Hochet | Il testamento dell'uro | E-Book | www2.sack.de
E-Book

E-Book, Italienisch, 148 Seiten

Reihe: Amazzoni

Hochet Il testamento dell'uro


1. Auflage 2019
ISBN: 978-88-6243-457-7
Verlag: Voland
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

E-Book, Italienisch, 148 Seiten

Reihe: Amazzoni

ISBN: 978-88-6243-457-7
Verlag: Voland
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark



'L'avvenire sarà preistorico.' Una giovane scrittrice accetta di andare a presentare i suoi libri a un festival letterario nel sud della Francia, dove incontra una serie di bizzarri personaggi. L'atmosfera vagamente inquietante del paese si coagula soprattutto attorno a Vincent Charnot, il sindaco, che si rivela una sorta di guru, un visionario intenzionato a lasciare un segno alla posterità dedicandosi a progetti culturali trasgressivi. A questo scopo offre alla scrittrice un incarico a dir poco strano: redigere la 'biografia' di una specie estinta da secoli, l'uro, l'animale preistorico che aveva affascinato persino i nazisti, al punto da spingerli a tentare di riportarlo in vita. Convinta dall'abile e carismatico sindaco e dagli esemplari di uro che le è stato permesso di vedere in segreto, la donna inizia a scrivere, trovandosi ben presto coinvolta in una cospirazione che si tinge sempre più di nero.

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SECONDA PARTE


11


L’incontro letterario si tiene nella stanza più grande del municipio: la sala dei matrimoni. Ci arriva il brusio del pubblico, quel rumore gradevole dei preliminari di un discorso, segno che si è attesi, che si verrà ascoltati, osservati, interrogati.

Vincent Charnot prende posto a un grande tavolo dove sono seduti gli esperti che presenterà tra poco, i cui nomi sono scritti sui cartoncini che hanno davanti – non ne conosco nessuno. Mi siedo al mio posto, al centro. La gente ci osserva con curiosità, bisbiglia, a poco a poco fa silenzio. Alla mia destra, un tipo baffuto ed emaciato. Non mi stupirebbe sentirlo parlare con un accento meridionale. Alla mia sinistra, un uomo tozzo, i capelli impomatati pettinati all’indietro, un naso particolarmente prominente, mi osserva con la coda dell’occhio. Occhio da uccello rapace. Penso che sia il grande esperto di letteratura di cui mi hanno parlato. Semplice presentimento. Non conosco molti esperti di letteratura contemporanea.

Charnot prende la parola.

“È un momento importante per il comune, un avvenimento culturale prezioso che potrà renderci più uniti e solidali. Non è solo uno scambio di idee tra cittadini di Marnas, ma una riflessione sulla comunione tra l’uomo e la natura. Siamo qui riuniti per evocare attraverso la letteratura la nostra parentela con l’animale. Molti di noi sono cacciatori, ce ne sono diversi qui, ne riconosco alcuni (sorrisi di complicità indirizzati a qualcuno), d’altronde credo che siamo tutti un po’ cacciatori, siamo fedeli alle nostre tradizioni, amiamo la natura, partecipiamo al suo equilibrio eliminando qualche individuo tra le specie prolifiche. E amiamo i nostri cani. Cosa c’è di più bello di un cane che rincorre un cervo nei colori autunnali della foresta?” In quel momento una testa rasata risponde: “Dieci cani!” ma il sindaco non si interrompe per la battuta. “Siamo tutti riuniti oggi per consolidare il legame che ci fa amare la natura, quella passione che ci accomuna agli animali dei boschi. Abbiamo invitato una scrittrice che nei suoi libri concede un ruolo importante agli animali. Forse l’avrete già incontrata al camping del Lago dei sogni qualche giorno fa. Con nostro grande piacere torna nella nostra comunità. Magari si è innamorata della regione, ce lo dirà lei stessa. Abbiamo invitato anche esperti di letteratura, in particolare di letteratura animale; non dimentichiamo che la nostra autrice ha scritto anche un saggio notevole: Elogio della nutria. Il che darà a molti di voi l’occasione per intervenire sull’argomento. Avremo il piacere di discutere del problema delle specie nocive, a meno che questo termine non disturbi qualcuno dei presenti che potrebbe vedervi un pregiudizio antropocentrico – può l’essere umano pensare il proprio ambiente se non in funzione dei propri bisogni? L’approccio della nostra ospite rifiuta qualsivoglia concezione specista.” Alcuni nel pubblico manifestano il desiderio di commentare, ma Vincent Charnot agita la mano nella loro direzione – mi è parso di vedere il suo indice teso e le altre dita ripiegate, ma il movimento è stato troppo rapido perché ne sia sicura – e impedisce ogni intervento. “Lasciamo prima la parola ai nostri ospiti.”

Un certo Sandor Rama prende il microfono e si lancia in un discorso sulla simbologia animale nelle grandi opere letterarie, insiste sulla presenza del lupo e dell’orso nelle favole e nella mitologia germanica. Prosegue il discorso interrogandosi sulla condizione umana dalla sparizione dei grandi predatori, percepiti dall’uomo come rivali. Enumera gli autori contemporanei, così rari a partire dall’800, che rendono giustizia a questi superbi mammiferi. Alla fine l’intellettuale affronta la tematica animale come è trattata nei miei libri e, voltandosi all’improvviso verso di me: “È possibile separare l’animale nella letteratura dalla questione politica?”

Sorpresa, resto per un bel po’ senza parole. I miei romanzi indagano esattamente questo legame e ho denunciato pubblicamente le decisioni politiche nocive alla fauna. Ma tutto si confonde nella mia testa. Mi immergo nelle mie trame, ripenso a uno dei miei libri in cui imperversa un branco di cani feroci, capace di dominare le altre specie, compresa la nostra. Sì, Sandor Rama ha ragione, attribuisco un ruolo politico agli animali nei miei romanzi e rimetto l’uomo al suo posto.

Il pubblico mi ascolta con attenzione. Potrebbe approfondire? Domanda il sindaco di Marnas. Ci provo. La scrittura deve permettere di ritrovare l’animale che è in noi. Ritrovare la spiritualità che ha spinto i nostri antenati del paleolitico a dipingere immensi uri e mammut all’interno delle grotte. Qualcuno esclama “brava”. Continuo. C’è stata un’epoca in cui l’animale era la nostra divinità, abitavamo lo stesso mondo e gli veniva attribuito un posto speciale nella creazione. Quel tempo è ancora da qualche parte dentro di noi, è nascosto nella nostra memoria collettiva, come una traccia sepolta da millenni di civiltà, ma non scomparsa. È una fonte di energia, basta guardare la forza delle pitture rupestri, l’effetto che suscitano in chi le osserva. Sono capaci di alimentare l’ispirazione dei più grandi, pensate a Picasso che affermava che da allora nessuno aveva saputo fare meglio. Nel mio ultimo libro ho cercato un riavvicinamento tra noi, animali-umani e le specie che chiamiamo selvagge, nella speranza di catturare questa energia.

L’esperto che non aveva ancora preso la parola interviene. È consapevole della tematica cinegetica che attraversa l’insieme della sua produzione? Resto sorpresa per un attimo. Che attraversa “l’insieme della mia produzione”? Addirittura? Sì, insiste l’uomo emaciato, la testa inclinata di lato, in una specie di civetteria femminile, si trovano elementi come l’appostamento, l’inseguimento, la caccia e l’uccisione in ciascuno dei suoi romanzi, certo trattati in modo diverso, ma questi temi sono tutti presenti.

Uno crede di scrivere un libro che non ha niente a che fare con il precedente, ma si illude, lo riconosco. Qualcuno del pubblico alza la mano per intervenire, gli portano il microfono. Ha davvero dichiarato o scritto di voler imbalsamare gli ultimi esemplari degli animali a rischio di estinzione in modo da creare un Museo delle Specie rare o scomparse? Sì, ma preciso un aspetto importante, è un personaggio del romanzo che ha avuto questa idea, d’altra parte non ho inventato nulla visto che alcune specie scomparse sono state imbalsamate e oggi sono esposte al Museo di Storia naturale di Parigi. L’uomo esclama che si tratta di un’ottima idea, che bisogna pensare a educare le generazioni future. Una donna chiede il microfono, le sue piccole mani stringono l’oggetto con timidezza, sbatte nervosamente le palpebre prima di fare la domanda con voce dolce. Allora, dice, il protagonista del suo romanzo si chiede se alla luce delle conoscenze scientifiche attuali, la differenza tra l’”animale-umano” (noi) e la “persona-animale” (gli animali) sia giustificata, e nella sua storia scopriamo gli argomenti dei sostenitori della tassidermia animale che promuovono anche l’imbalsamazione degli esseri umani. Come è potuta scaturire una tale idea dalla sua mente? Cerco di cogliere la mia epoca e una volta compreso il tempo e la società, non resta che ipotizzare le evoluzioni possibili e immaginare i fiori sbocciare.

Sandor Rama chiede allora se una tale attività attuata in modo scientifico non sia forse un omaggio alle teorie darwiniste. In effetti è l’obiettivo che si prefiggono i personaggi del romanzo coinvolti in tale pratica, ma di certo si tratta di un darwinismo corrotto da teorie politiche. La mia risposta provoca agitazione tra il pubblico, ma nessuno vuole intervenire. L’altro esperto di letteratura di cui non riesco a leggere il nome – un nome complicato, lunghissimo, probabilmente polacco – prende la parola. Ha mai pensato che le idee esposte nei suoi libri potrebbero essere di natura divinatoria, come la premonizione di ciò che sarà la società futura? È una virtù riservata alle opere di fantascienza, ma non penso di essere dotata di antenne così sensibili come lei immagina.

Vincent Charnot sorride compiaciuto. Lo specialista insiste: scrive per idealismo? Idealizzo soltanto il mio stile. Forse non si rende conto che elabora strutture logiche che potrebbero essere di ispirazione per i suoi lettori. Guardi, credo di avere un solo potere: quello di riuscire, a volte, a divertire la gente. Dopo l’esistenzialismo, la letteratura ha smesso di credere alla sua influenza sul mondo. E magari ha smesso di averne. Sandor Rama interviene per dire che forse gli scrittori non sono le persone più indicate per valutare l’effetto che avranno i loro testi. Beaumarchais poteva mai immaginare che l’avrebbero considerato un precursore della Rivoluzione francese quando ha scritto Il barbiere di Siviglia? Le mie idee funzionano nel romanzo, sono coerenti solo in quel contesto, non sono delle proposte politiche, se pensassi una cosa simile, non avrei più il coraggio di scrivere.

Vincent Charnot, rimasto zitto fino a quel momento, all’improvviso si sente chiamato in causa dalla piega politica che ha preso la conversazione, ma lui non ha bisogno di un microfono per farsi sentire, è un tribuno. Gli scrittori sarebbero dunque bambini dalla cui bocca escono solo verità di cui non sono neppure consapevoli, come le pizie dell’antichità? Comincio a sentirmi a disagio, questo dibattito non mi piace. Non vedo l’ora che finisca. Qualcuno del pubblico si alza e sembra rivolgersi a Charnot: Quando le dirà che è l’ispiratrice...



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