Scorsese | Il bello del mio mestiere. Scritti sul cinema | E-Book | sack.de
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E-Book, Italienisch, 236 Seiten

Scorsese Il bello del mio mestiere. Scritti sul cinema


1. Auflage 2013
ISBN: 978-88-7521-561-3
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

E-Book, Italienisch, 236 Seiten

ISBN: 978-88-7521-561-3
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Questo libro raccoglie, tradotti per la prima volta fuori dalla Francia, gli articoli scritti da Martin Scorsese per una delle più autorevoli riviste di cinema del mondo (e in particolare quelli realizzati per il numero 500, di cui Scorsese è stato curatore), nonché interviste e conversazioni finora inedite in Italia. Il regista americano racconta in prima persona i suoi capolavori, dal rapporto con gli attori (Robert De Niro su tutti) alla sceneggiatura, dalla colonna sonora agli aspetti tecnici del montaggio, e commenta con la passione del cinefilo e l'esperienza del grande maestro i film che ha amato e l'hanno ispirato, e lo stile dei grandi autori di cui ha subito il fascino fin da ragazzo. Aneddoti dal set, ritratti di amici, riflessioni teoriche, ricordi familiari e dichiarazioni di poetica: una raccolta appassionante e imperdibile per qualunque fan del vero cinema d'autore.

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IO E DE NIRO


Non eravamo mai andati a bere qualcosa insieme, ma frequentavamo gli stessi locali. Mi ricordo che tutti gli volevano bene perché era veramente simpatico. Fu Brian De Palma a parlarmi di lui la prima volta. Io non mi ricordavo di Bob, ma lui si ricordava di me. Ci incontrammo a una cena a casa di Jay Cocks[9] (che è stato un punto di riferimento per ogni cosa che riguardasse ). De Niro mi si avvicinò e cominciammo a parlare degli amici che avevamo in comune. Frequentavamo la stessa sala da ballo, la Webster Hall, negli anni Cinquanta (i miei genitori la frequentavano negli anni Venti), la stessa in cui ho ambientato la scena di nella quale Vickie balla con dei gangster. Organizzai per lui una proiezione di Pensavo che la parte di Johnny Boy [in ] fosse perfetta per lui. Un giorno lo vidi per strada, vestito come ai vecchi tempi, con un cappello... mi sembrò che il cappello fosse completamente in tono con il personaggio. Capii subito che era lui!

Mean Streets

Avevamo provato la scena nella sala da biliardo. Ma Bob saltò sul tavolo con lo slancio di un animale preso in trappola. Non ricordo se fosse compreso in quello che avevamo provato, ma mi sembra di avere previsto qualcosa del genere, la fiamma di una candela che prima di spegnersi diventa più brillante... ed è proprio quello che ha fatto lui. Adesso non saprei dire se è stata un’improvvisazione, ma faceva parte di un lungo piano-sequenza. E un’altra cosa che fa è tirare calci. Quando vivi per strada devi saper tirare calci, può salvarti la vita se non sei abbastanza forte con i pugni... Bob tutto questo lo sapeva a memoria; ed è questo che rende la scena così autentica. Quanto a me, soffrivo di asma e quindi non ero in grado di fare a botte; non solo non ne avevo il coraggio, ma a causa dell’asma difficilmente avrei potuto salvarmi con la fuga. Sarebbe stato ridicolo tirare un calcio e poi restare fermo lì come un idiota a farsi picchiare...

Alla fine di – tutto era stabilito nella sceneggiatura, naturalmente – il ritmo si intensifica, accelera: c’è una successione di tre scene che si ripete. Anzitutto Michael, l’usuraio, comunica a Charlie [Harvey Keitel] che Johnny [Robert De Niro] non ha pagato il suo debito. Poi Charlie lo dice a Johnny, che si scusa e promette di pagare la prossima volta. Infine Charlie va a dire a Michael che riavrà il suo denaro. Avevamo provato queste tre scene e, man mano, tutto diventava sempre più violento e complesso. Alla fine, quando non ci sono più alternative, la parola passa alle armi. Mi ricordo che mio padre diceva: «Quando si parla troppo, alla fine non restano più parole a disposizione. Non resta che andare a prendere una mazza da baseball e picchiare!» Qui ci troviamo al di là delle parole, ma anche di una semplice scazzottata. Tirando fuori un revolver, Johnny infrange in pieno il codice di comportamento della strada (non dimentichiamo che non si tratta di gangster, ma di ragazzi). I tizi con i quali ho trascorso la mia adolescenza – ecco la cosa importante in questa scena – somigliano a Michael: delle persone di animo gentile, in fondo. Johnny esprime tutto il suo disprezzo per una persona del genere, perché a lui non frega niente di niente, non gli importa di morire; invece Charlie deve continuare a vivere nel quartiere e cerca di tenere tutto sotto controllo. Michael può anche comportarsi come se fosse un vero gangster, come se avesse fatto un patto di sangue e via folcloristicamente dicendo, ma tutti sappiamo che non è un gangster e che probabilmente non lo sarà mai: non ha né il fegato né il cervello necessari. Ma perché farglielo capire?, sta dicendo Charlie a Johnny: se Michael mi mancasse di rispetto, le cose si potrebbero aggiustare in un certo modo, ma lui non manca di rispetto a nessuno, e allora perché farlo passare per imbecille? E invece Johnny, mettendo mano al revolver, lo costringe ad agire... Michael non ha più scelta. C’è una battuta di dialogo che mi fa morire dalle risate. È quando Johnny dice a Michael: «Io mi sono fatto prestare soldi da tutti quelli del quartiere, e non li ho mai restituiti. Perciò non potevo farmeli prestare più da nessuno, giusto? [...] Ho chiesto soldi a te perché eri l’unico stronzo della zona a cui potevo prenderli senza poi doverli restituire!» Michael è un ragazzo gentile, ma non appartiene a quel mondo; si comporta come un gangster, ma tutti sanno che non lo è. Johnny lo costringe a usare la violenza. Johnny ha detto la verità, ma qualche volta dire la verità non è saggio.

Taxi Driver

In una delle mie scene preferite Harvey Keitel e Robert De Niro si trovano uno di fronte all’altro: il corpo di Keitel è in posizione di attacco, pronto a colpire, mentre Bob gli sta davanti impassibile, gelido, pronto a tutto, come a dire: «Magari le prendo, ma pure tu non la passi liscia». Fu incredibile il modo in cui Bob si bloccò all’improvviso. Sapeva fare qualunque cosa. All’improvviso assunse quella posizione, e a quel punto Keitel capì perfettamente come muoversi. È una scena molto divertente perché Harvey Keitel l’aveva totalmente improvvisata, compreso il discorso su quello che può fare con Iris [Jodie Foster]: «Puoi farci questo e quello... ma niente roba sadica!» Come una litania oscena. È l’umorismo della strada, anche se la maggior parte delle persone non lo trova divertente... Tuttavia il film è piaciuto molto. Avevo una gran voglia di fare il film per via della sceneggiatura di Paul Schrader e della forza dei personaggi, ma non ci credevo, pensavo che non avrebbe mai funzionato. Bob invece ci credeva. E anche i produttori.

Il taglio alla mohawk... È una sorta di omaggio a un mio amico, Victor Magnotta. Eravamo insieme alla New York University. Voleva farsi prete. Poi scoppiò la guerra del Vietnam e lui si arruolò nei reparti speciali. Si ritrovò in uno degli squadroni peggiori, specializzato nella guerriglia. Al suo ritorno, ci incontrammo una sera a cena. E mi raccontò tutto quello che aveva fatto, quello che gli era successo laggiù... Erano veri racconti dell’orrore. Poi si mise a fare lo stunt-man. E infatti compare in tutti i film che ho fatto fino a un certo momento. Una sera, mentre giravamo , eravamo a cena insieme, e Bob gli chiese di raccontare la sua esperienza nelle forze speciali, la giungla, i serpenti e via dicendo. E lui ci raccontò che a Saigon, quando si incontravano per strada dei tizi con il cranio rasato alla mohawk, voleva dire che appartenevano alle forze speciali, che era meglio stargli lontano perché erano pronti ad avventarsi, a uccidere. Erano stati condizionati a fare questo. Poi ci mostrò una fotografia. Il taglio era un po’ più corto di quello che Bob ha nel film, ma gli somigliava molto. E non mi ricordo chi disse che dovevamo riprenderlo nel film. Bob dice che l’idea è stata sua. È una storia di cui ci siamo appropriati tutti e due. Diciamo che è sua! Mi ricordo che ci guardammo allo stesso momento. A partire da allora è capitato sempre più spesso che io e Bob avessimo queste idee simultaneamente. Anche poco tempo fa, all’epoca di . Ero andato in campagna per due giorni – cosa che in linea di massima non faccio mai – e lui ha cercato di mettersi in contatto con me. Al mio ritorno l’ho richiamato e gli ho detto che durante il mio soggiorno avevo rivisto , e che mi ero reso conto che bisognava utilizzare a ogni costo la musica originale di Bernard Herrmann. E lui mi fa: «È proprio per questo che volevo parlarti. Ho avuto la stessa idea!» È così dai tempi di .

Vic Magnotta è morto durante un’acrobazia su un set di New York... Era l’ultima acrobazia della giornata: un tuffo nell’Hudson con la macchina. È stato nel 1988. Ha tirato a sorte con un altro stunt-man, ed è toccato a lui. Si è tuffato e non è più risalito in superficie...

New York, New York

Robert De Niro possiede una gamma recitativa immensa. Sul set di abbiamo tentato ogni genere di cosa e siamo andati molto lontano. Ognuno ha i suoi limiti e c’erano momenti in cui io stesso non sapevo fin dove potevo spingermi. Ho fatto seguendo un metodo molto diverso dai miei film precedenti. Di solito preparo tutto, disegno le inquadrature prima di girare. Può darsi che i miei piani cambino a seconda della scenografia o degli esterni, ma ci sono sempre dei piani già pronti, dei quali ho veramente bisogno.

In ho cercato di improvvisare, e non mi sentivo molto a mio agio. Ho sprecato un sacco di tempo e di soldi. E mi aspettavo molto da Bob, che trovavo davvero straordinario dopo e . Pensavo che stimolandolo avrebbe dato qualcosa di unico in ogni ripresa, in ogni momento. Quindi ho spinto molto in quella direzione. Ma oltre un certo punto non si può andare. Dopo questo film, mi sono fatto un punto d’onore di «recitare» ogni tanto in qualche film, di mettermi almeno qualche volta davanti alla cinepresa per rendermi conto di quello che rappresentano per un attore l’attesa, i cambi di sceneggiatura all’ultimo momento... Voglio imparare i limiti, per capire quanto posso davvero aspettarmi dalle persone. Per esempio, cambiare i dialoghi all’ultimo minuto: per molti attori questa è una grossa difficoltà. Imparano un testo a memoria,...



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