E-Book, Italienisch, 227 Seiten
Reihe: Filigrana
Grobel Colazione da Truman
1. Auflage 2023
ISBN: 978-88-7521-147-9
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Incontri con Capote
E-Book, Italienisch, 227 Seiten
Reihe: Filigrana
ISBN: 978-88-7521-147-9
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
«Tutta la letteratura è pettegolezzo». Così Truman Capote, il maestro del new journalism, liquida con una delle sue abituali provocazioni antiletterarie qualsiasi visione sacrale dell'arte e dell'artista. È il Capote più irriverente quello che emerge dalle pagine di questo libro-intervista, in cui Lawrence Grobel ha raccolto due anni di incontri e conversazioni con l'autore di A sangue freddo. Capote è qui il dandy, l'esibizionista, il personaggio pubblico prima ancora che il grande scrittore: l'anticonformista per eccellenza, che può permettersi di parlare con la stessa dissacrante arguzia di Hollywood e della società letteraria newyorkese, di Jackie Kennedy e Marilyn Monroe, di Hemingway e Tennessee Williams, senza mai risparmiare se stesso, i suoi vizi, i suoi successi e fallimenti. A metà strada tra il gossip letterario e la riflessione culturale su un'epoca mitica, Colazione da Truman offre l'imperdibile ritratto del Novecento americano e dei suoi protagonisti, dalla viva voce di un testimone d'eccezione.
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Prefazione
Truman Capote ha avuto un’importanza cruciale per gli scrittori come me, perché ha ricoperto un ruolo necessario nella letteratura americana, un ruolo da cui tutti noi abbiamo tratto beneficio essendo inadatti a occuparlo noi stessi.
L’Inghilterra, che è sempre stata aperta ai più scandalosi personaggi eccentrici, regalò un palcoscenico alle sconvenienti gesta dell’irlandese Oscar Wilde, il quale divertì con le sue stravaganze il mondo intero, dai salotti letterari di Londra fino alle miniere del Colorado.
Non ho mai conosciuto il grande Jean Cocteau, artista/poeta/attore/istrione francese, ma dopo la morte dell’ineffabile Oscar Wilde, nel 1900, egli divenne l’artista onnipresente per antonomasia, l’uomo che si dilettava nell’arte di , prendere a pugni sul muso la classe media. Bizzarro nell’aspetto, esibizionista di proposito, eccessivo nel parlare e nell’agire, superbo in ogni campo da lui scelto, Jean Cocteau ricordava costantemente al mondo intero che gli artisti sono dei diversi e che il loro valore deriva in gran parte dal fatto che si comportano come gli pare e piace. Cocteau incantò, sconcertò e scandalizzò generazioni di seriosi gentiluomini francesi, inglesi e tedeschi, sempre con lo scopo di allietare il pubblico e arricchire gli amanti dell’arte o del divertimento più sfrenato. Le democrazie ipocrite e pompose devono ritenersi fortunate ad avere uomini come Jean Cocteau e Oscar Wilde alle calcagna: hanno bisogno di qualcuno che gli ricordi che gli artisti sono contrari al sentire comune, talvolta fino all’indecenza, e sostengono cause impopolari, agiscono in modi che potrebbero essere inaccettabili per altri e le loro parole possono essere impudenti. Ho sempre avuto il fondato sospetto che artisti di questo genere aiutino la società a rimanere lucida e cosciente, con i piedi per terra, e molto più civilizzata di quanto sarebbe altrimenti.
La mia generazione ha avuto tre figure di questo tipo – Norman Mailer, Gore Vidal e Truman Capote – e il loro contributo alla vita del nostro paese è stato di un valore inestimabile. Lasciate che ve lo dimostri raccontandovi quello che successe qualche anno fa nel giro di cinque giorni. Per cominciare, Norman Mailer ebbe un duro scontro con Gore Vidal a New York, ci fu una rissa letteraria pubblica che finì sulle prime pagine di tutti i giornali. Il giorno dopo John Gardner, uno scrittore degno di essere aggiunto al terribile trio, rilasciò un’intervista al in cui dichiarava senza vergogna di essere il più grande letterato di lingua inglese dai tempi di Chaucer e che autori di tutto rispetto come John Milton, Ernest Hemingway e un mucchio di altri impostori del genere non erano nient’altro che mezze cartucce. In quell’intervista c’erano così tante affermazioni di questo tenore che chiamai il per chiedere se Gardner avesse effettivamente detto quelle cose: «Sì, le ha dette, e non era ubriaco».
Poi Truman Capote arrivò dalle nostre parti per tenere una conferenza all’università ma, quando alle otto di sera salì barcollando sul palco, era sotto l’effetto di stupefacenti e iniziò a insultare gli studenti in modo piuttosto colorito. «Perché», domandò, «se volete diventare scrittori, non siete a casa a scrivere anziché accalcarvi in questa sala per ascoltare un vecchio rottame come me?» Detto questo perse l’equilibrio e crollò ai piedi del podio, da dove l’infastidito capo del dipartimento d’inglese insieme a due aiutanti trascinò via il suo corpo inerte. Fine della conferenza.
Dopo aver letto questi fatti sensazionali avvenuti in una sola settimana, dissi a mia moglie: «Mi sento come un novantenne al termine di una vita sprecata. Non sono mai stato al centro dell’attenzione. Non ho nessun diritto di definirmi uno scrittore». Ero segretamente geloso di Mailer, Vidal e Capote. Loro erano artisti e lo hanno dimostrato costantemente; inoltre ci hanno ricordato che spesso gli artisti necessitano di un particolare tipo di libertà di cui le persone normali sembrano non aver bisogno.
In confronto agli scrittori che assurgono al ruolo di personaggi pubblici, quelli come me sono paragonabili a lavoratori non sindacalizzati: traiamo beneficio dagli aumenti di stipendio ottenuti dal sindacato senza pagare la quota di iscrizione, e senza fare il lavoro sporco di scioperare o vigilare sulle file di lavoratori. Siamo dei parassiti, e lo sappiamo bene.
Ebbi il mio primo contatto indiretto con Truman Capote, scrittore che io veneravo in quanto mio esatto contrario, quando un giorno, negli uffici della Random House, Bennett Cerf irruppe nella stanza dove stavo lavorando: Cerf aveva con sé una copia di quella fantastica fotografia del giovane cerbiatto proveniente dalle piantagioni di magnolie del profondo Sud, foto in cui Capote era languidamente adagiato su una . Sotto la famosa foto dell’epicureo qualcuno aveva scarabocchiato un gioco di parole basato sul titolo del libro che aveva portato Capote al successo: .1
«Guarda cosa mi hanno mandato! Che stronzi!», sbraitò Cerf tutto agitato. Ma dopo un po’ non riuscì a trattenere le risate. «Michener, quello che ti serve è una fotografia come questa. Qualcosa che attiri l’attenzione».
In seguito, di tanto in tanto, mi capitò di incrociare Capote proprio negli uffici della Random House, ed ero presente anche quel giorno esilarante in cui si scoprì che un altro editore, tanto più grande della Random House da potersi azzardare ad avere i propri uffici in un quartiere non alla moda di New York, aveva cercato di attirare Truman promettendogli cospicue royalties sui suoi libri. Cerf ci diede la notizia traboccando di eccitazione: «Capote era tentato, devo ammetterlo. Gli avevano fatto un’offerta con cui non potevamo certo competere. Ma alla fine gli ha risposto, con la sua vocetta stridula: “Nessun giovanotto che aspiri a diventare uno scrittore serio accetterebbe di essere pubblicato da un editore i cui uffici sono situati a ovest di Fifth Avenue”».
Qualche tempo dopo Bennett Cerf si arrabbiò con me perché mi facevo vedere nei bistrò di New York col mio vecchio amico Leonard Lyons, un giornalista del che amava frequentare artisti, musicisti e scrittori. Lyons aveva pubblicamente accusato Cerf di rubacchiare stralci della sua rubrica per quelle argute antologie umoristiche che stampava regolarmente e con successo. Se volevo essere amico di Lyons non potevo esserlo di Cerf, e viceversa. Benché io e Capote fossimo i preferiti di Cerf, conobbi di persona Truman solo attraverso Lyons e, cosa ancora più importante, Lyons mi presentò una favolosa divetta/cantante/attrice/scrittrice mancata originaria delle miniere del Montana. Non aveva talento, ma era bellissima e aveva un senso dell’umorismo piuttosto pungente. Inoltre era alta quasi uno e novanta, cioè poco più di me e molto più di Truman.
Quest’ultimo è un dettaglio importante perché io e Truman uscivamo con la ragazza a turno, ed era così delizioso passare del tempo con lei che quando stava con Truman e non con me mi offendevo. Formavano una coppia fantastica, la statuaria figlia di un minatore che si librava verso il paradiso insieme al piccolo gnomo paffuto che le danzava intorno. Mi fa ancora male confessare che lei preferiva di gran lunga Truman, in parte, credo, perché sapeva che erano una coppia che non passava inosservata, e questo era importante per una ragazza che cercava di farsi strada a New York. Le piaceva anche Leonard Lyons, perché la citava nella sua rubrica piuttosto spesso, e una sera mi disse: «Leonard mi renderà la persona più in vista della città». E per un po’ di tempo Lyons la rese davvero tale, poiché lei riuscì a ottenere un importante show televisivo, e ogni volta che se ne andava a passeggio come una regina delle amazzoni, con me o Capote a rimorchio, si giravano tutti.
Era una brava ragazza, non mi parlò mai di Truman, né parlò di me a Truman, e anche se sapevamo che stava giocando con tutti e due non ce l’avevamo con lei. Io ero molto innamorato di questa ragazza, così come mezza New York d’altronde, e la studiavo con cura e con affetto, perché lei era la prima vera stella – l’ascrivevo a questa categoria benché il resto del mondo fosse piuttosto restio a considerarla tale – che avessi mai conosciuto. Perciò, quando venne pubblicato il bellissimo e una donna di New York minacciò di fare causa a Truman sostenendo che la protagonista del libro, l’ineffabile Holly Golightly, fosse ispirata a lei, io, totalmente in buona fede, mi misi a tavolino e scrissi una lettera alla Random House per difendere il mio collega. Per ragioni che appariranno subito chiare, suppongo che la lettera, che io spedii al vicepresidente dell’azienda Donald Klopfer, sia andata distrutta, tuttavia ricordo bene quello che scrissi:
Caro Donald,
non posso stare qui con le mani in mano a guardare mentre il nostro amico comune Truman Capote viene crocifisso da questa azione legale che gli pende sopra la testa. [Una metafora simpaticamente confusa.] Le accuse mosse da questa ragazza di New York sono palesemente infondate, perché posso affermare senza alcuna esitazione di sapere che Truman ha modellato Holly Golightly su una magnifica ragazza del Montana, e se si arriverà in tribunale, di sicuro lo testimonierò.
Jim Michener
Be’, neanche cinque minuti dopo che la lettera era arrivata negli...