Laroui | La vecchia signora del riad | E-Book | sack.de
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E-Book, Italienisch, Band 64, 163 Seiten

Reihe: formelunghe

Laroui La vecchia signora del riad


1. Auflage 2025
ISBN: 978-88-6110-277-4
Verlag: Del Vecchio Editore
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

E-Book, Italienisch, Band 64, 163 Seiten

Reihe: formelunghe

ISBN: 978-88-6110-277-4
Verlag: Del Vecchio Editore
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark



È possibile condividere il proprio mondo con qualcuno che viene percepito come completamente estraneo? Questa è la domanda che Fouad Laroui si pone nel raccontare la tragicomica storia di François e Cécile, coppia benestante, progressista e liberale, che assecondando un capriccio e inseguendo una imprecisata voglia di libertà lascia di punto in bianco la propria vita parigina per trasferirsi a Marrakech. Costantemente destabilizzati tra cliché e stupore i due 'francesi di Francia' riescono, non senza qualche complicazione, a prendere possesso di un riad apparentemente perfetto, una dimora da sogno completamente in linea con le aspettative della coppia. Quando i due sembrano finalmente pronti ad esplorare l'idilliaca nuova vita, di nuovo si imbattono nell'inatteso: una silenziosa e coriacea vecchia signora che occupa, senza alcuna intenzione di andarsene, una stanza del loro riad. La convivenza forzata che costringerà la coppia a confrontarsi con il proprio progressismo di maniera, saprà stimolare il dialogo tra i due mondi? Con la sua mirabile leggerezza, attraverso le storie dei protagonisti, Laroui ci porta indietro nel tempo a scoprire la complessa storia dei rapporti tra Francia e Marocco, ma non si limita a questo: la sua sapiente ironia ci immerge in un mondo in continua ibridazione in cui ogni personaggio non è solo portatore di istanze personali, ma è anche creatore di mondi unici, poeticamente generati attraverso linguaggi peculiari, frutto di innumerevoli contaminazioni. Le molte lingue di questo romanzo accompagnano il lettore in un viaggio lungo il quale l'idea di un pensiero dominante entra in crisi per cedere il passo alla complessità e il potere è irriso con una sagacia tale da renderne evidente l'inadeguatezza.

Nato nel 1958 a Oujida, da una famiglia originaria di El Jadida, Fouad Laroui vive ad Amsterdam. Dopo gli studi secondari al Lycée Lyautey di Casablanca, è ammesso alla École Nationale des Pants et Chaussées, in Francia, dove si laurea in ingegneria. Vive un'esperienza lavorativa in una fabbrica di fosfati in Marocco e successivamente si trasferisce nel Regno Unito per completare gli studi. Conseguito un Dottorato in scienze economiche, si stabilisce ad Amsterdam, dove inizia a insegnare Econometria all'università, e, in seguito, Scienze ambientali. Parallelamente si dedica alla scrittura. È stato cronista letterario del settimanale «Jeune Afrique», della rivista «Économia» e della radio marocchina Médi. La sua produzione letteraria plurilingue comprende racconti, saggi, poesie. Oggi insegna Storia e Critica della letteratura all'università di Amsterdam. Tra le sue opere, la raccolta di racconti L'esteta radicale si è aggiudicata in Italia il Premio Alziator. Nel 2013 Laroui ha vinto il Prix Goncourt de la nouvelle per L'Étrange affaire du pantalon de Dassoukine, nel 2014 la Grande Médaille de la Francophonie de l'Académie Française per la sua opera e in seguito il Grand Prix Jean-Giono per il romanzo Le tribolazioni dell'ultimo Sijilmassi. Questo è il quarto libro dell'autore pubblicato da Del Vecchio Editore.
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1

E SE…

– E se ci comprassimo un riad?

Quasi infantile, la voce di François – pur con un che di serio nella grana, come di fondo, come una piccola nota ostinata di continuo, un qualcosa che sa di ossessione (di già?), di sfida o di speranza, di speranza che non osa sperare…

Insiste, piantato davanti alla moglie:

– Eh? Di’ un po’, se ci comprassimo un riad a Marrakech?

Cécile non si degna nemmeno di alzare gli occhi dal libro. Rannicchiata nella vecchia poltrona di pelle logora, aggrotta leggermente le sopracciglia per avvertire François che non è dell’umore… davvero, no, non è dell’umore per partecipare alla conversazione ormai di rito, tanto sconclusionata quanto inutile… (vede una sarabanda di aggettivi piroettare sulla pagina), conversazione che lui ha il dono di cominciare ogni sera, subito dopo il telegiornale delle 20, mentre aspettano il film sul secondo canale o il documentario di Arte… o altro (“perché guardiamo così tanto la TV?” chiederà lei di lì a poco, per la centesima, la millesima volta…).

François, sognatore insoddisfatto e teledipendente…

L’interruzione pubblicitaria, durante la quale toglieva l’audio con aria vagamente disgustata (“che lavaggio del cervello!”), gli faceva spesso venir voglia di smammarsela (“come diceva mio padre”), di andarsene molto lontano; ma si limitava a far su e giù per il salone, agitato, divorato da falsi tic che si inventava per avvalorare la propria tesi, quasi ci volesse almeno un altro continente per farli sparire, ergendosi in tutto il suo metro e novanta, a rischio di staccare il lampadario (o la luna, diceva Cécile – altra battuta di rito…); dopodiché si fermava, lo sguardo perso nel vuoto, e si metteva a fare progetti strabilianti ad alta voce. La Thailandia, Tuva, la pampa, il grande outback australiano…

Gli piaceva quella parola, outback: senza sapere bene cosa significasse, gli sembrava contenere una salda promessa di avventura. “Out/back in inglese vuol dire fuori/dietro! esclamava. Ti rendi conto? Vivere in un luogo che si chiama ‘fuori/dietro’! È poesia pura! È pazzesco! Ti rendi conto? Si direbbe Baudelaire, ricordi? Anywhere out of this world!” (Pronunciava zis weurld). “E quei nomi: Uluru, il parco nazionale di Kakadu…”. Sua moglie lo guardava perplessa, chiedendosi come avesse fatto a sposare uno sciroccato simile. Baudelaire a Belleville?

– Kakadu, Uluru, il mio canguru, gli aveva risposto quella volta.

Le aveva tenuto il broncio tutta la sera.

Per qualche settimana c’era stato il Montana: François aveva visto da poco L’uomo che sussurrava ai cavalli. Ah, il Montana! S’immaginò cowboy, ruvido e saggio, cowboy tipo Marlboro, ma senza sigaretta (ci sono dei limiti), di poche parole e amico del bestiame, che scrutava il cielo e leggeva le nuvole, si sputava nelle mani prima di afferrare qualsiasi corda, sognata o reale, che si trasformava allora nel più largo dei lazi. L’andatura vagamente ondeggiante… Cécile aveva posto fine a quell’infatuazione una sera, dopo il telegiornale: gli aveva preso saldamente la testa fra le mani, lo aveva guardato dritto negli occhi e gli aveva chiesto, scandendo le parole come se si stesse rivolgendo a un bambino o a un ritardato mentale:

– E secondo te cosa dovrei fare io, mandriano del mio cuore, secondo te cosa dovrei fare tutta la bloody santa giornata mentre te ne vai al galoppo nei prati insieme al tuo amico Robert Redford?

Non aveva saputo risponderle.

Il Montana era sparito fra le brume.

Non per quello François aveva smesso di percorrere il globo con il pensiero e piantar tenda nei luoghi più improbabili. Quella voglia furiosa di andare altrove (“prima che Belleville mi seppellisca”, diceva, guardando il parco oltre i tetti, con aria di rimprovero), quella voglia lo aveva colto all’improvviso, qualche anno prima. Aveva ereditato da un vecchio zio scapolo una bella somma, che si era affrettato a investire in obbligazioni e quote di partecipazione in società immobiliari, ma che da allora lo autorizzava a possedere, con l’immaginazione, arpenti di sabbia, di neve, di tundra o di savana…

Quella sera insistette più del solito.

– Di’ un po’, se ci comprassimo un riad?

Cécile sospirò, posò il libro sul tavolino dopo essersi presa la briga di fare un’orecchia alla pagina che stava leggendo, chiuse gli occhi per qualche secondo, poi si calò a malincuore nell’usuale ruolo di assassina di sogni del marito – a malincuore perché anche lei sentiva, di quando in quando, il peso della routine, dei giorni che somigliano un po’ troppo a quelli precedenti; al tempo stesso temeva anche il salto nell’ignoto che lui le proponeva regolarmente, la rottura brutale con quella routine che trovava a volte rassicurante… Con metodo iniziò a risalire alle fonti di quel nuovo ghiribizzo.

– Che cosa hai visto al telegiornale?

– No vabbè, niente…

– Sì, sì, dimmi.

– Niente… Vabbè, ehm, hanno detto che metà del governo aveva trascorso le feste di fine anno a Marrakech. Anne Sinclair ha una casa laggiù, un riad, Bernard-Henry Lévy pure, Pierre Bergé, Delon…

– E ci tieni a incontrare tutte queste persone?

– No, non è quello, lo sai bene, ma… È il reportage che mi ha sedotto…

– Ah, perché tu ti fai “sedurre” dai reportage?

– Senti, smettila di prendermi in giro, è un modo di dire. In ogni caso, hanno mostrato delle immagini di Marrakech. C’è una luminosità straordinaria…

– … la stessa, probabilmente, che si trova a Montpellier o a Tolosa…

Lui fece spallucce e continuò.

– Ti rendi conto? Sei in mezzo al deserto, cioè, insomma, in un palmeto, una sorta di oasi, e al tempo stesso vedi in lontananza la neve… le nevi eterne!

– Quelle del Kilimanjaro?

Cécile scoppiò a ridere mentre François scuoteva la testa, amareggiato.

– Ma no, stupida, quelle dell’Atlante!

Lei si mise a canticchiare:

Elles te feront un blanc manteau / où tu pourras dormir…

François le si piazzò davanti con le mani sui fianchi, le mascelle serrate.

– E se per una volta mi prendessi sul serio?

Qualcosa nel tono della sua voce fece capire a Cécile che era il caso di ammorbidirsi. Si raddrizzò e si mise seduta sulla poltrona, con fare grave.

– Ma ti prendo sempre sul serio, mio caro. Al tempo stesso, non puoi aspettarti che mi entusiasmi ogni sera alle 20.30 per delle idee che fanno plof, come diceva il povero Chirac… che invariabilmente fanno plof…

Lui alzò le braccia al cielo e lanciò una sorta di barrito.

– Capisco perché ci sono uomini che finiscono per strangolare la moglie! Sei odiosa! Tanto per cominciare, è un circolo vizioso. Le mie idee fanno plof perché mia moglie non mi… non mi a…

– Vuoi dire che non ti aiuto?

– Non mi aiuti…

– Aiutati che Dio ti aiuta?

Scoppiò a ridere e si rovesciò indietro sulla poltrona, sbattendo le gambe. François le fu addosso e le strinse le manone attorno al collo, urlando:

– Ti strozzo!

Fecero gazzarra per qualche minuto sulla poltrona, che si mise a scricchiolare pericolosamente. Poi François si tirò su in un sol colpo e andò a piazzarsi davanti alla finestra, come assumendo la guardia sul ponte di una nave immobile nella notte. Ora pioveva a dirotto. I tetti di Parigi si distinguevano appena, in lontananza. Il parco era sparito.

Cécile si alzò e andò a piazzarsi accanto al marito, senza toccarlo. Lo guardò di soppiatto e rimase colpita, aveva l’aria infelice. Come poteva passare tanto in fretta dalle risate alle lacrime e viceversa? Issandosi sulla punta dei piedi, gli mise come meglio poteva un braccio attorno alle spalle. Lui vi si accomodò piano. Gli sussurrò all’orecchio:

– Sei nel pieno della crisi dei quarant’anni, mio povero François, solo che ne hai quarantacinque, bel bambino precoce…

Lui si liberò e picchiettò piano la fronte contro il vetro.

– Ci serve altro… che cavolo, non c’è solo Drucker nella vita.

– Ma dai, non guardiamo mai Drucker.

– È come se lo facessimo. Ancora un anno di questa vita e saremo ridotti a Drucker. Ci serve altro.

– È un po’ vago.

– Qualcosa via di qui.

Vieniviadiqui?

– Un riad a Marrakech sistema tutto…

– È l’argomento peggiore che un agente immobiliare abbia mai tirato fuori… Ma, curiosamente, anche il più convincente.

Fece una breve pausa, poi:

– Ebbene, forza, facciamolo!

Si voltò verso di lei, incredulo:

– Cos’hai detto?

– Ho detto: facciamolo. Let’s do it, come dice la pubblicità.

– Sicura?

– Convinta!

Continuava a guardarla, guardingo, come se si aspettasse uno scoppio di risa, uno scherzo crudele, un gioco di parole. Lei insistette:

– Ti dico che ci sto! Dai, va bene, domani prendi appuntamento con il tuo banchiere.

Ancora incredulo, sorrise, ma puntualizzò.

– La mia consulente, vuoi dire. Mica mi riceve un pezzo grosso con tanto di sigaro alla Plantu, è una giovane donna, probabilmente diplomata...



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