Han | Che cos'è il potere? | E-Book | sack.de
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E-Book, Italienisch, 176 Seiten

Reihe: Figure

Han Che cos'è il potere?


1. Auflage 2019
ISBN: 978-88-7452-778-6
Verlag: Nottetempo
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

E-Book, Italienisch, 176 Seiten

Reihe: Figure

ISBN: 978-88-7452-778-6
Verlag: Nottetempo
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Kopierschutz: 6 - ePub Watermark



'Non si punta al ripristino del soggetto di diritto, bensì a formare un 'soggetto d'obbedienza', mediante una correzione della condotta.' A livello teorico quello di potere è uno dei concetti piú controversi e problematici della storia del pensiero filosofico, politico, sociologico e giuridico. Il punto di partenza della riflessione di Byung-Chul Han è che esso è stato quasi sempre ridotto a una relazione causale diretta: chi detiene il potere si impone su chi lo subisce, determinandone il comportamento a prescindere dalla sua volontà. Tuttavia, secondo Han, se si sottolinea esclusivamente questa logica, si riesce a percepirne il lato violento e costrittivo, ma non si colgono le dinamiche piú nascoste e complesse mediante cui il potere agisce. Ampliando l'analisi, si può individuare proprio nella libertà il suo presupposto e comprendere che esso può essere esercitato non solo contro l'Altro, ma anche condizionandolo dall'interno, raggiungendo un grado di mediazione molto piú elevato e assumendo forme estremamente articolate - meccanismi che, negli sviluppi successivi del suo pensiero, l'autore arriva a considerare come la chiave di volta della vita sociale e politica. Attraverso una comparazione critica dei principali teorici occidentali del potere - da Luhmann a Foucault, da Nietzsche a Heidegger, Hegel, Agamben e molti altri - in questo saggio Han ne dà una lettura che punta a sgombrare il campo dalle contraddizioni e dalle miopie teoriche, privando 'il potere almeno del potere fondato sul fatto che non si sa esattamente cosa esso sia'.

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Logica del potere


Con potere (Macht) s’intende di solito la seguente relazione causale: il potere di Ego dà origine a un determinato comportamento di Alter contro la volontà di quest’ultimo. Il potere mette Ego in condizione di imporre le sue decisioni senza dover far caso ad Alter. In tal modo il potere di Ego limita la libertà di Alter, il quale subisce la volontà di Ego come qualcosa di estraneo. Questa idea diffusa del potere non rende tuttavia giustizia alla sua complessità. Il verificarsi del potere non si esaurisce nel tentativo di spezzare le resistenze o di costringere all’ubbidienza. Il potere non deve prendere la forma di una costrizione (Zwang). Il fatto che possa crearsi una volontà contraria a quella di chi detiene il potere è indice della debolezza di tale potere. Piú il potere è forte, piú agisce silenziosamente. Se deve fare espresso riferimento a se stesso, risulta già indebolito1.

Il potere non consiste nemmeno nella “neutralizzazione della volontà”2. Quest’ultima indica che, alla luce di un divario di potere a scapito di chi lo subisce, non si arriva alla formazione di un volere autonomo poiché il soggetto deve comunque sottostare alla volontà di chi detiene il potere. Cosí questi lo guida nella scelta delle possibilità di azione. Vi sono tuttavia forme di potere che si spingono anche oltre questa “neutralizzazione della volontà”. Ciò è sintomo di un potere superiore tale che chi lo subisce vuole espressamente quello che vuole il detentore del potere, quindi il sottoposto segue il volere del potente come se fosse il suo, o addirittura lo anticipa. Il sottoposto può persino elevare ciò che farebbe comunque a contenuto della volontà del potente, compiendolo con un enfatico “sí” rivolto a quest’ultimo. Cosí il medesimo contenuto di un’azione assume una forma diversa nel quadro del potere, vale a dire le azioni del potente vengono accettate o interiorizzate dal sottoposto come proprie. Il potere è quindi un fenomeno della forma. Il punto dirimente è come un’azione viene motivata. Non è il “devo comunque”, bensí il “voglio” a dimostrare che in campo vi è un potere superiore. La risposta a questo tipo di potere non è infatti un “no” interiore, ma un enfatico “sí”3. La semplice causalità non è in grado di descriverlo in maniera appropriata, poiché qui il potere non funziona come un impulso meccanico che costringe un corpo ad abbandonare la via prescelta. Opera piuttosto come un campo in cui esso si muove, per cosí dire, di sua spontanea volontà.

Il modello coercitivo non è all’altezza della complessità del potere. Il potere come costrizione si esplica nell’imposizione delle proprie decisioni contro quelle dell’Altro. Cosí facendo, il grado d’intermediazione (Vermittlung) si rivela quantomeno limitato. Ego e Alter si comportano come antagonisti. Ego non trova spazio nell’anima di Alter. L’intermediazione è invece migliore nel caso del potere che non opera contro le intenzioni dell’Altro, bensí trasuda dalle sue azioni. Un potere superiore è quello capace di plasmare il futuro dell’Altro, non quello che lo blocca. Invece di procedere contro una determinata azione di Alter, esso influenza, rielabora o prepara il campo di azione di Alter affinché questi, volontariamente, anche in assenza di sanzioni, opti per ciò che è conforme al volere di Ego. Senza alcun ricorso alla violenza (Gewalt), il potente prende posto nell’anima dell’Altro.

Il modello causale non riesce a descrivere relazioni complesse. Già la vita organica si sottrae alla relazione di causalità. Al contrario delle cose passive e senza vita, l’organismo non consente a uno stimolo esterno di esercitare un influsso su di sé senza intervenire. Anzi, reagisce allo stimolo in maniera indipendente. È questa capacità di offrire una propria risposta a una sollecitazione esterna a caratterizzare l’organico. Un oggetto senza vita non offre alcuna risposta. L’aspetto particolare della vita consiste nello smontare lo stimolo esterno, nel trasformarlo e nell’avviare un nuovo processo. Ciò che è vivo dipende sí dall’alimentazione, ma essa non è l’origine della sua vita. Se proprio si vuole parlare di origine, allora è la vita stessa ad avere il potere di rendere gli stimoli esterni origine di determinati processi organici. E questi non sono una semplice ripetizione interna dello stimolo esterno. Sono piuttosto azioni indipendenti, decisioni da parte di ciò che è vivo e che quindi reagisce in autonomia allo stimolo esterno. Tale stimolo è solo una tra le tante possibili sollecitazioni che ciò che è vivo fissa come causa e non subisce mai passivamente. Lo stimolo esterno non può sortire alcun effetto senza un intervento o una decisione interna. L’esterno non si propaga direttamente all’interno come se si trattasse di trasmissione di energia cinetica da un corpo all’altro. La categoria della causalità è ancora meno adatta a descrivere la vita intellettiva. La complessità della vita intellettiva determina la complessità del verificarsi del potere, che non si può tradurre nella relazione lineare di causa ed effetto. Essa distingue cosí il potere dalla violenza fisica, nel cui caso si può parlare di semplice causalità tra una forza, o un’energia, e il suo effetto. Il vantaggio della violenza fisica risiederebbe quindi in questa riduzione della complessità.

Il complesso fenomeno del potere non si lascia nemmeno descrivere adeguatamente per mezzo della semplice aritmetica. Un contropotere piú piccolo può infliggere danni considerevoli a quello superiore. In tal modo anche a uno sfidante debole può essere riconosciuto molto peso, quindi molto potere. Determinate configurazioni politiche possono offrire molto potere a un partito o a una nazione deboli. E le interdipendenze complesse alimentano la reciprocità del potere. Se Ego ha bisogno della collaborazione di Alter, ecco che nasce una dipendenza di Ego da Alter. Ego non può piú formulare e attuare le proprie richieste senza tenere in considerazione Alter, poiché Alter dispone della possibilità di reagire a una forzatura di Ego cessando di collaborare, il che metterebbe Ego in una situazione difficile. Per cui la dipendenza di Ego da Alter può essere percepita e usata da quest’ultimo come una fonte di potere. Anche i piú deboli possono trasformare la propria mancanza di potere in potere facendo un uso abile delle norme culturali.

Va inoltre presa in considerazione la sfaccettata dialettica del potere. Il modello di potere gerarchico, secondo cui esso s’irradia dall’alto al basso, non è dialettico. Maggiore è il potere nelle mani di chi lo detiene, maggiore è la sua dipendenza dai consigli e dalla collaborazione dei sottoposti. Certo, il potente può impartire molti ordini. Ma per via della crescente complessità, il potere fattivo passa attraverso i consulenti che gli suggeriscono gli ordini da impartire. Le numerose dipendenze di chi detiene il potere diventano fonti di potere per i sottoposti. Conducono cioè a una strutturale dispersione del potere.

L’idea che il potere escluda la libertà è dura a morire. Eppure è falsa. Il potere di Ego raggiunge il massimo proprio nella situazione in cui Alter si sottopone volontariamente alla sua volontà. Ego non s’impone su Alter. Il potere libero non è un ossimoro. Significa che Alter segue Ego in piena libertà. Chi vuole raggiungere un potere assoluto dovrà fare uso non della violenza, bensí della libertà dell’Altro. Tale potere si raggiunge nel momento in cui la libertà e la sottomissione combaciano.

Il potere che funziona mediante ordini e il potere che scaturisce dalla libertà e dalla naturalezza non sono tuttavia modelli contrapposti. Si diversificano solo all’apparenza. Portati a un livello astratto, rivelano una struttura comune. Il potere mette in condizione Ego di essere a proprio agio nell’Altro. Produce una continuità del sé. Ego realizza in Alter le proprie decisioni. In tal modo, Ego si propaga in Alter. Il potere crea spazi per Ego che gli appartengono e nei quali, malgrado la presenza dell’Altro, riesce a essere come a casa. Mette in condizione chi detiene il potere di tornare a sé nell’Altro. Questa continuità si può raggiungere sia con la costrizione, sia adoperando la libertà. Nel caso dell’obbedienza che si registra nella libertà, il continuum di Ego è piuttosto stabile. È mediato insieme ad Alter. La continuità forzata del sé è invece fragile per via di una mediazione assente. Ma in entrambi i casi il potere consente a Ego di propagarsi in Alter e di essere in lui a proprio agio. Se la trasmissione si riduce a zero, ecco che il potere fa ricorso alla violenza. La mera violenza riduce Alter in una condizione di estrema passività e assenza di libertà. Non si verifica alcuna continuità interiore tra Ego e Alter. Nei confronti di un oggetto passivo non è possibile esercitare alcun potere nel pieno senso della parola. Quindi la violenza e la libertà sono gli estremi della gamma del potere. Una crescente intensità di trasmissione genera piú libertà, cioè un maggiore senso di libertà. Ne segue che la forma esteriore del potere dipende dalla propria struttura di...



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