E-Book, Italienisch, 368 Seiten
Paolin Conforme alla gloria
1. Auflage 2016
ISBN: 978-88-6243-204-7
Verlag: Voland
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
E-Book, Italienisch, 368 Seiten
ISBN: 978-88-6243-204-7
Verlag: Voland
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Amburgo, 1985. Rudolf Wollmer fa il sindacalista,ha una moglie, un figlio adolescente e l'incubo di un padre scomodo, una ex SS che morendo gli ha lasciato in eredità la casa di famiglia. Deciso a sbarazzarsene subito, ritrova, tra gli oggetti del vecchio, un quadro intitolato La gloria. L'immagine è minacciosa ma nasconde un segreto ancora più terrificante. Nel tempo, la vicenda di Rudolf e del quadro si intreccia con quella di Enea Fergnani - ex prigioniero a Mauthausen sfuggito allo sterminio del lager grazie alla sua abilità artistica e proprietario di uno studio di tatuaggi a Torino - e della giovane Ana... Un romanzo sorprendente, dallo stile intenso e nitido, che è anche una riflessione sul rapporto tra vittima e carnefice, sul confine tra umano e disumano.
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HOLIDAY IN THE SUN
Sabato mattina di metà settembre. Rudolf ha la testa dentro il motore del Volkswagen tra il filtro e le candele, le mani sporche di grasso e di olio combusto, pensa ai mesi estivi lontano dal quadro, e ai discorsi con Laura. Gli ha raccontato di essere scesa in cantina e di aver visto la tela. Le vacanze sono trascorse così, tra una visita ai musei, una giornata al mare e decisioni da prendere. Ora nel vano del furgone ha già caricato tutto: la tela coperta da un panno di stoffa, un palchetto di legno robusto.
“Da quando in qua ti sei messo a fare il meccanico?” la voce di Mattias lo sorprende con le mani nel filtro dell’aria.
Rudolf alza gli occhi. Guarda il figlio.
“Come è andata a scuola?”
“È la prima settimana, che vuoi che facciamo.” Mattias ha ancora nella testa l’abbraccio forte di Christine dopo un mese che non si vedevano. Ha ancora vivo il desiderio di quel corpo di cui non può fare a meno. Quasi incerto se sia amore ciò che sente oppure un desiderio simile alla fame o alla sete, qualcosa che riguarda non tanto i sentimenti ma la biologia.
Rudolf osserva il ragazzo, sta cambiando: lo nota dai piccoli segnali d’insofferenza che Mattias mostra alle sue domande. E mentre pensa queste cose, continua a insistere con lo sguardo.
“Pa’, c’è qualcosa che non va? Perché mi fissi?”
“No, no. Mi chiedevo quando andrai dal barbiere... oppure hai deciso di farti crescere i capelli?”
Mattias allarga le braccia, non ha nessuna voglia di discutere con suo padre. Rudolf si sposta dal cofano, prende lo straccio. Si pulisce le mani alla buona.
“Vediamo se la carriola funziona” dice rivolgendosi al figlio, che stava per andarsene via.
Rudolf entra nell’abitacolo e gira la chiave. Il motore si mette in moto al primo colpo e contemporaneamente dall’autoradio escono urla incontrollate su un tappeto sonoro ipnotico...
“Che roba è?” fa Mattias rovistando tra le custodie delle cassette sparse sul sedile anteriore. Rudolf guarda le mani tozze di suo figlio e tace. Il ragazzo continua: “Sai pa’, pensavo che mi piacerebbe imparare a suonare uno strumento...”
“E con cosa vorresti allietarci le serate, a me e a mamma?”
“Voglio suonare la batteria... la potremmo mettere in garage, che ne dici?”
“Mmh...”
“Cosa vuol dire?”
“Non è che fa la fine del judo, del calcio, di ‘papà, mi piace fare aeromodellismo’?”
“E dài, no...”
Dall’autoradio prorompe un urlo rabbioso che fa voltare di scatto padre e figlio.
“Ma che roba è... veramente... solo tu e mamma potete ascoltare questo rumore.”
“Come che roba è? E tu saresti l’esperto di musica, quello sempre con le cuffie alle orecchie?”
“Ci sono urla e urla...”
“Non dirlo a tua madre,” fa Rudolf “questo è un brano da Ummagumma, uno dei suoi dischi preferiti.”
“È uno schifo.”
“Non peggiorare la situazione” replica il padre, parlandogli all’orecchio. “La canzone parla di come maneggiare attentamente un’ascia. Sai, quando eri nella pancia, lei ti faceva ascoltare le canzoni dei Pink Floyd. Diceva ‘altro che Mozart o Beethoven’. Io le suggerivo di andarci piano, ma niente. Invece ti ha fatto sentire queste cose qui, e insomma...”
“Cosa vuoi dire?” sorride Mattias. “E tu? Che musica ascoltavi?”
“Be’, io amavo gli Stooges e robe del genere, sono meno intellettuale di tua madre. Poi sono stato folgorato dal punk...”
“Meglio tu della mamma, se devo scegliere, anche se il punk ha tre accordi, niente tecnica, niente abilità.”
Mentre parlano e sorridono Mattias sbircia dentro il vano del furgone. Vede il quadro e tutto il resto. Si rabbuia, ma fa finta di niente. Rudolf se ne accorge e dice: “Se vuoi ne parliamo, Mattias...”
Il ragazzo fa per andarsene, poi torna sui suoi passi e dice: “Non capisco il perché di questa...” Mattias sembra cercare la parola giusta “...pagliacciata che hai deciso di mettere su. Cioè, tu e mamma avete passato l’estate a parlare solo di questo.”
“Certo,” fa Rudolf “tu hai vissuto in una Germania diversa. Non hai idea di cosa sia stato per me avere un padre come Heinrich...”
“Il nonno è morto. Il nazismo è passato. Hai mai preso in considerazione quello che sento io? Cosa si prova ad avere un padre come te? Hai pensato che se dicessi cosa hai intenzione di fare ai miei compagni mi riderebbero dietro per tutto l’anno, l’hai considerato tuo figlio? Immagino di sì, perché tu non sei come il nonno, tu sai che vuol dire” Mattias imita la voce del padre “vivere con un padre come Heinrich...”
“Mattias, tu devi capi...”
“Ecco, dimmi invece” lo interrompe il ragazzo “cosa dovrei dire io ai miei compagni quando si saprà quello che mio padre va a fare in giro?”
“Be’, potresti dirgli la verità: che provo a riparare al torto di mio padre e di tuo nonno.”
“Io non lo so” conclude Mattias “in che mondo immagini di vivere. Più penso a questa tua idea e più credo che non servirà a niente se non a farmi fare una figura di merda.”
E si leva di torno senza che il padre possa rispondere. Cammina nel cortile, gira l’angolo. Rudolf lo sente entrare in casa e sbattere la porta. Con il pensiero lo segue nella sua camera, lo accompagna nello scegliere un disco e metterlo sul piatto.
Poi Rudolf chiude il portellone: è tutto pronto per partire.
*
Wedel è una cittadina di trentamila abitanti a una mezz’oretta di macchina da Amburgo. È domenica, lungo la strada che si apre davanti a lui non c’è anima viva in nessuno dei due sensi di marcia. Rudolf si mordicchia il labbro e tradisce un certo nervosismo. Guida lentamente, tenendo bene la destra. Procede con estrema calma, quasi che l’avvicinarsi alla destinazione lo porti a dubitare nuovamente della sua scelta.
Sente una leggera fitta alla schiena, un dolore all’articolazione destra del gomito, e gli occhi feriti dalla luce mattutina, che rimbalza dall’asfalto sul vetro e nelle sue pupille, gli danno il capogiro.
Accosta, scende un attimo, vuole prendere un po’ d’aria e respirare. Deve far passare la tensione. È normale essere agitati, si dice, gli ultimi mesi dopo la morte di suo padre sono stati terribili, ma ora c’è una possibilità che le cose cambino. Dall’autoradio escono queste parole:
I don’t wanna holiday in the sun
I wanna go to new Belsen
I wanna see some history
’Cause now I got a reasonable economy
Rudolf scruta la campagna circostante. Il sole illumina i campi incolti che si perdono alla vista. Tutta questa campagna un giorno sarà piena di uomini o bestie che siano. L’immagine lo conforta, sente l’agio di stare in un luogo che prima o poi non ci sarà più, così sale in macchina e guarda fuori dal finestrino: oltre il sole autunnale e i primi colori declinanti vede la bellezza grigia del quadro. Rudolf dà un colpo di acceleratore e riparte.
Wedel è il cuore dell’Europa, che decrepita bruca l’erba verde che adorna i cimiteri dei caduti e le fosse comuni dei campi di concentramento. L’erba altissima a Waterloo, Austerlitz, sulle splendide foreste delle Ardenne, dell’Appennino, del Monte Battaglia e di Montecassino. Il cuore di Wedel è una piazza dove Rudolf parcheggia il furgone.
Domenica è il giorno della fiera del bestiame, una delle maggiori della Germania.
L’odore pungente di sterco si mescola a quello del fieno. Wedel ci è abituata, è dal ‘600 che le mandrie attraversano le sue strade. Con il passare dei secoli questo transito si è trasformato in un commercio fiorente e si è pensato di organizzare una fiera bovina, dove i discendenti dei mandriani di un tempo chiacchierano nei bar o nella piazza tastando le bestie e accordandosi sul prezzo.
Rudolf, seduto al tavolino di un locale, osserva dalla vetrata le persone, ne studia i gesti. Rimane colpito dai bambini ?– ce ne sono molti ?– che guardano le mucche. Le toccano, le accarezzano. Non hanno quella familiarità che aveva lui con gli animali. La prima volta che si avvicinano, nota Rudolf, lo fanno timidamente, spauriti. Le mucche le hanno viste giusto alla televisione o in qualche libro, i più fortunati avranno dei giocattoli a forma di mucca.
Una famiglia, madre padre e una bambinetta sui due anni, è davanti a una mucca dal manto color crema, che bruca nel suo recinto. La bambina in braccio alla madre, una donna giovane e allegra, si sporge per accarezzare l’animale. Il padre ha in mano una Polaroid, scatta foto, e sono tutti felici. La mucca si gira e si lascia accarezzare, poi mentre la bimba gratta le narici dell’animale, ecco che la bestia tira fuori la lingua e se l’infila su per il naso. La bimba scoppia in una risata squillante come un fischio.
Rudolf si decide a passeggiare in mezzo alle persone che partecipano alla fiera. Il motivo per cui è venuto qui gli pare senza senso: è brava gente, che contratta sui prezzi, osserva il bestiame, discute dei mangimi. Alcuni mentre parlano si appoggiano alle bestie che stanno tranquille, agitano la coda per scacciare le mosche che gli ronzano intorno. Non sembrano per nulla spaventate o turbate dall’enorme quantità di esseri umani che le tocca, le palpa, le carezza.
Le vacche da latte portano in giro le loro mammelle gonfie: sono macchine, fatte...