E-Book, Italienisch, 132 Seiten
Reihe: Figure
Han La società della stanchezza
1. Auflage 2020
ISBN: 978-88-7452-783-0
Verlag: Nottetempo
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Nuova edizione ampliata
E-Book, Italienisch, 132 Seiten
Reihe: Figure
ISBN: 978-88-7452-783-0
Verlag: Nottetempo
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
'Viviamo in una particolare fase storica nella quale la stessa libertà suscita costrizioni' 'Il capolavoro di Byung-Chul Han'Slavoj ?i?ek 'La società della stanchezza ha sollevato molti interrogativi sul modo in cui oggi gli individui vivono la competizione'Antonio Gnoli, La Repubblica Rivisitando alcune categorie classiche del pensiero novecentesco, il lavoro di Byung-Chul Han si focalizza con particolare attenzione sul disagio dell'individuo tardo-moderno nella società odierna, caratterizzata dalla prestazione, dalla competizione e, soprattutto, dall'appiattimento delle contraddizioni e dal venir meno della negatività. Le analisi sviluppate nei saggi qui raccolti mettono in luce, nello specifico, come l'ossessione dell'iperattività e la tendenza sempre piú forte al multitasking arrivino a produrre disturbi di natura depressiva e nevrotica. Tali espressioni di malessere e di 'stanchezza' vengono interpretate come ovvia conseguenza dell'incapacità del soggetto di sostenere i ritmi dell'iperproduzione postcapitalistica in un contesto in cui non esiste piú un modello sociale imposto dall'Esterno, dall'Altro, ma è anzi il soggetto stesso ad averlo introiettato. Questa nuova edizione di uno dei libri piú noti del filosofo è stata arricchita con l'inserimento di un saggio sul burnout, che Han legge come coincidenza massima di autorealizzazione e autodistruzione, e di un saggio sul tempo, in cui contrappone al tempo profano dell'iperproduzione quello - sacro - della festa e del gioco.
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La violenza neuronale
Ogni epoca ha le sue malattie. Cosí, c’è stata un’epoca batterica, finita poi con l’invenzione degli antibiotici. Nonostante l’immensa paura di una pandemia influenzale, oggi non viviamo in un’epoca virale. L’abbiamo superata grazie alla tecnica immunologica. Sul piano delle possibili patologie, il XXI secolo appena cominciato non è caratterizzabile in senso batterico o virale, quanto piuttosto in senso neuronale. Malattie neuronali come la depressione, la sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD)1, il disturbo di personalità (BPD) o la sindrome da (BD) connotano il panorama delle patologie tipiche di questo secolo. Non si tratta di infezioni, piuttosto di infarti che non sono causati dalla di ciò che è immunologicamente altro, ma sono determinati da un eccesso di . Queste sindromi si sottraggono a qualsiasi tecnica immunologica che miri a respingere la negatività dell’Estraneo.
Il secolo trascorso è stato un’epoca immunologica. Un tempo in cui si presupponeva una netta distinzione tra Interno ed Esterno, amico e nemico o tra proprio ed estraneo. Anche la Guerra Fredda ha seguito questo schema immunologico. In effetti, il paradigma immunologico del secolo passato è interamente attraversato dal vocabolario della Guerra Fredda, cioè da un vero e proprio dispositivo militare. Attacco e difesa caratterizzano la prassi immunologica. In questo dispositivo immunologico, che si estende dal piano biologico al sociale fino a coinvolgerlo nella sua globalità, è implicita una forma di cecità: tutto ciò che è estraneo viene attaccato. L’obiettivo della difesa immunitaria è l’estraneità in quanto tale. Persino quando l’Estraneo non ha alcuna intenzione ostile, persino quando non costituisce un pericolo, viene eliminato in conseguenza della sua .
Negli ultimi tempi sono state formulate diverse teorie sociali che si servono dichiaratamente di modelli esplicativi immunologici. L’attualità della teoria immunologica non si può però interpretare come un segno del fatto che la società sia organizzata, oggi piú che mai, in senso immunologico. Che un paradigma venga esplicitamente innalzato a oggetto della riflessione è spesso un segno della sua decadenza. Da qualche tempo si va realizzando, senza essere percepito, un cambiamento di paradigma. La fine della Guerra Fredda è avvenuta insieme a questo cambiamento2. La società precipita oggi sempre di piú in una costellazione che si sottrae del tutto allo schema di organizzazione e reazione immunologica. Essa si contraddistingue per la scomparsa dell’ e dell’. L’alterità è la categoria fondamentale dell’immunologia. Ogni reazione immunitaria è una reazione all’alterità. Oggi, invece, al posto dell’alterità abbiamo la , che non provoca alcuna reazione immunitaria. La differenza postimmunologica, anzi postmoderna, non è piú causa di malattia. Dal punto di vista immunologico essa è l’ ()3. Alla differenza manca, per cosí dire, il pungolo dell’estraneità che provocherebbe una violenta reazione immunitaria. Anche l’estraneità si stempera in una forma di consumo. L’estraneo cede il passo all’esotico, visitato dal . Il turista o il consumatore non è piú un .
Cosí, anche Roberto Esposito basa la sua teoria dell’ su un assunto erroneo, quando afferma:
In un qualsiasi giorno degli ultimi anni è capitato che i quotidiani abbiano dato notizia, magari sulle stesse pagine, di eventi apparentemente eterogenei. Cosa hanno in comune tra loro fenomeni come la battaglia contro una nuova insorgenza epidemica, l’opposizione alla richiesta di estradizione di un capo di stato straniero accusato di violazione dei diritti umani, il rafforzamento delle barriere nei confronti dell’immigrazione clandestina e le strategie per neutralizzare l’ultimo virus dei computer? Nulla finché li si legge all’interno dei rispettivi ambiti separati della medicina, del diritto, della politica sociale e della tecnologia informatica. Le cose, tuttavia, cambiano se li si riporta a una categoria interpretativa che trova la propria specificità appunto nella capacità di tagliare trasversalmente quei linguaggi particolari riportandoli a un medesimo orizzonte di senso. Come appare fin dal titolo di questo saggio, ho individuato tale categoria in quella di “immunizzazione”. […] Nonostante la loro disomogeneità lessicale, gli avvenimenti prima richiamati risultano tutti riconducibili a una risposta protettiva nei confronti di un rischio4.
Nessuno dei fatti menzionati da Esposito dimostra che ci troviamo in un’epoca immunologica. Anche il cosiddetto “immigrato” non è piú, oggi, un in senso immunologico, un in senso enfatico, che costituisce un effettivo pericolo o del quale si debba aver paura. Gli immigrati o i profughi sono avvertiti come un peso, piú che come una minaccia. Neppure il problema dei virus informatici implica piú una grande virulenza per la società. Non è un caso allora che nella sua analisi immunologica Esposito non si riferisca a problemi attuali bensí, senza eccezioni, a oggetti del passato.
Il paradigma immunologico non è compatibile col processo di globalizzazione. L’alterità, che provocherebbe una reazione immunitaria, contrasterebbe il processo di abbattimento delle barriere (). Il mondo organizzato in senso immunologico si segnala per una specifica topologia. È caratterizzato da confini, frontiere e soglie, da recinti, fossi e muri che impediscono l’universale processo di scambio. La diffusa promiscuità che oggi abbraccia ogni ambito della vita e la mancanza di un’alterità immunologicamente attiva si implicano reciprocamente. Anche l’ibridazione che domina non solo l’attuale dibattito teoretico-culturale ma anche, piú in generale, l’odierna percezione della vita, si oppone diametralmente all’immunizzazione. L’iperestesia immunologica non tollererebbe alcuna ibridazione.
La dialettica della negatività è il tratto fondamentale dell’immunità. Ciò che è immunologicamente altro è il Negativo che irrompe nel proprio e cerca di negarlo. Il proprio soccombe a questa negatività, se a sua volta non riesce a negarla. L’autoaffermazione immunologica del proprio si compie, dunque, come negazione della negazione. Il proprio si afferma nell’Altro, negandone la negatività. Anche la profilassi immunologica, ossia la vaccinazione, segue la dialettica della negatività. Nel proprio vengono introdotti solo dei frammenti dell’Altro, cosí da provocare la reazione immunitaria. La negazione della negazione avviene in questo caso senza pericolo di vita, poiché la reazione immunitaria non si confronta con l’Altro in sé. Ci si fa volontariamente un po’ di violenza, per proteggersi da una violenza assai maggiore, che sarebbe letale. La scomparsa dell’alterità implica il vivere in un tempo povero di negatività. Le malattie neuronali del XXI secolo, a loro volta, seguono sí una dialettica ma non la dialettica della negatività, bensí quella della positività. Si tratta di stati patologici da ricondurre a un . La violenza non nasce solo dalla negatività, ma anche dalla positività, non solo dall’Altro o dall’Estraneo ma anche dall’. A questa violenza della positività allude evidentemente Baudrillard, quando scrive: “Chi vive dell’eguale, muore dell’eguale”5. Baudrillard parla anche dell’“obesità di tutti i sistemi attuali” – dei sistemi di informazione, di comunicazione e di produzione. Non esiste alcuna reazione immunitaria al grasso. Baudrillard, tuttavia, descrive il totalitarismo dell’Eguale da una prospettiva immunologica, e in ciò consiste la debolezza della sua teoria:
Non è un caso che si parli cosí tanto di immunità, anticorpi, impianti e rigetto. In tempi di povertà ci si preoccupa di assorbire e assimilare. In tempi d’abbondanza il problema consiste nel rifiuto e nell’espulsione. La comunicazione generalizzata e l’eccesso informativo minacciano tutte le umane forze di reazione.
In un sistema dominato dall’Eguale si può parlare di forza di reazione solo in senso lato. La reazione immunitaria si indirizza sempre contro un Altro o un Estraneo in senso enfatico. L’Eguale non porta alla produzione di anticorpi. In un sistema dominato dall’Eguale non ha senso potenziare le forze di reazione. Dobbiamo distinguere tra rigetto immunologico e non-immunologico. Quest’ultimo si rivolge all’, all’eccesso di positività. In esso non ha alcun ruolo la negatività. Non si tratta nemmeno di un rigetto nel senso di un’esclusione che presupponga uno spazio immunologico interiore. Il rigetto immunologico, invece, ha luogo indipendentemente dalla quantità, poiché è una reazione alla negatività dell’Altro. Il soggetto immunologico respinge l’Altro con la sua interiorità, lo persino quando è presente in minima quantità.
La violenza della positività, derivante dalla sovrapproduzione, dall’eccesso di prestazione o di comunicazione, non è piú “virale”. A essa l’immunologia non offre alcun accesso. Il rigetto che si origina dall’eccesso di positività rappresenta non una ma un’ e un . A loro volta esaurimento, affaticamento e soffocamento non sono, in rapporto all’eccesso, reazioni immunologiche. Sono tutte manifestazioni di una violenza...