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E-Book, Italienisch, 280 Seiten
Levizzani Storia del mondo in 10 tempeste
1. Auflage 2025
ISBN: 979-12-5981-345-9
Verlag: Il Saggiatore
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Nebbia, uragani e grandi battaglie
E-Book, Italienisch, 280 Seiten
ISBN: 979-12-5981-345-9
Verlag: Il Saggiatore
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Pioggia, nebbia, vento, gelo, siccità. C'è un protagonista silenzioso che attraversa i millenni e influenza le sorti dell'umanità più di re, generali e rivoluzioni: è il clima, con tutti i suoi emissari atmosferici. Storia del mondo in 10 tempeste ripercorre i grandi avvenimenti del passato dall'inedita prospettiva della meteorologia, per mostrare quanto di frequente l'incontro tra uomini e destino sia stato deciso da fenomeni naturali inattesi. Napoleone aveva calcolato tutto: il perimetro della pianura di Waterloo, la disposizione dell'artiglieria, l'assalto della Guardia. L'unica incognita cui non aveva pensato fu il temporale che si scatenò nella notte tra il 17 e il 18 giugno 1815, rendendo il terreno impraticabile e costringendo l'imperatore a ritardi rivelatisi poi determinanti. A partire da episodi come questo, Vincenzo Levizzani ci guida attraverso i secoli per raccontarci le tante volte che i piani umani si sono scontrati con la furia degli elementi: dalla nebbia sfruttata da Annibale per la vittoria nella battaglia del Trasimeno ai cambiamenti climatici che spinsero i cosiddetti «barbari» a emigrare, contribuendo alla caduta dell'Impero romano; dalle nevicate che influenzarono l'esito della guerra delle Due Rose al tornado che giocò un ruolo chiave nella guerra d'Indipendenza americana; dall'anticiclone responsabile della carestia che scatenò la Rivoluzione francese alle osservazioni delle nubi che condannarono Hiroshima e Nagasaki a diventare i bersagli della bomba atomica. In queste pagine, Vincenzo Levizzani mostra come il tempo atmosferico abbia da sempre agito da regista invisibile dei grandi eventi e come continui a farlo ancora oggi, impattando sulle nostre abitudini, sull'economia e sulla cultura. Un'opera che è anche una riflessione su ambizione e umiltà: perché spesso quando ci illudiamo di stringere le redini della Storia, nel nostro pugno c'è in realtà solo una goccia di pioggia.
Autoren/Hrsg.
Weitere Infos & Material
2. L’acquazzone che sconfisse Napoleone
Come pioggia e vento hanno determinato
le grandi battaglie
La storia si è spesso fatta attraverso grandi battaglie che hanno visto gli eserciti combattersi all’ultimo sangue e che prevedevano l’impiego di strategie molto sofisticate. Gli strateghi militari hanno prodotto celeberrimi trattati sull’argomento. Si pensi, per esempio, all’Arte della guerra di Sun Tzu e al trattato Della guerra di Carl von Clausewitz. Questi libri sono così famosi che sono conosciuti anche al di fuori della ristretta cerchia dei militari che li studiano nelle accademie di tutto il mondo. La guerra, infatti, è strategia e chi sbaglia strategia va molto spesso incontro alla disfatta. È opportuno chiedersi, tuttavia, se vi sia una parte di responsabilità per le sconfitte (o per le vittorie) che non sia ascrivibile ai generali e alle truppe. È possibile rintracciare parte di questa responsabilità nelle variazioni del tempo atmosferico? Cerchiamo di capirci di più e ne vedremo delle belle.
Per mare: la battaglia di Salamina
Iniziamo con uno scontro navale che ha significato molto per la libertà delle città greche assediate dall’Impero achemenide (meglio conosciuto come Impero persiano). Siamo nel settembre del 480 a.C. ed è in corso la Seconda guerra persiana. È appena trascorsa l’estate che aveva visto un esercito greco di circa settemila uomini marciare verso nord e rallentare l’imponente esercito nemico nello stretto passaggio delle Termopili sotto la guida di Leonida. La sconfitta è stata sanguinosa e ha imposto una ritirata anche alla flotta che stava combattendo a Capo Artemisio sotto la guida di Temistocle, che ha subito parecchie perdite. I persiani hanno invaso la Beozia e sono entrati ad Atene nel frattempo evacuata. La situazione, in sostanza, è molto critica e re Serse i sembra avere davanti a sé una sicura vittoria e la strada aperta per la Grecia centrale. Questo è il quadro che ci si presenta davanti il 23 settembre.
Secondo Erodoto, Serse aveva a disposizione un enorme esercito composto da due milioni di uomini. Studi recenti hanno molto ridimensionato questo numero portandolo a circa duecentomila soldati imbarcati sulla flotta di supporto, costituita da triremi, navi ausiliarie e trasporti. La flotta di invasione era composta da numerose navi persiane, rinforzate dai loro alleati egizi, fenici di Sidone, Tiro e Arade, e greci della Ionia. Gli elleni erano invece in grado di poter schierare circa diecimila opliti di Sparta, circa ottomila da Atene, e un numero minore di soldati provenienti dalle altre città alleate. I greci, però, potevano contare su una potente e meglio addestrata flotta navale, messa insieme dall’ateniese Temistocle, che si rivelò l’arma vincente.
L’esercito ellenico era schierato sull’Istmo di Corinto per difendere strenuamente il Peloponneso. I persiani avrebbero potuto aggirare l’istmo accerchiando in questo modo i greci. Temistocle decise tuttavia di rimanere a Salamina e ingaggiare un combattimento navale nelle acque prospicienti l’isola. Serse di certo capì la manovra, ma sperò ugualmente di rompere la compattezza delle forze di Temistocle. Questo era l’errore che lo stratega ateniese attendeva. Perché?
Gli spazi nelle acque di Salamina erano molto limitati e gli specchi d’acqua ristretti non permettevano alle grandi triremi persiane di manovrare agilmente. I greci conoscevano molto bene la meteorologia del loro mare di casa. Erano inoltre addestrati a mettere in atto una strategia di battaglia navale molto veloce e astuta, il diekplous (Figura 23), che consisteva nel penetrare velocemente nello spazio tra le navi nemiche per rompere il maggior numero possibile dei loro remi. L’avversario veniva così immobilizzato e le navi greche effettuavano un’inversione di rotta (il periplo) per passare all’abbordaggio. Naturalmente era richiesta una grande precisione e un’estrema velocità di esecuzione di manovra, nonché una forte dose di coraggio.
Figura 23 Il diekplous, la tattica di battaglia della flotta ellenica (rosso) nei confronti della flotta persiana (blu). Schema di pubblico dominio su web.
Figura 24 La disposizione in campo delle forze navali durante la battaglia di Salamina.
E la meteorologia? La tattica appena descritta richiedeva, tra le altre cose, uno specchio di mare adatto alle necessità e condizioni meteorologiche favorevoli. La formazione persiana si fece attirare nello Stretto di Salamina pensando che i greci si stessero disgregando. Invece, si trovarono di fronte la flotta ellenica con le navi ateniesi a sinistra, quelle spartane a destra, e le altre navi alleate al centro. I greci attirarono il nemico negli stretti sempre più angusti (lo si vede bene in Figura 24), guadagnando tempo per ottenere il favore del vento del mattino e della marea. Si spiega così quanto sia stata fondamentale la conoscenza delle condizioni meteorologiche! Le triremi greche presero velocità e invertirono velocemente la rotta, attaccando la prima linea delle navi persiane che, sorprese dalla manovra, furono spinte verso la seconda e terza linea, causando la rottura della formazione. Il vento aveva combattuto al fianco dei greci.
Le pesanti navi persiane si trovarono bloccate nelle loro manovre contro le agili navi greche sospinte dal vento. L’ammiraglio persiano Ariabignes, fratello maggiore di Serse, fu ucciso all’inizio dei combattimenti, lasciando gli alleati Fenici senza guida tattica, il che indusse questi ultimi a rompere lo schieramento e a darsi alla fuga. Gli ateniesi si inserirono così nella breccia che si era creata e spezzarono in due la flotta di Serse. Seguì la diserzione da parte dei greci ionici alleati dei persiani con la conseguente ritirata della flotta persiana verso la baia del Phalerum, inseguita e colpita dalle triremi greche. La battaglia era vinta e il corso della storia era cambiato anche grazie al vento dell’Egeo che Temistocle, evidentemente, conosceva molto bene. Possiamo quindi sostenere che fu il vento a determinare l’epilogo favorevole per i greci in battaglia? No, furono l’abilità di Temistocle e la sua preveggenza: non dimentichiamo che fu grazie a lui che Atene costruì una flotta di cento triremi che si rivelò fondamentale contro Serse i. Plutarco, infatti, riconosce a Temistocle (Figura 25) di essere stato «l’uomo che più di tutti ha contribuito alla salvezza della Grecia» dalla minaccia persiana. A ciò aggiungiamo la scarsa conoscenza dei territori e della loro meteorologia da parte persiana. Tuttavia, il vento ha fatto la sua parte, non ci sono dubbi.
Figura 25 Busto in marmo di Temistocle, politico e generale ateniese. Musei Vaticani, Città del Vaticano.
Per terra: la battaglia di Waterloo
Facciamo un lungo salto temporale in avanti nei secoli per occuparci di un’altra famosissima battaglia che avrebbe cambiato anch’essa le sorti del mondo di allora. Napoleone venne sconfitto a Waterloo, nell’attuale Belgio, e qui terminò la sua parabola di potere una volta per tutte, con il successivo esilio sull’isola di Sant’Elena. Fu una delle più aspre e sanguinose battaglie delle guerre napoleoniche ed ebbe luogo il 18 giugno 1815 durante la guerra fra le truppe francesi di Napoleone Bonaparte e la coalizione fra gli eserciti britannico-olandese-tedesco del duca di Wellington e quello prussiano del feldmaresciallo Gebhard Leberecht von Blücher.
Analizziamo in breve lo svolgimento della battaglia. Innanzitutto, consideriamo che la vittoria della coalizione antinapoleonica non era affatto scontata. Due giorni prima di Waterloo i francesi avevano sconfitto i prussiani nella battaglia di Ligny. Wellington, informato del fatto che von Blücher era riuscito a riorganizzare il suo esercito e sembrava intenzionato a marciare in suo aiuto, decise di rischiare una battaglia contro le forze di Napoleone. I britannici si schierarono in assetto di difesa lungo la scarpata di Mont-Saint-Jean, vicino alla strada per Bruxelles, attendendo l’arrivo dei prussiani. Napoleone sferrò una serie di sanguinosi attacchi contro le linee britanniche a partire dalle ore 11.30 del mattino (Figura 26) e nel tardo pomeriggio sembrò vicino alla vittoria. Il nemico però resistette e i prussiani arrivarono in massa decidendo alla fine le sorti della battaglia. Fin qui le considerazioni tattiche e strategiche sul campo di battaglia. È tutto? Ovviamente la risposta è negativa.
Figura 26 Henri Félix Emmanuel Philippoteaux (1815-1884), La battaglia di Waterloo: i quadrati della fanteria inglese resistono alla carica dei corazzieri francesi, 1874, Victoria and Albert Museum, Londra.
Figura 27 Il campo di battaglia di Waterloo visto dalla posizione del duca di Wellington.
Innanzitutto, com’era il campo di battaglia? Lo vediamo in Figura 27. L’area è abbastanza piatta e uniforme e misura circa 5 chilometri da est a ovest e meno di 2,5 chilometri da nord a sud. Notiamo, però, che una piccola, all’apparenza insignificante, collinetta separa trasversalmente i due eserciti: essa rappresenterà un elemento geografico fondamentale per l’andamento della battaglia. Il luogo, comunque, è relativamente angusto per le manovre di eserciti separati da appena 800 metri,...