E-Book, Italienisch, 184 Seiten
Reihe: Sotterranei
Offutt Le colline della morte
1. Auflage 2021
ISBN: 978-88-3389-319-8
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
E-Book, Italienisch, 184 Seiten
Reihe: Sotterranei
ISBN: 978-88-3389-319-8
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Un delitto senza un apparente perché, in una terra dove tutti conoscono tutti e quasi sempre, quando muore qualcuno, il motivo è fin troppo chiaro; un uomo complicato, che ama e odia le colline in cui è nato e la comunità che le popola; un'indagine difficile, nella quale sono in gioco i valori che danno un senso alla vita: la fedeltà, il rispetto, la giustizia. L'approdo definitivo di Offutt nel territorio del noir letterario. Mick Hardin, un veterano di guerra che lavora come investigatore per l'esercito, è tornato a casa, tra le colline del Kentucky, ma la sua licenza è quasi finita. La moglie sta per partorire, ma i loro rapporti sono ormai ridotti ai minimi termini. La sorella, appena nominata sceriffo, è alle prese con il suo primo caso di omicidio, ma i politici che le hanno consegnato la stella sembrano ansiosi di toglierle le indagini, per lasciarle nelle mani della polizia del capoluogo, o dell'Fbi. Credono che il loro sceriffo non sia in grado di risolvere un omicidio apparentemente senza ragione, o ci sono altri motivi, molto meno confessabili? Spetterà a Mick scoprirlo, in una corsa contro il tempo nella quale dovrà confrontarsi con il suo passato, e con un mondo che sperava di essersi lasciato alle spalle, ma che, in fondo, si è sempre portato dentro. Le colline della morte è un romanzo incentrato sul tradimento: sessuale, personale e tra clan; e sulla violenza che spesso ne consegue. Offutt ci regala un protagonista assolutamente originale, disincantato quanto a suo modo romantico, duro e fragile, laconico e onesto, destinato a restare a lungo nella memoria del lettore.
Weitere Infos & Material
2
Mick Hardin si svegliò un po’ alla volta, sentendo ogni parte del corpo separata dal resto, come se lo avessero smontato e buttato via così. Aveva dormito sdraiato sul braccio, che si era intorpidito e formicolava per le ore passate premuto contro il terreno. Spostò le gambe per accertarsi che funzionassero, poi lasciò che la sua mente andasse alla deriva. Alcuni uccelli salutavano in coro le prime luci dell’alba. Almeno non si era svegliato per un incubo. Solo per qualche uccello che non aveva ancora niente da fare.
Poco dopo si svegliò di nuovo, terribilmente assetato. Il sole era abbastanza alto da superare la linea degli alberi e fargli male agli occhi. La fatica per girarsi sulla schiena richiedeva una forza che non riuscì a trovare. Era all’aperto; aveva dormito nel bosco, e con un po’ di fortuna non troppo lontano dalla capanna del nonno. Si spostò sul fianco, si spinse in posizione seduta, e mugolò per l’atroce dolore nel cranio. Aveva la pelle del volto tesa, come se l’avessero stirata su una rastrelliera. Accanto a lui c’erano tre pietre, a formare un piccolo falò vicino a due bottiglie di whisky vuote. Meglio nel bosco che in città, si disse. Meglio sulle colline che nel deserto. Meglio in un pantano che sulla sabbia.
Lentamente si trascinò fino a una botte che serviva da cisterna all’angolo della vecchia capanna di tronchi, e con la mano tolse dalla superficie dell’acqua uno strato di insetti morti. Bevve con le mani a coppa, e l’acqua fredda gli intorpidì la bocca. Aveva letto di uno scienziato che parlava con l’acqua e poi la congelava per studiarne i cristalli, la cui struttura cambiava a seconda di cosa dicesse. Parole gentili, pronunciate con dolcezza, producevano cristalli più belli. Sembrava un’idea inverosimile, ma forse era vero. Gli esseri umani erano composti per il sessanta per cento d’acqua e lui immaginò che valesse la pena provarci. La testa, comunque, non poteva fargli più male di così. La tuffò nell’acqua e cominciò a parlare.
Quando ebbe bisogno di aria, alzò la testa e respirò a grandi boccate, poi la infilò di nuovo nella botte e continuò a parlare. Aveva passato la serata a raccontarsi storie terribili, sul suo passato, sul suo presente e sul suo futuro, disegnando un cerchio che confermava la pessima idea che aveva di sé, aumentava il bisogno dell’alcol come via di fuga, generando ulteriori paranoie. Adesso si sforzò di trovare qualcosa di più generoso da dire di sé. Mentre parlava, le bolle salivano in superficie e lui sentiva sapore di terra.
La terza volta che riprese fiato si accorse di un veicolo al limite del suo campo visivo, ma pensò di averlo solo immaginato. Quando si tolse l’acqua dagli occhi la grossa auto era ancora lì e, peggio ancora, qualcuno veniva verso di lui. Siccome al peggio non c’è mai fine, era sua sorella in uniforme da sceriffo. Come se non bastasse stava anche ridendo.
«Che vuoi?», le disse.
«Niente», disse Linda, «solo un controllo delle condizioni igieniche. A quanto pare ti lavi regolarmente. Anche se ti lavi come un gatto, avrebbe detto il nonno. Come te la passi?»
«Come se mi avessero sparato mancando il bersaglio, e poi mi avessero cacato addosso facendo centro».
«Almeno sei lucido».
Mick annuì, e bastò quel movimento a spargergli fitte di dolore per tutto il corpo. La sua testa era come un tamburo a cui avessero teso la pelle, stringendo una vite alla volta, fin quasi a strapparla. Va bene, stavolta aveva esagerato.
«Caffè», le disse. «Ne vuoi un po’?»
Entrò in casa, con l’acqua che gli colava sul torace e sulla camicia da lavoro di batista azzurra. Riempì di caffè macinato una caffettiera da quattro tazze tutta annerita, la mise sul fornello da campeggio, una semplice bombola di propano con sopra avvitato il supporto per la pentola, e accese la fiamma. Linda controllò una brocca di latta piena d’acqua per vedere se c’erano insetti.
«Questa dove l’hai riempita?», disse.
«Al pozzo del nonno».
«Quanto hai intenzione di restare qui?»
«Devo cambiarmi».
Linda annuì, con quell’unico brusco movimento del capo che usava per quasi tutti gli uomini, come aveva imparato a fare da ragazzina. Tutti avevano i loro tic, le loro abitudini. Quelle di Mick erano strane, frutto di un’infanzia passata col nonno in quella capanna, seguita da quattordici anni nell’esercito. Prima era stato nei paracadutisti, poi aveva chiesto il trasferimento nella CID, la divisione investigativa della polizia militare, dove si era occupato perlopiù di omicidi.
Linda si aggirava per la stanza principale, svogliata, come se quello spazio rendesse obsoleto il tempo e rallentasse i movimenti. Su una mensola fatta in casa e inchiodata al muro c’erano i tesori dell’infanzia di Mick: un trilobite, la penna a strisce di un allocco barrato, un rospo mummificato che aveva trovato in una grotta. Un sasso a tre strati che somigliava a un hamburger tagliato a metà. Ogni sera, quando le rimboccava le coperte, suo nonno fingeva di dargli un morso e diceva che era il suo spuntino di mezzanotte. A quel ricordo, Linda sorrise.
Dopo essere uscita, imboccò un viottolo che portava a un ponte pedonale in legno che attraversava il torrente verso la collina successiva. Da bambini lei e Mick costruivano complicate strutture con bastoni e foglie sulla riva del torrente, e se le immaginavano come una città fluviale, con una fabbrica, famiglie di gente ricca, belle strade ampie, un albergo e un cinema. Poi si sedevano sul ponte e distruggevano tutto lanciando sassi dall’alto, pieni di gioia quando facevano centro. Quel gioco era uno dei loro ricordi preferiti ma adesso, seduta lì, si rese conto che marcava una netta differenza tra lei e Mick. A lei piaceva costruire la città, mentre suo fratello si divertiva a distruggerla.
Lui la raggiunse con il caffè, e si sedettero con le gambe penzoloni dal bordo. Come sempre lui aspettò che fosse lei a parlare, sicuro che non ci sarebbe voluto molto.
«Da bambini il torrente sembrava più lontano», disse.
«Magari è il ponte che si è abbassato. A forza di tirare sassi, poi, avremo alzato il letto del torrente di mezzo metro».
«Stavo pensando proprio a quello».
«Lo so».
«Mi leggi nel pensiero?», disse lei.
«Non ho altro da fare che sedermi qui e ricordare».
«Ti piace così tanto il passato?»
«Negli ultimi tempi no», disse lui.
«Che cos’è, un effetto del DPTS?»
«Ora come ora, sono più i postumi della sbornia».
«Pensi di soffrire di stress post-traumatico?»
«Forse. Papà ne soffriva. E pure il nonno». Soffiò sul caffè e bevve un sorso. «Ma non ti preoccupare, non mostro alcun sintomo».
«Tipo?»
«Tipo dire che non ne soffro, per cominciare».
Lei gli lanciò un’occhiata, in tralice, cercando di non farsi notare benché sapesse che a lui non sfuggiva nulla, ma proprio nulla, anche coi postumi della sbornia. Quella sua sovrumana vigilanza complicava la vita a tutti, soprattutto a lui. Decise di non tirare fuori l’argomento della moglie incinta.
«Stai pensando a Peggy?», disse lui.
«E tu come cazzo fai a saperlo?»
«È logico. Ma non è per lei che sei venuta, vero?»
«No. Siccome sei così bravo a sapere le cose, dimmelo tu perché sono venuta a trovarti».
«È facile, sorellina. Sei venuta in uniforme, con l’auto di servizio, e sei rimasta ad aspettarmi. Ti serve qualcosa».
«Vaffanculo».
Mick annuì, divertito. Voleva bene a sua sorella, soprattutto per quanto le piaceva imprecare. Era stata la prima ragazza della contea a giocare a baseball nella Little League, la prima a diventare vicesceriffo, e adesso era lei lo sceriffo.
«Ho un cadavere per le mani», disse.
«Be’, seppelliscilo».
«Vogliono tenermi fuori».
«Chi vuole tenerti fuori, e da cosa?»
«Il sindaco vuole che del caso si occupi la polizia di Morehead, così gli fa gioco alle elezioni. Il giudice della contea invece ha detto che sono cinquant’anni che non si fida della nostra famiglia e vuole che le indagini le faccia la polizia di Stato. Cagate di giurisdizione. Mi fanno incazzare. Il vero motivo è che gli rode che una donna sia diventata sceriffo».
«E allora? Non decidono loro».
«No, ma loro rispondono a Conrad Knox, un pezzo grosso del carbone. Viscido come la sugna. Quando ci sono le elezioni finanzia tutti i candidati, così chiunque vinca è in debito con lui. Stamattina presto ho avuto con loro la peggiore riunione possibile. Erano come tre galletti in completi costosi. Li odio, gli uomini, quando fanno banda insieme».
«All’inferno».
Fissarono il torrente. La brezza agitava i rami del pioppo, con le sue foglie grandi come mani che mostravano i palmi al vento.
«Un omicidio come questo», disse, «da queste parti non lo abbiamo mai visto».
«Che vuoi dire, sorellina?»
«Nella contea di Rowan non si è mai trovato un cadavere senza che quasi tutti già sapessero chi era stato. Di solito un vicino, un parente, o la droga. Magari due ubriaconi che avevano discusso per un cane. Stavolta è diverso. Lei piaceva a tutti. Era pulita, non aveva nemici, non si impicciava con gli uomini sbagliati».
«Direi che è stato un uomo».
«Sono d’accordo. Tu alla CID indaghi sugli...