E-Book, Italienisch, 131 Seiten
Reihe: Sírin Classica
Gogol' Due storie pietroburghesi
1. Auflage 2013
ISBN: 978-88-6243-284-9
Verlag: Voland
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
E-Book, Italienisch, 131 Seiten
Reihe: Sírin Classica
ISBN: 978-88-6243-284-9
Verlag: Voland
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
'Senza intenzione di avallare o contestare la questione nazional-popolare (il Gogol' 'ucraino' contrapposto al Gogol' 'pietroburghese', e magari tutti e due al Gogol' 'romano'), ma per una convinzione radicata su una linea critica ormai sedimentata, ritengo che questi racconti rappresentino il punto più 'alto' di quanto ci ha trasmesso il grande scrittore (naturalmente, accanto alle 'Anime morte' e al 'Revisore'). L'essenzialità del narrato vi diviene condizione per la ricchezza dell'espressività, capace di sublimare l'aneddotica in una complessa visione del mondo in cui il patetico e l'ironico (e talora il tragico e il comico) si fondono in un unicum di grande intensità...' (Cesare G. De Michelis)
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BRANDELLI DAL MEMORIALE D’UN MATTO
3 ottobre50
In data odierna è capitato un caso straordinario. La mattina mi sono alzato piuttosto tardi e quando Mavra mi ha portato gli stivali spazzolati, ho chiesto che ora fosse. Sentito che le dieci erano scoccate da un pezzo, mi sono sbrigato a vestirmi in fretta. Francamente, non ci sarei proprio andato al Dipartimento51, già sapendo la faccia acida che avrebbe fatto il nostro Capo Divisione. È ormai da un pezzo che mi dice: che c’hai, vecchio mio, sempre quel guazzabuglio in testa? Alle volte ti dimeni come un ossesso, talora imbrogli una pratica che non ci si raccapezzerebbe più manco satanasso, metti una minuscola nell’intestazione, non evidenzi la data né il numero di protocollo. Uccellaccio della malora! Si vede che è invidioso, perché lavoro nello studio privato del Direttore e faccio la punta alle penne di Sua Ecc-za. Insomma, non ci sarei proprio andato al Dipartimento, se non per la speranza d’incontrare il Tesoriere e, visto mai, di farmi dare da quel giudìo almeno un piccolo anticipo sullo stipendio. Ecco un altro bel tipo! Mai che molli quattrini in anticipo sulla mesata, Signore Dio mio, fa prima a venire il giudizio universale. Puoi implorare, crepare magari, avessi anche bisognissimo, ma lui non molla, quel vecchio diavolo canuto. Però dentro casa la cuoca lo piglia a ceffoni. Lo sanno tutti. Non capisco che tornaconto cisia ad avere il posto in un Dipartimento. Di possibilità, neanche l’ombra. In una Direzione di Governatorato, magari, nell’Amministrazione Civile o Tributaria, lì sarebbe tutt’altro affare: guarda lì, uno rintanato in un angolino che scribacchia. Col suo frac lurido e striminzito, un muso che ti vien voglia di sputarci su, ma guarda tu la villetta che s’affitta in campagna! Neanche da portargliela, una tazza di porcellana dorata: questo, dice, è un presente da dottore; mentre a lui devi offrirgli una pariglia di sauri o un calesse, o una pelliccia di castoro sui trecento rubli52. Così dimesso in apparenza, e con che garbo parla: favoritemi il temperino per appuntire la pennuccia, e lì ti ripulisce il postulante che gli resta solo la camicia. In compenso, vero, da noi il lavoro d’ufficio è di tutto rispetto, c’è ovunque una pulizia che una Direzione di Governatorato non vedrà mai e poi mai: tavoli di mogano e tutti i dirigenti che dànno del . Sì, francamente, se non fosse per la distinzione dell’ufficio, da un pezzo avrei lasciato il Dipartimento.
M’infilai la vecchia mantella e presi l’ombrello perché veniva giù una pioggerella battente. Per strada non c’era nessuno; mi capitarono sott’occhio solo delle donnette che si riparavano con i lembi della veste, poi dei russi che facevano acquisti53 sotto l’ombrello, e dei cocchieri. Di gente a modo, c’era solo un nostro collega impiegato che arrancava. Lo scorsi a un incrocio. E come lo scorsi, feci subito tra me e me: ehe! no, caro mio, tu non stai andando affatto in ufficio, tu corri dietro a quella lì che ti scappa davanti e le sbirci i piedini54. Che briccone, il nostro collega impiegato! Giuro, non è secondo a nessun ufficiale: basta che passi una qualsiasi col cappellino, che di sicuro la rimorchia. Ci stavo pensando su, quando scorsi una carrozza che s’accostava al negozio davanti al quale stavo passando. La riconobbi subito. Era la carrozza del nostro Direttore. Ma che ci andrà a fare in un negozio, ho pensato, dev’essere sua figlia. Mi sono addossato al muro. Il valletto aprì lo sportello, e lei frullò giù dalla carrozza come un uccellino. Come occhieggiò a destra e a manca, come le brillarono le ciglia e gli occhi… Signore, Iddio mio! me la sono vista brutta, proprio brutta. E cosa sarà uscita a fare, con quella pioggia. Va’ poi a sostenere che le donne non hanno una passionaccia per tutte quelle cianfrusaglie. Lei non mi riconobbe, e del resto io cercavo di imbacuccarmi apposta il più possibile; perché la mia mantella era molto sudicia e inoltre di vecchio taglio. Le mantelle, adesso, si portano con il bavero ampio, mentre i miei risvolti erano striminziti, sovrapposti; e poi il panno non era per niente ingualcibile55. La sua cagnetta, che non era riuscita a saltare dentro la porta del negozio, era rimasta per strada. La conosco, io, questa cagnetta. Si chiama Maggie. Non stavo lì neanche da un minuto, che d’un tratto sento una vocina acuta: “Salve, Maggie!” Questa, poi! e chi starà parlando? Mi guardai attorno e vidi due signore con l’ombrello che stavano passando: una anzianotta, l’altra piuttosto giovane; ma erano già andate in là, che accanto a me si sentì di nuovo: “Ti sei comportata male, Maggie!” Che diavolo! vidi Maggie che si stava snasando con la cagnolina al seguito delle due signore. Ehe! feci tra me e me, ma non sarà che sono sbronzo? Solo che mi càpita di rado, direi. “No, Fidèle, non c’è ragione che lo pensi!” e vidi io stesso che era stata Maggie a profferirlo. “Sono stata, aw, aw, aw! molto malata.” Ah, allora sei tu, cagnetta! Francamente mi sono davvero stupito a sentirla parlare in modo umano56. Ma poi, quando ho riflettuto ben bene su tutto ciò, ho smesso immediatamente di stupirmi. Invero, sono già capitati molti precedenti del genere a questo mondo. Si dice che in Inghilterra sia venuto a galla un pesce che ha pronunciato un paio di parole in una lingua così strana che da tre anni gli studiosi cercano di identificarla e finora non hanno scoperto un bel niente. Sui giornali ho letto anche di due mucche entrate in una bottega a chiedere una libbra di tè. Ma francamente mi sono stupito molto di più quando Maggie ha fatto: “Fidèle, io ti avevo scritto; probabilmente Polkan non ti ha recapitato la mia lettera!” Mi ci gioco lo stipendio! In vita mia non avevo ancora mai sentito d’un cane che sapesse scrivere57. . La faccenda mi ha stupito. Da un po’ di tempo, francamente, talvolta comincio a sentire e a vedere cose che nessuno ha ancora mai visto né sentito. Le starò dietro a questa cagnetta, mi sono detto, così verrò a sapere quel che fa e quel che pensa. Mi sono aperto l’ombrello e ho seguito le due signore. Infilarono via Gorochovaja, girarono sulla Mešcanskaja, di lì proseguirono sulla Stoljàrnaja, prendendo infine per il ponte Kokuškin e si fermarono davanti a un grande edificio. Questo edificio lo conosco, dissi tra me e me. È Casa ‘Zverkov’. Che marchingegno! E chi non ci campa: quanta gente, cuoche, forestieri! e molti del nostro giro di impiegati, uno sull’altro come cani. Ci sta anche un amico mio che suona bene la tromba58. Le signore sono salite al quarto piano. Bene, ho pensato, adesso non ci vado, ma mi segno il posto e alla prima occasione non mancherò di farne buon uso.
4 ottobre
Oggi è mercoledì e così stavo nello studio dal nostro Capo. Sono arrivato di proposito sul presto e, preso il mio posto, ho rifatto la punta a tutte le penne. Il nostro Direttore dove’essere una persona di grande intelligenza. Il suo studio è tutto arredato con scaffali pieni di libri. Di alcuni ho letto il titolo: tutta cultura, una cultura tale che il nostro collega proprio non ci arriva; tutto in francese o in tedesco. Basta guardarlo in faccia: pfuh!, la gravità che gli brilla negli occhi! Non l’ho mai sentito ancora dire una parola di troppo. Forse solo quando gli si passano delle carte, domanda: “Come fa fuori?” “Umido, Vostra Eccellenza!” No, non è certo pari al nostro collega! È un uomo di stato. E tuttavia noto che nutre affetto particolare per me. Se anche sua figlia… eh, porco cane59!… Niente, niente, sst! Mi sono messo a leggere la solita “Ape [del Nord]”. Che razza di stupidi, i francesi! Li prenderei tutti, lo giuro, e li riempirei di vergate! Ci ho letto anche il resoconto molto gradevole di un ballo, descritto da un possidente di Kursk. Non scrivono male, i possidenti di Kursk60. Dopo di che mi sono accorto che era già suonata la mezza, e il Nostro non usciva dalla sua camera da letto. Ma verso l’una e mezzo accadde un fatto che nessuna penna potrà mai descrivere. La porta si aprì, pensavo che fosse il Direttore e saltai su dalla sedia con le mie carte. Ma era lei, proprio lei! Santi del cielo, com’era vestita! il suo vestito era bianco come un cigno; pfuh, e com’era sontuoso! e come guardava: un sole! lo giuro, un sole! Riverì e disse: “Non è passato di qui papà?” Ahi, ahi, ahi! che voce! Un canarino, proprio un canarino! Vostra Eccellenza, avrei voluto dirle, non ordinate di farmi punire, ma se volete punirmi, punitemi voi con la vostra manina generalizia! Ma, al diavolo, fu come se la lingua non mi si rigirasse in bocca, e dissi solo:...