un pionieristico tentativo di indagare l’ancora giovane cultura hip hop.
Per una fetta non trascurabile di lettori in primo luogo bianchi (compresi quelli italiani, che lo conobbero in un’edizione curata dalla torinese EDT e uscita solo a metà anni Novanta), rappresentò una prima, parziale immersione nei temi e negli immaginari al centro dell’ultima grande rivoluzione interna al black americano. Scritto con fare divulgativo e non esente da occasionali errori e semplificazioni, fu il testo che rese Toop uno dei più riveriti critici del panorama pop britannico, ma anche una fonte imprescindibile per chiunque fosse interessato alle evoluzioni che, di lì a qualche anno, porteranno all’esplosione – dapprima in Inghilterra, poi nel resto del globo – della cultura rave. Ancora nel 1984, si deve a lui uno dei più celebri articoli di copertina della “bibbia dello stile” «The Face», quello che – splendidamente illustrato dai caratteristici di Neville Brody – annunciava l’avvento del “New Sound of the City”: una “sinister robot music” chiamata electro che, nata dagli stessi sottoboschi hip hop già indagati in , avrebbe svolto un ruolo chiave nel definire la futura grammatica del suono techno. Sempre su «The Face», Toop tenne per anni una fortunata rubrica principalmente dedicata alle nuove sonorità imperversanti per i club di Londra e New York: volevi capire chi si celasse dietro la misteriosa sigla M/A/R/R/S, autori nel 1987 del classico house ? Ti interessava saperne di più su questa fantomatica “Second Summer of Love” che nell’estate del 1988 battezzò un’espressione fino a quel momento ignota ai più quale “rave party”? David Toop era la firma che faceva per te. All’inizio degli anni Novanta arrivarono quindi le collaborazioni con «The Wire» da una parte e «Mixmag» dall’altra: il primo era un ex mensile di musica jazz improvvisamente convertitosi alle non meglio identificate “nuove sonorità” che cominciavano a mescolare elettronica e rock, suoni sperimentali e sensibilità pop; il secondo era uno dei magazine di riferimento del mondo clubbing: principalmente rivolto ai DJ, al culmine della stagione rave arrivò a vendere 70.000 copie a numero.
È su queste testate che Toop inizia a indagare un inaspettato sottoprodotto dell’euforia rave: il ritorno dei placidi, eterei, confortevoli suoni della cara vecchia musica ambient, formalizzata da Brian Eno nel remoto 1978 all’interno dell’album . In articoli quali “The Chill Out Zone” (uscito su «Mixmag» nell’ottobre del 1992) e nelle recensioni di artisti quali Aphex Twin e Mu-Ziq scritte per «The Wire», Toop getta quindi i semi di quella sorta di affresco ennedimensionale che sarà , da allora ricordato come il “libro sulla musica ambient” definitivo, ma anche primo titolo di un’immaginifica trilogia della techno-era poi completata da altri due autori anch’essi britannici quali Kodwo Eshun (che nel 1998 pubblica ) e Simon Reynolds (che nello stesso anno replica con il classico ).
rappresenta il culmine del percorso che Toop aveva intrapreso come critico musicale a partire dal 1984: per molti il suo capolavoro, di certo è tuttora il suo libro più amato. Solo che critico musicale Toop lo era diventato fondamentalmente per caso – se non addirittura contro la sua volontà, come lo stesso Toop ammetterà anni dopo, in quella sorta di autobiografia sonora intitolata (2019). Perché in effetti, da tanti punti di vista, e le rubriche su «The Face», gli articoli su Aphex Twin e le interviste ai principali nomi del rinascimento ambient, significarono per lui l’inizio di una vera e propria seconda vita, parallela e successiva a una ricerca inaugurata almeno un quindicennio prima, oltretutto lungo traiettorie sulla carta parecchio distanti tanto dalle musiche di strada del Bronx quanto dalle colorate tinte intrise di MDMA della stagione rave.
Gli ambienti più eterodossi della scena musicale britannica se lo ricordavano bene: era dall’inizio degli anni Settanta che il nome di Toop circolava nei sottoboschi inglesi – e sotto le sospette spoglie dello scrittore di cose di musica, ma in veste di musicista o meglio ancora compositore, per giunta di estrazione cosiddetta “colta”. Per chi era abituato ad associarlo alle coloratissime pagine di «The Face» e agli articoli su LL Cool J e i NWA poteva essere una sorpresa, ma in realtà le radici di Toop affondavano non nel pop, quanto nella grande stagione propiziata dalla nuova avanguardia in primo luogo americana: minimalismo, improvvisazione radicale, sperimentazione elettronica per oscillatori e nastri… Ben prima che le sue attenzioni si concentrassero sulla nascita del rap nei ghetti di New York e su quella “sinister robot music” chiamata electro, per Toop c’erano stati il piano preparato di John Cage, i bordoni di LaMonte Young e la repetitive music di Steve Reich. Nel 1975, assieme al sodale Max Eastley – altro irregolare della scena sperimentale britannica ed eccentrico costruttore di strumenti musicali fai-da-te – incise un album per la storica serie Obscure della Islands Records, appositamente concepita da Brian Eno al fine di ospitare gli esiti meno accademici dell’avanguardia postminimalista. E un’etichetta, ancora alla metà degli anni Settanta, l’avrebbe fondata anche lui: chiamata Quartz Publications, oltre ai lavori di Toop e relativi collaboratori pubblicò antologie di musica tradizionale della Nuova Guinea e del Venezuela, a metà tra approccio etnografico e ricerca sul campo.
Quanto però già all’epoca il futuro autore di fosse poco inquadrabile in qualsivoglia scuola o tendenza lo dimostra il crescente coinvolgimento in progetti distanti assai dalla supposta seriosità che sempre perseguita gli arcigni circoli dell’avanguardia. Alla fine degli anni Settanta lo ritroviamo all’interno dei Flying Lizards, strambo ensemble a metà tra collagismo prankster e post-punk artistoide, con i quali finirà persino a esibirsi nel sancta sanctorum della pop music made in UK, il programma televisivo . Tra 1979 e 1980 registra assieme a Steve Beresford un album rimasto di culto quale a nome General Strike, che però sarà pubblicato solo nel 1984 (per giunta solo in formato cassetta): ispirato contemporaneamente al jazz interstellare di Sun Ra, al dub di King Tubby e Lee Perry, alla exotica di Les Baxter e alla stessa musica ambient da poco battezzata dall’amico Brian Eno, è assieme un’anticipazione e un compendio dei temi che, quindici anni dopo, saranno al centro di . Ascoltarlo è ancora oggi un ottimo indizio per comprendere il metodo-Toop, la cui enciclopedica conoscenza delle contorte geografie sonore postbelliche – di nuovo: dall’avanguardia al pop, dal jazz alla...