E-Book, Italienisch, 130 Seiten
Teffi Invece della politica e altri racconti
1. Auflage 2016
ISBN: 978-88-6243-213-9
Verlag: Voland
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
E-Book, Italienisch, 130 Seiten
ISBN: 978-88-6243-213-9
Verlag: Voland
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Nade?da Lochvickaja, in arte Teffi, scova con la sua penna tagliente le piccole e grandi debolezze dell'animo umano e il grottesco che pervade la nostra vita quotidiana. Questa antologia tradotta da Luciana Montagnani e Monica Gilardetti offre una panoramica completa dei temi e delle fasi della scrittrice, che seppe esprimere con talento e arguzia tanto l'atmosfera della Russia nei primi anni Dieci che la vita degli emigrati a Parigi il cui destino lei stessa condivise.
Weitere Infos & Material
GLI UMANOIDI
Ecco come iniziò.
“Dio disse: creerò l’uomo a mia immagine e somiglianza.” (Genesi I,26).
E così fu. L’uomo iniziò a vivere e a moltiplicarsi, trasmettendo di padre in figlio, dagli antenati ai posteri, l’ardente animo vivificatore – il soffio divino.
Eterna fu in lui la ricerca di Dio nell’affermazione e nella negazione, e giammai si affievolì in lui lo spirito divino.
Il cammino dell’uomo fu il cammino della creazione. Per essa era nato e in essa era lo scopo della sua vita. Per trasmissione dello spirito divino, egli continuava la creazione del mondo.
“Dio disse: la terra produca esseri viventi e bestie selvatiche secondo la loro specie.” (Genesi I,24)
E così fu.
Il corpo umido, non ancora solidificato della terra iniziò a palpitare e in esso iniziò a brulicare il desiderio di vita sotto forma di vibratili punti moventi – i rotiferi1. I rotiferi riempirono i mari, i fiumi e tutte le acque del globo, e iniziarono a cercare un modo per impadronirsi della vita e consolidarsi in essa.
Si trasformarono in anellidi, in vermi cilindrici, milleocchiuti, dalle sensibili antenne vibratili che avvertivano il minimo odore di morte. Si trasformarono in rettili, in anfibi, e uscivano strisciando sulle rive, e avidamente tastavano la terra con le zampe membranose e a essa serravano il corpo squamoso. E di nuovo cercavano la vita, e se ne impadronivano.
Alcuni si fecero crescere le ali e si innalzarono nell’aria, altri si misero a strisciare per terra, altri ancora irrigidirono le loro vertebre e diventarono saldi sulle zampe. E tutti cominciarono ad adattarsi, a lottare, a vivere.
Ed ecco che, dopo un lavoro secolare, il primo rettile progredito prese sembianze umanoidi. Andò tra gli uomini e iniziò a vivere con loro. Intuì che, senza l’uomo, non avrebbe potuto vivere, che l’uomo lo avrebbe condotto con sé nel regno dello spirito, dove l’umanoide non aveva accesso. Questo era vantaggioso e dava la vita. Gli umanoidi non avevano più le primitive antenne sensibili, ma il fiuto era rimasto.
Gli uomini si mischiarono agli umanoidi. Contraevano con loro matrimoni e avevano figli in comune. Fra i bambini di una stessa famiglia capita spesso di incontrare piccoli uomini e piccoli umanoidi. Si considerano fratelli.
Ma vi sono anche famiglie di uomini puri e di puri umanoidi. Queste ultime sono più numerose, perché l’umanoide ha conservato la sua velocità riproduttiva dal tempo degli anellidi. Conquista tuttora la vita mediante la quantità e l’intensità del suo desiderio di vivere.
Gli umanoidi si dividono in due categorie: umanoidi di ordine superiore e umanoidi di ordine inferiore.
I primi si sono a tal punto adattati alla vita spirituale, imitano così bene le diverse manifestazioni dell’umano intelletto, che molti osservatori superficiali potrebbero scambiarli per uomini intelligenti e di talento.
Ma gli umanoidi non possono avere il genio creativo, perché mancano del grande Principio. In questo è il loro essenziale tormento. Abbracciano la vita con le zampe, con le ali, con le mani, avidamente la tastano e la assimilano, ma non possono creare.
Amano tutto quanto è creativo e il nome di ogni genio è circondato da una corona di nomi di umanoidi.
Da essi vengono fuori ottimi bibliografi, critici scrupolosi, diligenti compilatori e biografi, abili versificatori.
Amano l’altrui creazione e le stanno sempre intorno con voluttà.
Ricopiare i versi di un poeta, comporre il necrologio di un famoso biografo o – ancor più piacevole – i ricordi personali di un uomo d’ingegno nei quali si può scrivere “noi”, e unire così il proprio nome e quello del genio. Deliziosa gioia del carabo dorato, che dell’angelo pensa: “Noi voliamo...”
Negli ultimi tempi hanno iniziato ad apparire libri strani, terribili. Vengono letti, elogiati, ma stupiscono. In essi c’è tutto. Un’apparente originalità di pensiero e una magistrale forma espositiva. Versi con tutti gli indizi di appartenenza a una scuola di moda. Manca però qualcosa. Cosa succede?
È che, dopo essersi adattati al nuovo movimento, gli umanoidi hanno cominciato a esercitarsi.
Gli umanoidi di ordine inferiore sono meno ricettivi. Tutti loro tastano la terra e si riproducono, conquistando la vita con il loro numero.
Amano procacciarsi cose, qualsiasi tangibile pezzo solido, soldi.
Accumulano soldi non consapevolmente, come l’uomo che brama il potere, bensì ostinatamente e ottusamente, per l’istinto di possedere. Mangiano tanto e hanno un atteggiamento molto serio verso tutti i processi vitali. Se una sera, in società, direte: “Oggi non ho ancora pranzato”, vedrete che tutti gli umanoidi gireranno la testa verso di voi.
L’umanoide ama il lavoro. Il lavoro è il suo istinto. Solo col lavoro può raggiungere un’esistenza umana, lui stesso lavora e costringe gli altri a lavorare per aiutarlo.
Un’unica, fulminea idea creativa di un genio proietta l’umanità in avanti di alcuni secoli, su quella gigantesca strada lungo la quale l’umanoide si trascina con l’aiuto di zampe membranose, di ali pesanti, di inanellate sinuosità e di un incessante lavoro. Ma lui va sempre per la stessa strada, dietro all’uomo, e tutto ciò che è stato seminato dal genio nella vita terrestre diviene patrimonio dell’umanoide.
L’umanoide si muove piano, apprende con difficoltà e dà e scambia malvolentieri ciò che ha acquisito.
L’uomo cerca, sbaglia, decide, crea leggi che sono sintesi della sua ricerca ed esperienza.
L’umanoide, adattandosi, accetta le leggi e quando l’uomo, trovando qualcosa di nuovo, di meglio, distrugge il vecchio, l’umanoide, solo dopo una lunga battaglia, si stacca dalla consuetudine. È sempre l’ultimo in tutte le svolte del cammino della storia.
Là dove l’uomo accetta e sceglie, l’umanoide lavora e si adatta.
L’umanoide non comprende il riso. Odia il riso come impronta di Dio sul volto dell’animo umano.
Per giustificarsi ha diffamato il riso, lo ha definito una volgarità e cita il fatto che ridono anche i bambini di due mesi. L’umanoide non capisce che esiste la smorfia del riso, una contrazione involontaria dei muscoli che si riscontra anche nei cani, ed esiste l’autentico, consapevole riso interiore, non a tutti accessibile, generato da processi inafferrabilmente complessi e profondi.
Quando gli uomini vedono qualcosa che devia dal vero, dal predeterminato, che devia in modo improvvisamente brutto, meschino, insignificante ed essi comprendono questa deviazione, si impadronisce del loro animo una gioia impetuosa ed estatica, il trionfo dello spirito, che riconosce il vero e il bello. Ecco la nascita psicologica del riso.
L’umanoide, nato dalla terra, non possiede lo spirito né il suo trionfo, e l’umanoide odia il riso.
Ricordate: in una folla che ride balenano sempre facce inquiete e imbarazzate. Qualcuno si affretta a smorzare il riso, a cambiar discorso. Ricordate: lampeggiano occhi malvagi e si serrano labbra pallide.
Alcune specie di umanoidi, che si distinguono per una particolare adattabilità, hanno afferrato e assimilato il sintomo superficiale e la manifestazione del riso. E ridono.
Dite a un umanoide di questo genere: “Sentite! Ecco un aneddoto divertente!” e lui subito contrae i muscoli del volto ed emette i suoni del riso.
Questi umanoidi ridono molto spesso, più spesso degli uomini più allegri, ma sempre in modo strano, o senza conoscerne ancora il motivo, o senza motivo, o dopo che tutti hanno riso.
A teatro, alla rappresentazione di un allegro vaudeville o di una farsa, prestate l’orecchio: dopo ogni battuta comica udrete due scoppi di risa. Prima cominciano a ridere gli uomini, dopo di loro gli umanoidi.
L’umanoide non conosce l’amore.
Gli è noto solo un semplice, non individualizzato sentire sessuale. Questo sentire negli umanoidi è, generalmente, rozzo e acuto come l’istinto di possesso della terra e della vita. In suo nome l’umanoide sacrifica molto, soffre e lo chiama il suo amore. Quest’amore svanisce in lui non appena ha assolto la sua funzione, cioè dargli la possibilità di riprodursi. L’umanoide ama unirsi in matrimonio e osservare le leggi della famiglia.
Carezzano poco i figli. Più che altro “li allevano.” Della moglie dicono: “deve amare il marito.” Giudicano più severamente degli uomini la violazione della fedeltà matrimoniale, come, in generale, la violazione di qualsiasi legge. Temono che, dopo aver sciupato il vecchio, dovranno di nuovo adattarsi.
Gli umanoidi amano appassionatamente insegnare. Fra essi molti diventano insegnanti e professori. Insegnando trionfano. Riferiscono parole altrui agli studenti, immaginano che siano parole loro, create da loro.
Negli ultimi tempi si sono moltiplicati. Ve ne sono indizi inconfutabili. Sono apparsi in grande quantità i loro libri. Sono apparsi circoli. Intorno a quasi ogni personalità di un certo rilievo, subito si forma un circolo, una scuola.
A tutto questo si adoprano gli umanoidi.
Adesso simulano a meraviglia, hanno fatto propri tutti i comportamenti dell’uomo vero. Si infiltrano nella politica, tentano di soffrire per un’idea, escogitano nuove parole o combinano le vecchie in un modo assurdo, piangono di fronte alla Madonna Sistina e si fingono persino libertini.
Hanno iniziato a...




