E-Book, Italienisch, 144 Seiten
Reihe: Figure
Han La scomparsa dei riti
1. Auflage 2021
ISBN: 978-88-7452-923-0
Verlag: Nottetempo
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Una topologia del presente
E-Book, Italienisch, 144 Seiten
Reihe: Figure
ISBN: 978-88-7452-923-0
Verlag: Nottetempo
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
'Byung-Chul Han identifica la forma contemporanea del super-ego'Slavoj ?i?ek L'odierna ossessione per un'autenticità fondata sul narcisismo dell'Io, la costante ricerca del nuovo e dell'inedito, la bulimia consumistica dell'usa e getta che pervade ogni ambito determinano, nei rapporti e nelle pratiche che caratterizzano la società contemporanea, una sempre piú evidente e sintomatica scomparsa delle forme rituali. Tuttavia, la struttura immutabile e ripetitiva, cosí come la teatralità dei gesti e l'attenzione riservata alla 'bella apparenza', conferiscono ai riti un potere simbolico profondamente unificante. Il silenzio, il raccoglimento, il senso di sacralità necessari allo svolgimento del rito fondano un legame tra il sé e l'Esterno, tra il sé e l'Altro - i riti 'oggettivano il mondo, strutturano un rapporto con il mondo', creando una comunità anche senza comunicazione. A questa comunità senza comunicazione, propria della società rituale, Han contrappone la comunicazione senza comunità, quel 'baccano' in cui, in una società sempre piú atomizzante, il soggetto si esprime e 'si produce' ritrovandosi a girare a vuoto attorno a se stesso, privo di un mondo e di reali interazioni. Per infrangere questo cortocircuito, e all'interno di una piú ampia critica delle patologie del contemporaneo, Byung-Chul Han propone un recupero del simbolismo dei riti come pratica 'potenzialmente in grado di liberare la società dal suo narcisismo collettivo', riaprendola al senso di una vera connessione con l'Altro - e reincantando il mondo.
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Coazione all’autenticità
La società dell’autenticità è una società della performance. Ciascuno esibisce se stesso. Ciascuno produce se stesso. Ciascuno si consacra al culto, alla funzione religiosa di se stesso, fungendo da proprio sacerdote. Charles Taylor riconosce una “forza morale” al moderno culto dell’autenticità:
Essere fedele a me stesso significa essere fedele alla mia propria originalità, la quale è qualcosa che io solo posso articolare e scoprire. Nell’articolarla, io definisco altresí me stesso, realizzando una potenzialità ch’è propriamente ed esclusivamente mia. È questa l’idea che fa da sfondo al moderno ideale dell’autenticità, e agli obiettivi di un autoappagamento o autorealizzazione che ne concretano solitamente la formulazione. Ed è questo lo sfondo che conferisce forza morale alla cultura dell’autenticità, incluse le sue forme piú degradate, assurde o banalizzate1.
La costruzione della propria identità non può tuttavia limitarsi al sé, ma deve svolgersi sullo sfondo di un orizzonte di significato sociale capace di conferirgli una rilevanza che vada oltre il proprio sé:
Soltanto se esisto in un mondo in cui la Storia, o le esigenze della natura, o le necessità dei miei simili, o i doveri della cittadinanza, o l’appello di Dio, o qualcos’altro di questo genere ha un’importanza essenziale, posso definire un’identità per me che non sia banale. L’autenticità non è il nemico delle istanze che provengono dall’esterno dell’Io; essa anzi le presuppone2.
Viste cosí, l’autenticità e la comunità non si escludono a vicenda. Taylor distingue tra forma e contenuto dell’autenticità. L’autoreferenzialità riguarda solo la sua forma, intesa come autorealizzazione. Il contenuto invece, in base all’istanza di Taylor, non può essere egoistico. L’autenticità si conserva unicamente tramite l’abbozzo dell’identità che dura a prescindere dal proprio sé, cioè tramite il proprio esplicito riferimento alla comunità.
Contrariamente all’approccio di Taylor, l’autenticità si rivela ostile alla società. Per via della sua natura narcisistica, essa opera contro la costruzione stessa della comunità. Decisiva per il suo contenuto non è la relazione con la collettività o un altro ordine superiore, bensí il suo valore di mercato, che bypassa tutti gli altri valori. Cosí forma e contenuto vengono a coincidere: entrambi si riferiscono al sé. Il culto dell’autenticità sposta la questione identitaria dalla società alla singola persona, fa sí che si lavori in maniera permanente alla produzione di sé e, in tal modo, atomizza la società.
La giustificazione morale dell’autenticità offerta da Taylor lascia da parte quel sottile processo, tipico del regime neoliberista, che si contrappone all’idea della libertà come autorealizzazione trasformandola in un efficace veicolo di sfruttamento. Il regime neoliberista sfrutta la morale. Il dominio si compie nel momento in cui si spaccia per libertà. L’autenticità rappresenta una forma di produzione neoliberista. Ci si sfrutta da soli credendo di autorealizzarsi. Mediante il culto dell’autenticità, il regime neoliberista si appropria della persona e la trasforma in un sito produttivo ad altissima efficienza, cosí l’intera persona viene integrata nel processo di produzione.
Il culto dell’autenticità è un vistoso segno di decadimento del sociale:
Quando una persona viene giudicata autentica o quando di un’intera società si dice che crea problemi di autenticità, questo modo di parlare mette in rilievo quanto sia svalutato l’agire sociale mentre il contesto psicologico assume un peso sempre maggiore3.
La coazione all’autenticità porta a un’introspezione narcisistica, a un impegno costante con la propria psicologia. Anche la comunicazione viene organizzata psicologicamente. La società dell’autenticità è una società dell’intimità e della messa a nudo. Tale nudismo dell’anima le conferisce tratti pornografici. Le relazioni sociali sono tanto piú vere e autentiche quanto piú vi emergono il privato e l’intimo.
La società del XVIII secolo è ancora caratterizzata da forme di interazione rituale. Lo spazio comune equivale a un palco, a un teatro. Anche il corpo rappresenta un palcoscenico: è una bambola vestita senz’anima, senza psicologia, che va drappeggiata a dovere, messa in ghingheri, munita di segni e simboli. La parrucca incornicia il volto come un quadro. La moda stessa è teatrale, e le persone sono davvero innamorate delle rappresentazioni sceniche. Persino le acconciature femminili vengono modellate come scene, rappresentando o eventi storici (pouf à la circonstance) o sentimenti (pouf au sentiment). Tali sentimenti, tuttavia, non rispecchiano stati d’animo; con i sentimenti, prevalentemente, si gioca. Lo stesso volto diventa un palco sul quale vengono messi in scena determinati personaggi con l’aiuto di finti nei (mouches): se sistemato accanto all’occhio, significa passione; piazzato sul labbro superiore, indica la franchezza di chi lo porta. Il volto come palcoscenico è tutta un’altra cosa rispetto a quella face oggi esposta su Facebook.
Il XIX secolo scopre il lavoro, e il gioco viene visto con sempre maggior scetticismo. Si lavora, piú che giocare; il mondo è piú fabbrica che teatro. La cultura della rappresentazione teatrale cede il passo alla cultura dell’interiorità. Tale sviluppo si evidenzia anche nella moda, dove i costumi scenici e l’abbigliamento quotidiano si allontanano sempre piú gli uni dall’altro, il teatrale scompare dalla moda. L’Europa indossa abiti da lavoro:
Ci sembra difficile negare il generale moto verso un tono serio della cultura come fenomeno ottocentesco. Questa cultura è molto meno giocata di quella dei periodi precedenti. Le forme esteriori della vita non “rappresentano” piú un ideale di vita elevata come avevano rappresentato ancora al tempo dei calzoni a tre quarti, della parrucca e della spada. È quasi impossibile citare un sintomo di questa rinunzia all’elemento ludico che sia piú evidente della diminuzione di fantasia nei costumi maschili4.
Nel corso del XIX secolo i vestiti da uomo diventano sempre piú monotoni e consentono pochissime variazioni, hanno tutti l’aspetto di uniformi. La moda di una determinata società ne fa trasparire la struttura. Cosí, la crescente pornografizzazione della società prende via via forma nella moda, che oggi reca evidenti tratti pornografici: si mostrano piú le carni delle forme.
Nel contesto del culto dell’autenticità tornano di moda anche i tatuaggi. In ambito rituale essi simboleggiano il legame tra i singoli e la comunità. Nel XIX secolo, durante il quale i tatuaggi erano molto amati soprattutto dalla classe alta, il corpo era ancora una superficie proiettiva di sogni e struggimenti. Oggi ai tatuaggi manca qualsiasi potere simbolico, essi rimandano solo all’unicità di chi li sfoggia. Qui il corpo non è né palco rituale né superficie proiettiva, bensí spazio pubblicitario. L’inferno dell’Eguale neoliberista è abitato da cloni tatuati.
Il culto dell’autenticità fa erodere lo spazio pubblico, che si dissolve in spazi privati. Ciascuno porta con sé il proprio spazio, dappertutto. Nello spazio pubblico bisogna interpretare un ruolo rinunciando al privato, esso è un luogo di rappresentazioni sceniche, un teatro per il quale risulta essenziale il gioco inteso come interpretazione attoriale:
L’arte dell’attore in forma di buone maniere, convenzioni e gesti rituali è il materiale alla base delle relazioni pubbliche e da cui esse traggono il proprio significato emotivo. Il modo in cui l’arena dell’opinione pubblica viene danneggiata e distrutta dai rapporti sociali impedisce alle persone di ricorrere alle proprie capacità attoriali. I membri di una società intima diventano artisti derubati della loro stessa arte5.
Oggi il mondo non è un teatro in cui s’interpretano ruoli e vengono scambiati gesti rituali, bensí un mercato sul quale ci si mette a nudo e ci si esibisce. La rappresentazione teatrale cede il passo all’esibizione pornografica del privato.
Anche la socievolezza e la cortesia hanno un alto tasso di attorialità. Sono un gioco con la bella apparenza e per questo presuppongono una distanza scenica, teatrale. Nel nome dell’autenticità o della verità, oggi si mettono da parte, in quanto esteriori, la bella apparenza e i gesti rituali, ma questa autenticità non è altro che rozzezza e barbarie. Il culto narcisistico dell’autenticità detiene una parte di responsabilità nel crescente abbrutimento della società. Oggi viviamo in una cultura degli impulsi bestiali: laddove vengono a mancare i gesti rituali e le forme di cortesia, ecco che gli eccessi e le emozioni forti prendono il sopravvento. Anche nei social media si riduce quella distanza scenica costitutiva...