sauza / Funetta | Tutto era cenere | E-Book | sack.de
E-Book

E-Book, Italienisch, 240 Seiten

Reihe: Figure

sauza / Funetta Tutto era cenere

Sull'uccidere seriale. Prefazione di Luciano Funetta
1. Auflage 2022
ISBN: 978-88-7452-970-4
Verlag: Nottetempo
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

Sull'uccidere seriale. Prefazione di Luciano Funetta

E-Book, Italienisch, 240 Seiten

Reihe: Figure

ISBN: 978-88-7452-970-4
Verlag: Nottetempo
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark



La figura del serial killer costituisce la lente attraverso cui Simone Sauza legge alcuni fondamentali nodi filosofici e culturali, dalla rappresentazione della violenza agli aspetti più oscuri della sessualità. La domanda centrale che l'autore si pone, avventurandosi nella mente e nella storia dei personaggi più celebri della cronaca nera globale, riguarda ciò che un omicida seriale vede 'quando guarda il mondo che abbiamo in comune': è in questo senso che, come sottolinea Luciano Funetta nella prefazione, si potrebbe sostenere che 'tutto ciò che Sauza scrive sia il tentativo di restituzione di uno sguardo impossibile. Che il soggetto titolare dello sguardo sia, in questo caso, l'omicida seriale ha forse un'importanza relativa, perché l'opera di indagine che viene portata avanti in Tutto era cenere ha un intento più vasto'. L'esperienza del serial killer costituisce un caso limite dell'esperienza umana, dunque proprio per questo, al di là delle interpretazioni strettamente criminologiche, l'atto seriale di uccidere rivela l'intima fragilità di concetti come io, interiorità, mondo. In questo libro che oscilla tra saggio e autofiction, le parole di filosofi e scrittori, oltre all'analisi di film e fenomeni web, accompagnano il lettore in un percorso narrativo e fenomenologico che si articola tra trauma, influenza dei media, desiderio e soprattutto sguardo. Perché, scrive Sauza, il serial killer 'abita lo stesso pezzo di realtà di ogni individuo, ma lo attraversa con uno sguardo che viene da un altrove', restituendoci così una lettura altra di ciò che abbiamo sotto gli occhi.

sauza / Funetta Tutto era cenere jetzt bestellen!

Weitere Infos & Material


Prefazione


Ceremony


di Luciano Funetta

Era una sera di novembre. Stavo guardando La Cérémonie di Chabrol e lo schermo del mio cellulare ha emesso un bagliore per avvisarmi dell’arrivo di una mail con allegato. Quando il film è finito ho acceso il computer e sono entrato nella casella di posta. Senza prestare attenzione alle parole che lo accompagnavano ho scaricato l’allegato, ma non l’ho aperto.

Sapevo che si trattava della prima bozza di questo libro e ne conoscevo a grandi linee il contenuto. Quando alcuni mesi prima Simone Sauza mi aveva chiesto di scrivere qualche pagina che accompagnasse il testo a cui stava lavorando, avevo accettato e mi ero imposto una regola: fino alla ricezione del manoscritto dovevo fare di tutto per non avere contatti di alcun tipo con il suo autore. Per settimane ho accuratamente evitato di incontrarlo e ho limitato al minimo le risposte ai suoi messaggi. Così, un giorno dopo l’altro, nella mia testa, siamo diventati estranei. In qualche modo sono riuscito a dimenticare e Tutto era cenere si è trasformato, per effetto di un auto-sabotaggio psichico, nell’opera anonima che molti di noi, per ragioni che hanno a che fare con la letteratura o con la sociopatia, sognano prima o poi di ritrovarsi tra le mani.

Ho allegato il file del manoscritto a una nuova mail che ho spedito a me stesso, corredandola con queste parole: “Ci siamo incontrati tempo fa, ma non puoi ricordare. Saluti, S.S.”

Nelle fantasie di un sociopatico che frequenta la letteratura – o di un sociopatico che frequenta il cinema, le arti figurative, la musica o semplicemente i social network – l’opera anonima o semi-anonima che sembra venire dal nulla e in cui ci si imbatte per un ritrovamento fortuito è provvista di una natura che tende all’incomprensibile, e coloro che la fruiscono diventano oggetto di un’irradiazione che li spinge dapprima alla meraviglia, poi all’orrore e solo infine alla curiosità di voler scoprire chi si nasconda dietro un progetto tanto impresentabile e infrequentabile da non poter percorrere, per diffondersi, altra strada che la clandestinità e il passaparola sotterraneo. Questo percorso che da un’entità autoriale senza volto trasmigra nella psiche di una o più unità riceventi con l’unico obiettivo di condurle alla fonte – ovvero il luogo in cui, tramite incontro e rivelazione, l’intento dell’opera si compirà – nella maggior parte dei casi è sufficiente a motivare l’indecifrabilità dell’opera d’arte in questione, come se quest’ultima non fosse che un enigma o un sistema di indovinelli, un test mentale. Più un romanzo, un film, un brano, un dipinto si presentano come dolorosi da affrontare, impossibili da interpretare e propensi a colonizzare in maniera patologica la mente del loro fruitore, più il fascino che ammanta le loro misteriose origini si fa ossessione e desiderio. Ma c’è un altro aspetto non secondario: chi si imbatte in un’opera d’arte anonima non può non abbandonarsi al pensiero di essere stato scelto. Solo questo basterebbe a creare tra autore e fruitore un legame segreto, squilibrato e disfunzionale.

Era questo che mi aspettavo mentre, in una casa buia e addormentata, finalmente aprivo il file di Tutto era cenere e ne leggevo le prime righe. Ero preparato a ritrovarmi invischiato in un gioco di oscurità e rispecchiamento da cui, a un certo punto, sarei dovuto riemergere per riportare in un breve testo le mie annotazioni. Ripensavo a un racconto di Thomas Ligotti intitolato Il villino, in cui l’impiegato di una biblioteca pubblica si mette sulle tracce dell’autore di una serie di nastri registrati esposti in una cadente galleria d’arte. Ritrovavo, molto vividi, lo svolgimento di quel racconto e le cicatrici che a suo tempo aveva lasciato nella mia mente. A volte rivedo ancora l’ombra di un uomo in fondo alla grande sala di una biblioteca, un’ombra che si allontana ogni volta che il protagonista muove un passo per raggiungerla.

Eppure, con una certa sorpresa, nel manoscritto di S.S. non ho trovato nulla di tutto questo. Leggendolo e rileggendolo, alla ricerca di quell’opera incomprensibile che in maniera violenta e tirannica distorcesse lo spazio intorno a me, ho dovuto invece realizzare che la questione era ben altra. S.S. non era un essere mefistofelico che affondava la penna nella carne e nel delirio, ma una sorta di freddo, impassibile Roger Caillois della dissoluzione. Credevo che mi sarei imbattuto in una specie di trasposizione letteraria dei lavori musicali di Marco Corbelli, invece quello che leggevo aveva l’aspetto di una sostanza esangue, incorporea, a tratti così trasparente da suscitarmi la seguente sensazione: mi trovo in un’aula universitaria, un’aula deserta in un’università abbandonata, e sto ascoltando le lezioni registrate di un giovane e brillante professore caduto in disgrazia.

Per tutto il suo sviluppo il testo di Tutto era cenere restava ancorato a una logica d’acciaio, a un rigore documentale lucido come la lama di un coltello appena tirato fuori dalla scatola, a un equilibrio di giudizio e visione che sembrava non valicare mai i confini di una solida prospettiva analitica e filosofica, un’asprezza e un’intransigenza a cui S.S. sembrava tenere molto. Ho pensato che si fosse imposto di non farsi sopraffare dalla materia della sua ricerca, come io mi ero imposto di simulare un distacco che mi permettesse di godermi il manoscritto e accoglierne gli effetti nel pieno abbandono delle mie difese psichiche. C’era qualcosa, però, che non tornava. [Annoto: vedo le sue dita aggrapparsi a qualcosa e diventare bianche per lo sforzo.] Era come se il rigore, la logica, l’equilibrio, la visione, la capacità di astrazione che S.S. dimostrava di saper governare restassero ancorati a una figura senza volto, un essere che cammina per strade inanimate e pericolose, e vagando elabora la sua tesi. Il pensiero della sua tesi non lo abbandona mai. Vive con lui ogni momento. [Non provo il desiderio di incontrarlo. Vorrei piuttosto poterlo seguire da lontano e scoprire dove andrà.] A volte l’essere allunga la mano davanti a sé, come per toccare qualcosa, ma questo gesto non è che un riflesso dei suoi pensieri che fuggono in avanti e svaniscono. E intorno a questa figura svolazzano, quasi infantili, spettri che portano le facce di Ian Brady, Richard Ramirez, Ed Kemper, Carl Panzram, Ted Bundy, Dennis Nilsen e di altri le cui sembianze al momento si confondono. Camminano con lui, ma non sono sicuro che lui li veda. Li ha evocati, ma la sua attenzione è rivolta altrove. A un procedimento, a una tecnica.

“Che cosa vede un serial killer quando guarda il mondo che abbiamo in comune?” si chiede a un certo punto S.S. L’impressione è che questa domanda sia cruciale e che per un certo verso tutto ciò che S.S. scrive sia il tentativo di restituzione di uno sguardo impossibile. Che il soggetto titolare dello sguardo sia, in questo caso, l’omicida seriale ha forse un’importanza relativa, perché l’opera di indagine che viene portata avanti in Tutto era cenere, come vedrà chi leggerà, ha un intento più vasto e al tempo stesso claustrofobico. La tesi di S.S. si muove in due direzioni all’apparenza divergenti. Una punta verso l’origine, il “fondo non-soggettivo della soggettività”, l’altra verso il desiderio. In un saggio di recente pubblicazione, a proposito del modo in cui l’esperienza della follia esaminata da Foucault e i procedimenti della letteratura di Borges abbiano generato un fronte inaspettato, un limite che sarebbe l’orizzonte stesso della letteratura, Alfredo Zucchi scrive:

Le due prospettive, mescolate per contatto, sembrano indicare che la meta si trovi in basso e dentro; che il movimento per avvicinarsi a essa è il movimento del linguaggio stesso; che il modo di questo movimento è una fuga; che questa fuga, nel suo movimento, crea lo spazio che chi scende si trova di volta in volta a occupare; che questo spazio è un vuoto, una piega scavata all’interno del linguaggio […]; che la condizione per adeguarsi a tale movimento consiste nell’abbandonarsi a esso senza riserve; che abbandonarsi a esso non è neutro ed è un rischio; che questo rischio è un affare personale, come l’amore, la vita o la morte1.

C’è qualcosa in questo libro, ho pensato, che non lo rende un’opera chiusa. Sembra piuttosto un inizio o uno degli snodi centrali di una forma più ampia che non esaurisce nel saggio la sua natura profonda. Dalla superficie della prosa lineare e ossessivamente precisa di S.S. affiorano di tanto in tanto macchie indistinte. Efflorescenze dell’io, brandelli di ricordi ossidati, lacerti di incubi, spettri di notti insonni. Sotto la quiete autoptica della forma speculativa qualcosa pianifica di venire alla luce, sussurrando un verso di Celan, “Die Welt ist fort, ich muß dich tragen”, o canticchiando tra i denti “This is why events unnerve me…”. Guardavo i fogli del manoscritto sparsi sul pavimento. Il mio autore anonimo mi aveva fatto avere una traccia, ma era alla mappa che dovevo risalire, e dalla mappa immaginare un territorio.

Mi è bastato compiere una non troppo complicata ricerca su internet per scovare altre e ulteriori tracce del passaggio di S.S. su questa terra. Ho trovato brillanti saggi pubblicati per...



Ihre Fragen, Wünsche oder Anmerkungen
Vorname*
Nachname*
Ihre E-Mail-Adresse*
Kundennr.
Ihre Nachricht*
Lediglich mit * gekennzeichnete Felder sind Pflichtfelder.
Wenn Sie die im Kontaktformular eingegebenen Daten durch Klick auf den nachfolgenden Button übersenden, erklären Sie sich damit einverstanden, dass wir Ihr Angaben für die Beantwortung Ihrer Anfrage verwenden. Selbstverständlich werden Ihre Daten vertraulich behandelt und nicht an Dritte weitergegeben. Sie können der Verwendung Ihrer Daten jederzeit widersprechen. Das Datenhandling bei Sack Fachmedien erklären wir Ihnen in unserer Datenschutzerklärung.