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E-Book, Italienisch, 183 Seiten
Reihe: Cronache
Pigozzi Mio figlio mi adora
1. Auflage 2016
ISBN: 978-88-7452-616-1
Verlag: Nottetempo
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
E-Book, Italienisch, 183 Seiten
Reihe: Cronache
ISBN: 978-88-7452-616-1
Verlag: Nottetempo
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
'Le famiglie inclusive perdono e fanno perdere il mondo come orizzonte: si imbarbariscono. Si tratta di un modello familiare fondato sull'immediata affettività piú che sull'eticità, sull'utero piuttosto che sul mondo, sul legame biologico piuttosto che su quello sociale. Uno stile familiare che genera abitudine e dipendenza, piú che amore'. Mai come oggi i modelli familiari che ci circondano sembrerebbero essersi ampliati e dinamizzati, mettendo in questione il principio stesso della famiglia 'naturale' e mostrandone il carattere ideologico. Eppure, a un'analisi piú profonda, anche dietro le famiglie ricostituite, allargate, monogenitoriali e omogenitoriali si rivela un'allarmante immagine della famiglia concepita e custodita come nido inclusivo ed esclusivo: un Uno chiuso in sé, come una sorta di corpo uterino, che ritiene di contenere tutto ciò di cui i suoi membri hanno bisogno. Cedendo all'attrazione del legame 'claustrofilico' con i figli e alla sua modalità simbiotica e autoappagante, il mondo viene risucchiato all'interno della famiglia, dimenticando che la crescita è fatta anche di opposizioni, affrancamento, dissonanze, negoziazioni con l'esterno - con l'Altro. In questo testo acuto e provocatorio, Laura Pigozzi infrange la retorica asfittica della famiglia all inclusive e quella di un certo tipo di maternità e genitorialità che circolano in modo pervasivo, mostrando come 'la vera filiazione è aver ricevuto dai propri genitori la possibilità di lasciarli' - se è vero, come dice Hannah Arendt, che 'gli uomini sono nati per incominciare'.
Autoren/Hrsg.
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1. La e il mito della maternità naturale
La “vera madre”, nella maggior parte dei casi, è identificata con quella biologica. Ma se leggiamo l’episodio biblico di re Salomone e del bimbo conteso tra le due madri, le cose stanno diversamente. La vicenda è nota: Salomone doveva decidere chi fosse la vera madre fra due donne che si contendevano un bambino. Potremmo essere irriflessivamente portati a pensare che Salomone abbia individuato la vera madre in quella biologica: la Bibbia è, invece, un libro pieno di paradossi che il nostro orecchio conformista non coglie: la sentenza di Salomone sospende la verità biologica; al re degli ebrei interessa sapere chi è la madre che alleverà meglio il figlio, quella che – diremmo noi – non è interessata al proprio narcisismo di madre. La legge di Salomone mostra che la “vera madre” è quella che, rifiutandosi di fare a metà il figlio con la spada, non lo lacera con il proprio bisogno di volerlo a tutti costi per sé. Dall’altra parte, il racconto biblico è assolutamente inequivocabile nel dire chi è la cattiva madre: “Il figlio di questa donna è morto durante la notte, perché essa gli si era coricata sopra” ( 3,16-28). La madre che si corica sopra il figlio, anche solo metaforicamente, lo uccide. La cattiva madre è, nell’episodio biblico, quella che soffoca il figlio dormendo con lui. Il , termine inglese che definisce la pratica oggi molto diffusa di dormire insieme al bambino, è considerato buono e naturale perché lo fanno gli animali e molti popoli della terra1, eppure le sue pessime conseguenze sono rilevanti2. Le madri che lo sostengono credono che dormire col proprio figlio sia quanto di piú naturale possa esserci perché realizza ciò che bambino e mamma desiderano. Ma non è affatto detto che il reale della pulsione – in questo caso la spinta a (ri)fondersi – sia quanto di meglio un essere umano possa esprimere per il proprio bene. Il piacere fusionale possiede una quota di pulsione di morte che si manifesta nella presenza di una forma ipnotica che chiede di essere costantemente ripetuta3. Il desiderio piú profondo del bambino è quello di possedere la madre, ma non per questo va soddisfatto. Il bene del bambino non è quello che il bambino pensa di desiderare, come ben sanno le madri in altre circostanze, per esempio quando gli impediscono di abbuffarsi di Nutella: la struttura psichica mortifera in cui si organizza un eccesso di desiderio per il corpo della madre e per l’abuso di Nutella è la stessa!
Le donne che dormono con i figli indicano dove si è smarrito il desiderio della madre: esso non s’indirizza piú a un partner adulto e, con ciò, non rende piú onore alla . Va, piuttosto, verso l’identico, verso il bambino immaginato come parte di sé, verso “l’inferno dell’Uguale”4. L’Altro5 è diventato l’estraneo, il nemico.
Il è difficile da identificare come comportamento abusante perché ha l’aureola ideale della Natura. Dobbiamo essere vigili quando utilizziamo la natura come giustificazione ultima; la Natura, con la maiuscola, è sempre totalitaria e, difatti, la troviamo esaltata in ogni nefandezza teorica sulla razza: l’idea di Natura, per esempio, è il postulato fondante delle teorie che hanno fornito la base culturale per la diffusione dell’ideologia nazista6. De Sade ha ben descritto la perdizione dell’uomo quando vuole imitare la Natura: l’eros furioso di de Sade non rappresenta l’anarchia sessuale dell’uomo, la sua libertà esaltata, la sua autonomia nello scegliere il male. Piuttosto, la sua erotica è “naturale” nel senso che è obbligata a seguire la Natura, la quale non è buona, ma predispone crimini senza sosta7. Lontanissima dagli aspetti idilliaci che caratterizzavano l’idea di natura di molti del secolo dei Lumi, suoi contemporanei, la Natura in de Sade è piuttosto violenza e crudeltà. L’idillio dello stato selvaggio resta un’illusione e gli umanoidi – esseri piú “naturali” di noi – avevano come regola l’uccisione del nemico e lo stupro delle donne: questa è la Natura prima dell’avvento della Cultura. Ogni volta che, anche nelle nostre società attuali, la Natura si slega dalla Cultura, l’uomo di Neanderthal non ci appare piú come un antenato cosí lontano nel tempo.
A differenza della riflessione sadiana, profonda e potente, la nostra epoca non ha sviluppato un discorso critico sulla natura: o crede in essa senza pensiero e la santifica senza veri argomenti, o la tratta come il parco giochi di manipolazioni affaristiche, genetiche e ambientali. Il successo delle tecniche di fecondazione assistita poggia sul falso postulato, divenuto saldo preconcetto, che i genitori biologici siano di serie A. La performatività della “genitorialità naturale” – un vero ossimoro – è riconosciuta da un discorso sociale in cui le competenze affettive e le risorse culturali appaiono sfocate e poco valorizzate. Le sperimentazioni genetiche forse porteranno in futuro a scegliere, magari anche solo fantasmaticamente – il che non significa senza ripercussioni culturali e psichiche – un figlio prefabbricato con le caratteristiche e i colori preferiti. Una direzione che mostra quanto dell’imprevedibilità dell’altro non se ne voglia proprio sapere. Il reale del corpo, nostro e altrui, sta lí, invece, a far limite alle nostre fantasie manipolatorie. Il reale è, nella riflessione di Jacques Lacan, ciò che sfida la teoria, ciò che sta fuori dalla presa dell’uomo, ciò che oppone resistenza alle nostre investigazioni. Il reale non è oltrepassabile, la sua è una funzione di frontiera che ci confronta con la perdita e lo scacco, cioè con la comune condizione umana e, con ciò, le dona spessore. Oggi, al contrario, si tratta il reale come un’immaginaria palestra di onnipotenza8.
L’ingenuità colpevole dell’idea contemporanea di natura fa passare il materno come destino di ogni donna e, cosí, anche il concetto di istinto materno, che ci pareva di aver congedato con sollievo negli anni settanta, è risorto a nuova vita. L’essere umano, però, non è guidato dal sicuro istinto animale: ha l’inconscio, piú complesso e piú fallibile. L’inconscio abita il corpo ed è col corpo-inconscio che la madre, prima degli altri, sente il bambino che piange nella stanza accanto, cosí come è il corpo in quanto inconscio che ci fa avvicinare senza apparenti motivi a qualcuno e allontanare da qualcun altro. È ancora il corpo-inconscio che sente l’odore dell’altro, al di là del processo puramente ghiandolare; infatti, può accadere che lo stesso uomo che prima “profumava di buono” prenda a “puzzare orribilmente”: queste le parole di Giovanna, una trentenne molto olfattiva, nel momento in cui aveva compreso di non amare piú il suo compagno. La complessità e la contraddittorietà dell’umano non sono comprese nel puro discorso biologico: “Il fondamento organico non risponde a nient’altro che a un bisogno di rassicurazione […] è un po’ come toccare ferro […] il postulato organicista è superstizioso”9. L’ materno, dunque, non esiste: meglio sarebbe parlare di materno che si sviluppa nella cura del piccolo, fin dalla gestazione, piuttosto che di un istinto preesistente al bambino.
A proposito del legame Natura-Cultura, è forse utile qualche considerazione intorno alla nota affermazione di Freud: “L’anatomia è destino”10. Enunciato che non si può leggere alla lettera – ciò che conta è il biologico – perché non è certo questa la posizione freudiana. Possiamo, invece, interpretarlo come la constatazione che l’anatomia è il limite offerto all’uomo: l’uomo è destinato alla frustrazione a causa del confronto con quell’impossibile che è il reale.
Si può leggere nell’affermazione freudiana un peso eguale attribuito a entrambi i significanti, e : destino è ciò a cui siamo destinati, ciò a cui un Altro genitoriale ci ha destinato con le sue parole, con le sue fantasie nobili o misere. è la parola che destina. L’anatomia non è autoconsistente, è cultura, discorso: l’attualità disprezza i corpi che il Rinascimento amava. Inoltre, l’immagine che ho del mio corpo non ha nulla di naturale: posso non essere bella, ma se nelle parole dei genitori c’è stata la bellezza, sarò “soggettivamente bella” e, quindi, destinata a un destino da bella; per esempio potrò, se pur inspiegabilmente, fare innamorare. Se, viceversa, ho i tratti somatici da bella ma nelle parole genitoriali risulto misera, avrò un destino infelice, almeno fino a quando un Altro11 – un incontro felice, un pensiero o un’analisi – porti una rettifica.
D’altra parte, qualcosa non funziona non solo quando la natura si svincola dalla cultura, ma anche quando la cultura si pensa superiore alla natura, sospendendo quel reale che fa da sponda onesta a ogni discorso. Il pensiero , che pur ha prodotto nuove e importanti svolte culturali, pare indulgere nell’idea di genere come frutto di una costruzione esclusivamente culturale, affrancata dall’anatomia come limite. Pur ponendo, all’inizio del suo discorso, l’interdipendenza tra il sesso (come insieme dei caratteri anatomici che definiscono il maschio e la femmina) e il genere (la rappresentazione culturale che definisce il proprio essere donna o uomo), sembra che, in seguito, lo sviluppo teorico del pensiero si sbilanci considerevolmente verso il dato culturale, fino a rendere quasi...