Herzog / Cronin | Guida per i perplessi | E-Book | www2.sack.de
E-Book

E-Book, Italienisch, 968 Seiten

Reihe: Minimum Fax cinema

Herzog / Cronin Guida per i perplessi

Nuovi incontri alla fine del mondo
1. Auflage 2024
ISBN: 978-88-3389-594-9
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

Nuovi incontri alla fine del mondo

E-Book, Italienisch, 968 Seiten

Reihe: Minimum Fax cinema

ISBN: 978-88-3389-594-9
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark



Regista, esploratore, poeta, visionario: tutti questi tratti si fondono in una delle figure più originali e irriducibili del panorama cinematografico contemporaneo. Famoso per i suoi film «estremi», in questo generoso libro-intervista Werner Herzog ne ripercorre la genesi, la lavorazione e l'impatto su critica e pubblico. Tuttavia quel che più conta, per lui, è individuare lo strettissimo legame tra i suoi film e la sua vita, tanto stretto da far sì che i primi appaiano un naturale prolungamento della seconda. «La quantità di false dicerie e di totali menzogne che circolano in riferimento a quest'uomo e ai suoi film non ha analoghi tra gli altri registi, vivi o morti», ha scritto di lui Cronin. È in effetti difficile citare molte figure in cui biografia e leggenda si fondono in maniera così inestricabile, e questo perché - nel caso di Herzog - spesso la realtà è di gran lunga più sorprendente dell'invenzione: per girare Cuore di vetro ipnotizzò l'intero cast; per La Soufrière prese il primo aereo per raggiungere un vulcano in procinto di eruttare; per Fitzcarraldo trainò una nave fino alla cima di una montagna nella giungla. Questo libro - arricchito da nuovi contributi e aggiornato alla produzione più recente - getta luce sull'intricata rete di relazioni che lega Herzog ai suoi film e ai suoi protagonisti, offre uno spaccato sullo sguardo e le idee di un genio del cinema, e ci dona una preziosa occasione d'incontro con terre e popoli remoti. Ma soprattutto costituisce una riflessione ad oggi ineguagliata sul rapporto tra fiction e documentario, tra arte e vita, tra immaginario e realtà.

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VEEMENZA VISIONARIA


DIECI RIFLESSIONI SU WERNER HERZOG



La vita non è altro che se stessi contro il mondo.

Paul Bowles

Il sedere di pietra è proprio il contro lo spirito santo. Soltanto i pensieri hanno valore.

Friedrich Nietzsche

L’artista è una creatura guidata dai demoni. Non sa perché abbiano scelto lui e di solito è troppo occupato per chiederselo.

William Faulkner

L’unico modo per smettere di fumare è smettere di fumare.

Werner Herzog

Ho incontrato Werner Herzog la prima volta nel lussuoso salotto di un hotel elegante del centro di Londra. Abbiamo passato un paio d’ore a studiarci l’un l’altro, discutendo l’idea di una collaborazione per un libro-intervista. Sono ritornato la mattina seguente, per continuare la nostra chiacchierata a colazione. Herzog avrebbe accettato? «Tutto sommato», ha detto lentamente ma con fermezza, prima di adagiare con attenzione il suo toast cosparso di burro sul piatto, fare una pausa di mezzo minuto, bere adagio un sorso di caffè e guardarmi dritto negli occhi, «è meglio che io collabori». Un sospiro di sollievo. «Ma c’è una cosa che voglio fare mentre sono qui questa settimana».

«Dimmi pure».

«Voglio vedere una partita dell’Arsenal».

Il giorno seguente mi avventuro in un territorio sconosciuto, percorro un corridoio buio e rimedio una manciata di biglietti. Una settimana dopo mi trovo in un pub di Upton Park a bere Guinness con Werner e Lena, sua moglie, appena dopo aver visto il West Ham giocare contro i Gunners (non ricordo chi abbia vinto la partita). «Il numero 26 è un giocatore molto intelligente», osserva Werner. «Chi è?» Non so rispondere, perciò Werner si gira verso il signore corpulento, leggermente alticcio, che sta in piedi accanto a noi con i suoi amici, e ripete la domanda. «È Joe Cole», ci viene detto. «Uno dei migliori in assoluto. Ha solo diciott’anni». «Sì», conferma Werner. «È abilissimo nell’usare lo spazio intorno a sé, anche quando non ha la palla. Giocherà presto per l’Inghilterra». Ciò dimostra che Werner capisce di calcio almeno quanto capisce di cinema: non molto tempo dopo questa partita, Joe Cole ha veramente cominciato a giocare per la Nazionale.1 Passano un paio di settimane e una mattina soleggiata io e Werner siamo seduti nel soggiorno della sua modesta, ariosa casa di Los Angeles, nascosta nelle Hollywood Hills, a guardare in televisione il Bayern Monaco che gioca contro l’AC Milan. È un incontro decisivo per entrambe le squadre. La tensione è alle stelle. Werner fuma una sigaretta dopo l’altra, nervosamente, e facciamo uno spuntino a base di Doritos. Il Bayern pareggia con l’ultimo tocco della partita. Promette bene per la prima delle conversazioni che andranno a costituire questo libro.

Non è facile stabilire se quanto segue – il libro più vicino a un’autobiografia di Herzog che mai avremo – renda giustizia alla vita e al lavoro di Werner. Mi sono spesso chiesto che aspetto avrebbe assunto il libro se l’avessi intervistato ogni paio d’anni a partire dall’inizio della sua carriera (dal punto di vista pratico si tratta di una cosa impossibile, visto che sono nato un decennio dopo). Quanto diverso risulterebbe Werner su carta? Visto come funziona la memoria, le pagine che seguono sarebbero esclusivamente colme di aneddoti sulle riprese in questo o quel paesaggio invece di focalizzarsi, come fanno efficacemente in molti casi, su principi e idee perenni? La distanza che il tempo ha creato tra Herzog e il suo lavoro (alla realizzazione di sono seguiti più di cinquant’anni, sessanta film e svariati libri) determina una visione d’insieme più contemplativa?

Posso dire con sicurezza due cose. Primo, la memoria di Werner è ottima. Il suo principale lavoro da attore, e anche uno dei suoi più recenti, è stato in , sparatutto con Tom Cruise girato nel 2012 a Pittsburgh. Un pomeriggio durante la produzione Werner ha noleggiato un’auto e s’è preso del tempo per guidare svariati chilometri nella vicina campagna dove, cinquant’anni prima, aveva vissuto qualche mese. A dispetto del fatto che non fosse più stato in città dai primi anni Sessanta, e che il tragitto dal centro fosse complicato, ha immediatamente trovato la casa che cercava. «Ho riconosciuto tutto», dice Werner, «al punto che mi ha colpito una nuova rampa di scalini di cemento che girava giù verso il garage». Herb Golder, professore di studi classici all’Università di Boston e fidato consigliere per numerosi film di Herzog, ricorda una riunione di produzione per [trad. lett.: ] in un hotel di Lima. «Werner ha disegnato a memoria una mappa del territorio interessato dalla storia, un’area con la giungla più densa che si possa immaginare e che lui non aveva visto per ventisette anni, e ha indicato anche il luogo dello schianto e il fiume Pachitea, tributario del fiume Ucayali, che si dirama sinuosamente nel Sungaro e nello Shebonya e alimenta lo Yuyapichis. Quando, il giorno seguente, abbiamo comparato la mappa disegnata da Werner con una mappa reale, abbiamo scoperto che la sua ricostruzione della topografia era pressoché perfetta. Ho ancora quella sua bozza di mappa, e ogni tanto la guardo, per ché la considero un’illustrazione eloquente del senso del paesaggio e del senso dello spazio necessari per realizzare grande cinema».

Secondo, una comprensione completa dell’incoercibile Werner Herzog è possibile soltanto se uno (a) ha regolarmente dato un’occhiata all’interno della sua testa per vedere con esattezza da dove provengono le sue idee e l’ha osservato da vicino mentre fa una serie di film uno dopo l’altro (di finzione, oppure no); e (b) è stato in piedi nel suo giardino con una in mano a squadrarlo mentre lui, indossando un grembiule, cuoce una costoletta d’agnello sul barbecue, oppure ha cenato con lui e sua moglie Lena a base di zuppa siberiana di funghi mentre Fats Domino, il loro corpulento gatto, ronza intorno. Purtroppo, devo confessare che ho fatto solo una di queste due cose e devo ancora incontrare qualcuno che le abbia fatte entrambe. Ciò mi induce a formulare il mio verdetto su : è il massimo che abbiamo a disposizione.

Quando Werner Herzog dà fondo alle sue capacità, possiamo aspettarci l’inaspettato, un punto di vista scintillante e senza pari, nonché i suoi lapidari giri di parole. L’intervista qui offerta tenta di catturare la sua esaltazione per paesaggi, oggetti, libri, arte, poesia, musica, letteratura, cinema, idee e persone che ci circondano, insieme al suo passato, alle sue convinzioni e ai suoi giudizi, nella speranza che il libro susciti nel lettore quella che, per sintesi, potremmo chiamare «agitazione della mente». Se Hölderlin ha trasformato il mondo circostante in parole, Herzog ha continuamente riversato le sue esperienze in suoni e immagini. È tuttavia accidentale che il soggetto di questo libro sia un imprescindibile uomo di cinema. Ai nostri fini è più importante che egli sia un conversatore edificante e trasformativo.

1. Intuizione

Nel corso degli anni il presente libro – la cui prima edizione è apparsa nel 2002, col titolo – sembra aver contribuito in qualche misura alla costruzione del personaggio pubblico di Werner, ed è diventato una sorta di eccentrico volume di auto-aiuto. Le persone mi confidano quanto lo trovino importante e rinvigorente, una vera e propria fonte d’ispirazione (a Herzog non piace la parola, perché ritiene che lo faccia sembrare «troppo simile a un prete»). Un amico ha definito il libro «una Bibbia», mentre si è infervorata, presentandolo come «un testo indispensabile per ogni scuola di cinema del paese». Ovviamente Werner ha molto da insegnarci sul cinema. Una carriera lunga una vita vuol dire che in riferimento alle battaglie logistiche della produzione è capace di indicarci le strategie più praticabili, di mostrarci come minimizzare le nostre debolezze e far leva sui nostri punti di forza. Ma in queste pagine non si impara granché di lunghezze focali, illuminazione e struttura della storia. La spiegazione fornita da Werner della grammatica cinematografica, per esempio, non concerne dettagli sulla pellicola, sui formati di ripresa e sulle tecniche di montaggio, quanto piuttosto un commento conciso sul perché i cowboy non mangino mai la pastasciutta. Quanto segue non comprende neppure complesse analisi teoretiche, potenzialmente stimolanti per il numero sempre crescente di studiosi universitari che rivolgono i loro occhi e le loro menti alle opere di Herzog. Werner è sempre stato refrattario all’interpretazione (Hölderlin: «L’essere umano è un dio quando sogna, un mendicante quando riflette»), e sin dall’inizio sapevo perfettamente che era meglio non porgli domande del genere. Invece, con chiarezza ed eleganza, descrive il suo modo di procedere, sottolineando che qualunque indagine competente dei suoi film deve radicarsi in una comprensione di come e quando siano stati fatti, in quali condizioni, e da chi.

Durante una delle nostre ultime sessioni insieme durante la preparazione del libro, Werner ha richiamato la mia attenzione su svariati paragrafi che erano costituiti da materiali in cui lui (con ogni probabilità in momenti di debolezza) aveva offerto vaghe spiegazioni dei suoi film. Mentre lavoravamo sul manoscritto,...



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