E-Book, Italienisch, 150 Seiten
Reihe: le GUIDE
Guasti Didattica per competenze
1. Auflage 2017
ISBN: 978-88-590-1467-6
Verlag: Edizioni Centro Studi Erickson
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Orientamenti e indicazioni pratiche
E-Book, Italienisch, 150 Seiten
Reihe: le GUIDE
ISBN: 978-88-590-1467-6
Verlag: Edizioni Centro Studi Erickson
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Lucio Guasti è stato professore ordinario di discipline pedagogiche, prima all'Università di Parma e poi all'Università Cattolica di Milano.
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Capitolo 1
La centralità dell’apprendimento
Learning/Apprendimento
Voglio iniziare la presentazione dell’argomento oggetto di questo libro richiamando il testo dell’UNESCO (Delors, 1996) dedicato al tema dell’apprendimento in vista di un futuro migliore più o meno immediato.
La riflessione affronta il tema dell’educazione distinguendo quattro finalità o, se si preferisce, quattro ambiti di intervento capaci di coprire tutte le potenzialità del soggetto in formazione: imparare a conoscere, imparare a vivere insieme, imparare a fare, imparare a essere.
L’impegno è notevole; si tratta di affrontare campi caratterizzati da contenuti rilevanti quali la conoscenza, la buona cittadinanza, l’acquisizione di abilità e competenze per il vissuto lavorativo, la padronanza di una personalità autonoma.
Ma ciò che soprattutto intendo sottolineare è il messaggio centrale che lo qualifica e che appare con molta evidenza nel titolo stesso: Learning: the treasure within. L’oggetto comunicato in tutta la sua evidenza è learning, che trova la sua migliore esplicitazione nello spazio fisico in cui è collocato: dentro al soggetto, è un tesoro tutto interno al soggetto. Il termine, infatti, andrebbe meglio tradotto con «apprendimento» piuttosto che con «educazione» così come viene fatto nell’edizione italiana.
Si può comprendere la ragione di questo orientamento dell’editore italiano, ma occorre riconoscere che l’impatto immediato non è lo stesso. Il contenuto del testo traccia un disegno dell’educazione costituito dai quattro «pilastri» sopra indicati, ma finisce per non rendere ragione del rapporto che, nella proposta culturale e educativa, il volume vuole avere.
Il testo, infatti, intende evidenziare un punto originario per favorire e realizzare tutti i processi che portano all’educazione del soggetto e questo punto viene indicato nel concetto di apprendimento, un concetto dinamico che rappresenta il motore sul quale le istituzioni educative dovrebbero far correre tutte le attività formative che mettono in atto.
L’apprendimento è il tesoro che porta all’educazione dei soggetti, di tutti i soggetti, nelle quattro aree indicate: il conoscere, il fare, il condividere con gli altri, l’essere responsabili. Queste quattro aeree compongono l’essere nella sua esistenza reale. L’apprendimento sta alla base di questo progetto, ne è, per usare una metafora della classicità filosofica, «il motore primo». È quindi il tesoro che ognuno si trova dentro e che deve essere soltanto potenziato e sviluppato.
Le conoscenze non sono innate, hanno bisogno di un contesto oggettivo di tipo culturale che le possa trasmettere e l’apprendimento ne è la condizione primaria: nessuna conoscenza precede la possibilità di apprendere, sia all’interno sia all’esterno del soggetto. L’apprendimento è pertanto la condizione dello sviluppo. Il centrare l’attenzione su questo punto significa investire sulle energie di ognuno così come esse si presentano alla vita nella certezza che tutti le possiedono e che ne possiedono anche il potenziale adeguato.
Learning to learn appare così come la linea sulla quale costruire tutto ciò che deve essere appreso dal soggetto. Nella presentazione del learning to know, cioè dell’imparare a conoscere o dell’apprendere a conoscere, si dice esattamente: «Imparare a conoscere presuppone che s’impari a imparare attraverso l’esercizio della concentrazione, della memoria e della riflessione» (Delors, 1996, p. 87).1
L’insistenza sul learning appare un richiamo fin troppo insistito, ma ha certamente il vantaggio di diventare progressivamente chiaro; la centralità del messaggio è ancora più definita: l’imparare a conoscere presuppone l’imparare a imparare o meglio «l’apprendere a conoscere presuppone l’apprendere ad apprendere».
Non c’è dubbio che l’apprendimento è sempre apprendimento di qualcosa e che quindi non è possibile pensare a un puro formalismo — seppure dinamico — e che, di conseguenza, anche l’oggetto che viene appreso ha la sua essenziale importanza nel campo dello sviluppo del soggetto e del suo stesso apprendimento. Qui però si vuole sottolineare la prima componente, quella che appare più radicale, la quale tende a spostare l’attenzione dei programmi di formazione sul vero punto focale: l’energia apprenditiva.
Si apprende ad apprendere mediante l’esercizio della concentrazione, della memoria, della riflessione. Credo che sia di nuovo utile la sottolineatura che affida a specifiche procedure il raggiungimento del risultato; la procedura più elevata, in questo primo contesto, viene indicata nella riflessione. C’è quindi un apprendimento a riflettere così come c’è un apprendimento a concentrarsi, e così via per le altre operazioni. Si introduce l’idea o la strategia dell’esercizio per ottenere il risultato, anche il più elevato: la riflessione, che è la condizione della valutazione e del giudizio. Tale capacità di raggiungere il risultato viene indicata nel paragrafo seguente, che tratta dell’apprendimento a fare, come «competenza personale» (personal competence; Delors, 1996, p. 89).
Si introduce così per tutti l’idea che la competenza è un fatto relativo alla persona e non una pura tecnica e che richiede anche la «personalizzazione dei compiti» (personalization of assignments; Delors, 1996, p. 89). Questo consente di descrivere i contenuti del campo afferente al concetto di competenza come «un misto, specifico per ciascun individuo, di abilità nel senso stretto del termine, acquisita attraverso la formazione tecnica e professionale, di comportamento sociale, di un’attitudine al lavoro di gruppo, e d’iniziativa e disponibilità ad affrontare rischi» (Delors, 1996, p. 89).2
Comincia così a delinearsi un disegno complesso riguardante il campo della competenza, soprattutto in relazione alla persona competente, cioè a chi la competenza la deve acquisire o la deve sviluppare. Essa appare sempre più come una condizione generale di personalità del soggetto anziché come una mera componente tecnica della sua attività lavorativa in qualsiasi campo questa si espliciti.
Con questo orientamento rivolto alla personalità, si intende evitare il rischio della «deumanizzazione» come risultato del cambiamento tecnico («the fear that world would be dehumanized as a result of technical change»; Delors, 1996, p. 94). Tale rischio è certamente sempre reale come, occorre aggiungere, è reale il rischio della spiritualizzazione, che è il suo versante opposto, in particolare nella sua versione volontaristica e intellettualistica. Tale rischio viene richiamato e stigmatizzato da Maritain (1970, p. 37)3 quale responsabile dei grandi disastri del Novecento ma che non sembra rappresentare un problema per i cultori della «buona e certa educazione»; il loro reale problema è solo il rischio della cultura tecnica e tecnologica, l’altro rischio non è in agenda.
Nelle raccomandazioni che vengono rivolte a tutti e che sintetizzano l’orientamento che viene proposto, si afferma che l’imparare a essere consiste nello «sviluppare la propria personalità» così da essere in grado di «agire con una crescente capacità di autonomia, di giudizio e di responsabilità personale. A tale riguardo, si aggiunge, l’educazione non deve trascurare alcun aspetto del potenziale di una persona: memoria, ragionamento, senso estetico, capacità fisiche e abilità di comunicazione» (Delors, 1996, p. 89).4
Ritengo che con questa descrizione degli elementi che devono essere considerati nel processo educativo, con la sottolineatura dello sviluppo della personalità del soggetto e con l’affermazione del criterio di competenza, si possa ritenere sufficientemente giustificata l’assunzione di questo concetto come criterio orientativo per l’attivazione di un modello di curricolo che incontri, con maggiore convinzione, le esigenze della società attuale e di quella dell’immediato futuro e anche le richieste del mondo giovanile che lo deve vivere e costruire.
La nuova cultura generale
Se il citato testo dell’UNESCO ha uno sguardo mondiale e sembra orientare un disegno dell’educazione di grande respiro, il testo a cui, di seguito, farò diretto riferimento ci introduce all’interno di una determinata cultura, quella europea, con un restringimento di campo che ha più natura politico-istituzionale che non culturale.
Il cosiddetto «Libro Bianco» curato da Edith Crésson e Pàdraic Flynn, dal titolo Insegnare e apprendere: Verso la società conoscitiva, infatti, si presenta come un’analisi culturale delle tendenze sociali finalizzata a trovare gli orientamenti adeguati a una politica dell’educazione per il futuro della costruzione della stessa comunità europea.
Da questo documento di indirizzo culturale, si possono scegliere alcuni elementi di contenuto che hanno un particolare rilievo. Innanzitutto, voglio fare un’osservazione su un aspetto semantico così come ho fatto per il testo precedente. Non vuole essere una puntigliosità linguistica, ma un’osservazione di contenuto che poi, come vedremo, avrà le sue conseguenze su altre letture di testi europei fatte in Italia.
Nel testo italiano, nella seconda parte del titolo, si legge: «Verso la società conoscitiva»; nella versione inglese si legge: «Towards the learning society»; nella versione francese si legge: «Vers la societé cognitive». La differenza da sottolineare riguarda i termini:...