E-Book, Italienisch, 344 Seiten
Ruggiero / Caselli / Sassaroli La formulazione del caso in terapia cognitivo comportamentale
1. Auflage 2025
ISBN: 978-88-590-4346-1
Verlag: Edizioni Centro Studi Erickson
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Gestire il processo terapeutico e l'alleanza di lavoro
E-Book, Italienisch, 344 Seiten
ISBN: 978-88-590-4346-1
Verlag: Edizioni Centro Studi Erickson
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Giovanni Maria Ruggiero Psichiatra e psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, direttore della Scuola di Terapia Cognitivo-Comportamentale «Psicoterapia Cognitiva e Ricerca» e co-direttore scientifico del gruppo Studi Cognitivi. Full Professor presso la Sigmund Freud University di Vienna e Milano. Ha scritto volumi sul trattamento cognitivo dell'ansia, dei disturbi alimentari e sulla formulazione del caso come processo terapeutico. Si occupa di ricerca sui costrutti psicopatologici dell'ansia e sull'uso della formulazione del caso in psicoterapia. Membro delle società di psicoterapia cognitivo-comportamentale CBT-Italia e SITCC (Società Italiana di Terapia Comportamentale e Cognitiva). Gabriele Caselli Psicologo, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale e dottore di ricerca, direttore della Scuola di specializzazione in Psicoterapia Cognitiva «Psicoterapia e Scienze Cognitive» e co-direttore scientifico del gruppo Studi Cognitivi. Vicedirettore del Dipartimento di Psicologia della Sigmund Freud University, sede di Milano. Ha scritto volumi sul trattamento cognitivo del rimuginio e dell'abuso di sostanze. Si occupa di ricerca sui processi di pensiero ripetitivo in psicoterapia cognitiva. Membro delle società di psicoterapia cognitivo-comportamentale CBT-Italia e SITCC (Società Italiana di Terapia Comportamentale e Cognitiva). Sandra Sassaroli Psichiatra e psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, direttrice della Scuola di Terapia Cognitivo-Comportamentale «Studi Cognitivi» e co-direttrice scientifico del gruppo Studi Cognitivi. Full Professor presso la Sigmund Freud University di Vienna e Milano. Ha scritto volumi sul trattamento cognitivo dell'ansia, dei disturbi alimentari e sullo sviluppo evolutivo come processo psicopatologico. Si occupa di ricerca sui processi rimuginativi e di apprendimento disfunzionale nello sviluppo personale dei costrutti psicopatologici dell'ansia e dei disturbi alimentari. Membro delle società di psicoterapia cognitivo-comportamentale CBT-Italia e SITCC (Società Italiana di Terapia Comportamentale e Cognitiva).
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Introduzione
La formulazione condivisa del caso come principale processo terapeutico nelle terapie cognitivo-comportamentali
Giovanni M. Ruggiero, Gabriele Caselli e Sandra Sassaroli
Il presupposto centrale del libro
La formulazione del caso può essere considerata la «lettera rubata» del processo terapeutico della terapia cognitivo-comportamentale di Beck (Standard Cognitive Behavioral Therapy, CBT classica) o di altri approcci cognitivo-comportamentali (CBT). È l’oggetto che è sfuggito alle indagini più attente, anche se è visibile per tutti sul caminetto, per così dire. Negli approcci CBT, i clinici si sono dedicati — non senza ragione né con cattivi risultati — a indagare le credenze irrazionali e le distorsioni cognitive, a volte al prezzo di sottovalutare la condivisione esplicita della formulazione caso, dandola per scontata (Kuyken, 2006, p. 12).
L’assunto di base di questo libro è che la formulazione del caso è la mossa iniziale e il principale strumento operativo degli approcci CBT con cui un terapeuta gestisce l’intero processo psicoterapeutico. L’idea è che, nella CBT, la formulazione del caso incorpori sia gli interventi CBT specifici del trattamento che le componenti non specifiche, tra cui la negoziazione dell’alleanza terapeutica e la gestione della relazione terapeutica. Inoltre, questo volume presuppone che, negli approcci CBT, la formulazione del caso sia una procedura incessantemente e apertamente condivisa tra il paziente e il terapeuta dall’inizio alla fine del trattamento. Il libro mira a mostrare come questo aspetto stia diventando sempre più il segno distintivo degli approcci CBT, perché in linea con suoi stessi principi di base. Questo atteggiamento implica la piena fiducia nell’accordo cosciente tra terapeuti e pazienti, la cooperazione trasparente e un impegno esplicito di adesione al modello CBT di cambiamento clinico.
In sintesi, gli obiettivi di questo volume sono:
- concettualizzare la formulazione condivisa del caso clinico come intervento centrale e distintivo delle principali forme di CBT, in quanto intrinsecamente legata ai principi fondamentali della CBT;
- descrivere le procedure di formulazione condivisa del caso negli approcci CBT per mostrare come, in molti di loro, questo processo permetta al terapeuta di gestire sia le caratteristiche specifiche che quelle non specifiche del processo terapeutico CBT;
- ripercorrere lo sviluppo storico delle principali forme di CBT per mostrare il modo in cui la formulazione condivisa del caso emerge come caratteristica veramente unificante e distintiva degli approcci CBT;
- esplorare l’uso della formulazione del caso in alcuni approcci relazionali e psicodinamici vicini agli approcci CBT, discutendone somiglianze e differenze.
Naturalmente, la formulazione del caso è presente anche in approcci psicoterapeutici diversi da quelli CBT. Nonostante molte somiglianze, è tuttavia importante distinguere gli approcci cognitivo-comportamentali da altri trattamenti psicoterapeutici in cui la cognizione cosciente è sì un fattore importante, ma non è considerato il mediatore cardinale della sofferenza emotiva né il principale obiettivo dell’intervento terapeutico. Questa differenza teorica diventa anche una separazione teorica tra gli approcci CBT e non-CBT nella concezione e nella gestione della formulazione condivisa del caso durante il processo terapeutico.
Questo libro tenta di qualificare gli approcci CBT come trattamenti in cui — per definizione — il processo terapeutico avviene nella piena e continua condivisione consapevole tra paziente e terapeuta (Dobson & Dozois, 2010); esso distingue inoltre tali approcci da altri modelli in cui il processo terapeutico non avviene stabilendo questa piena condivisione fin dall’inizio ma concependola come un obiettivo da raggiungere e un risultato finale del trattamento. Quest’ultimo aspetto comporta l’esplorazione di stati mentali e modelli relazionali che non sono immediatamente accessibili alla coscienza, come accade nelle terapie psicodinamiche (Gabbard, 2017), o cercando significati personali ed esistenziali che risultano elaborati compiutamente solo alla fine di un lungo processo esplorativo, come avviene in alcune psicoterapie costruttiviste che, peraltro, sono legittimamente definibili come approcci CBT.
Per chiarezza dobbiamo infatti sottolineare che ci sono alcuni approcci costruttivisti nati nell’ambito della CBT e che, in senso lato, appartengono a questo campo clinico, ma mostrano alcune caratteristiche specifiche come, tra molte altre cose, nella concezione della formulazione del caso. Si tratta degli approcci costruttivisti che si rivolgono alla cognizione ermeneutica, emotiva e «tacita» (Guidano, 1991; Guidano & Liotti, 1983; Mahoney, 2003; Neimeyer, 2009) e possono divergere parzialmente da altri modelli cognitivo-comportamentali definibili «classici» o «standard», che favoriscono il lavoro terapeutico basato sulla formulazione del caso condivisa fin dall’inizio. Per questo motivo, la definizione di «approcci costruttivisti» è talvolta usata in questo libro in un’accezione distinta rispetto agli approcci CBT classici, anche se rimaniamo consapevoli che essi appartengono comunque al dominio CBT.
Riassumendo, proponiamo che questo modo di condividere la formulazione dei casi sia una delle principali caratteristiche qualificanti del processo terrapeutico CBT classico. Questo particolare approccio comporta la condivisione incessante della formulazione del caso con il paziente sotto tre aspetti:
- la formulazione esplicita e condivisa di un modello esplicativo della sofferenza emotiva;
- la formulazione esplicita e condivisa del razionale della strategia di trattamento proposta al paziente;
- il monitoraggio del progresso terapeutico e l’azione retroattiva di questo monitoraggio sulla strategia di trattamento, che permette, quando necessario:
- la riformulazione del caso;
- la rinegoziazione degli obiettivi della terapia;
- il cambiamento della proposta di trattamento secondo la nuova formulazione e il nuovo razionale.
Questa enfasi sulla condivisione consapevole della formulazione del caso come strumento per ottenere la piena cooperazione del paziente ci permette di spiegare un’altra caratteristica fondamentale degli approcci CBT (sebbene su quelli costruttivistici pesi una parziale riserva su questo punto): il paziente come agente pienamente attivo e consapevole nel suo trattamento, perché il modello terapeutico e la logica dell’intervento possono essere condivisi con lui fin dall’inizio. A sua volta, questa possibilità di gestire la formulazione del caso in un modo condiviso deriva dall’altro principio della CBT che gli stati disfunzionali sono ragionevolmente accessibili alla coscienza e significativamente trattabili a livello di coscienza (Dobson & Dozois, 2010). Anche l’attenzione degli approcci CBT ai disturbi specifici del paziente, ai problemi e ai sintomi, sebbene si stia riducendo con l’emergere di modelli transdiagnostici (Hayes & Hofman, 2018) avrebbe origine dal principio del caso condiviso formulazione: il terapeuta CBT parte dalle aree problematiche definite durante la formulazione del caso, compresi i sintomi per i quali il paziente cerca una soluzione efficace e soluzioni ragionevolmente immediate.
Formulazione condivisa del caso e alleanza terapeutica
Questo libro promuove anche l’idea che il principio della formulazione condivisa del caso possa offrire agli approcci CBT una terminologia specifica per trattare i cosiddetti fattori comuni e i processi terapeutici aspecifici, ovvero la gestione dell’alleanza e della relazione terapeutiche (Asay & Lambert, 1999). Questo bisogno non è futile. Non è un caso che nei modelli psicodinamici e costruttivisti la cognizione sia concepita in maniera così inseparabile dall’esperienza relazionale da far considerare quest’ultima come il vero mediatore significativo del cambiamento terapeutico (Bara, 2018; Gabbard, 2017). Adottare una terminologia operativamente specifica della CBT per i concetti di alleanza e relazione terapeutica come quella di formulazione condivisa del caso — senza prendere in prestito parole da approcci che obbediscono a principi diversi — permette infatti di rimanere concentrati sulla proposta storica della CBT e incoraggia la concettualizzazione dell’alleanza terapeutica in termini che sono coerenti con i principi degli approcci cognitivo-comportamentali (Bruch, 1998; 2015; Sturmey, 2008; 2009). In essi, l’alleanza e la relazione sono importanti pre-condizioni del processo terapeutico ma non sono l’unità di analisi per il processo di cambiamento. Questa osservazione non è casuale; piuttosto, è rilevante allo scopo di mantenere una proficua distinzione tra approcci CBT e modelli relazionali, distinzione che permette di ricordare che nei modelli relazionali gli aspetti risolutivi del processo terapeutico sono da ricercare nella relazione terapeutica. Così accade, ad esempio, nel caso del modello di Wampold e Imel (2015). Non è quindi solo una questione di terminologia: le parole sono importanti e riflettono la natura del modello teorico.
Formulazione del caso negli approcci CBT e non-CBT
Da un punto di vista storico, è corretto pensare che ci sia stata una divergenza di sviluppo tra approcci CBT e non-CBT sulla formulazione del caso. Nel mondo CBT, le terapie comportamentali hanno storicamente usato per prime l’espressione «formulazione del caso» già alla fine degli anni Cinquanta, come riportato da vari studiosi che si sono dedicati alla storia di...




