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E-Book

E-Book, Italienisch, 284 Seiten

Reihe: Saggi

Gaspari Altri fumetti

Incursioni oltre il graphic novel
1. Auflage 2024
ISBN: 978-88-6783-501-0
Verlag: ADD Editore
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

Incursioni oltre il graphic novel

E-Book, Italienisch, 284 Seiten

Reihe: Saggi

ISBN: 978-88-6783-501-0
Verlag: ADD Editore
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark



Altri fumetti e? una guida che illumina vie poco esplorate dalle lettrici e dai lettori. Le immagini parlano una lingua tutta loro che non ci e? mai stata insegnata, e non e? facile avvicinarsi ai fumetti con gli occhi davvero aperti e pronti a cogliere ogni dettaglio che le vignette nascondono. Matteo Gaspari ci guida in un nuovo territorio di attenzione, raccontandoci passati, presenti e futuri del fumetto, e la rivalsa che questo linguaggio sta vivendo grazie alla diffusione del graphic novel. Ma ci mette anche in guardia: quel formato, accentrando su di se? il discorso, rischia di portare a un appiattimento - della proposta ma ancor piu? della richiesta - verso un'autorialita? posticcia e ripetitiva. Un fiume di citazioni accompagna il tutto: videogiochi, serie tv, naturalmente fumetti di ogni tipo. Perche?, alla fine, un libro sul fumetto non puo? che essere una lunga lista di (buoni) consigli di lettura.

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ASSONANZA,
OVVERO DIRE UNA COSA E MOSTRARLA


Leggere i fumetti è un’operazione difficile. A chi è nato e cresciuto dentro questo linguaggio – e devo ammettere di non appartenere alla categoria – potrà suonare strano, ma una rapida chiacchierata, magari incalzata da qualche domanda furbetta, con una lettrice o un lettore adulti che si approccino al fumetto per la prima volta lo conferma velocemente: leggere i fumetti, leggerli , è difficile. Nel corso degli ultimi anni mi è capitato di intrattenerne molte, di queste chiacchierate, spesso con un lettorato di bibliotecarie, bibliotecari e insegnanti che, per genuino interesse o per necessità, hanno dovuto confrontarsi con questo linguaggio sconosciuto, e non di rado con lo sguardo spaesato di chi non ha la mappa per orientarsi in un sentiero mai percorso. Come sempre accade, chi non sta del tutto afferrando la materia con cui è chiamato a fare i conti cade in una di due categorie: o sospetta che ci sia troppo da capire e che quindi sia una missione impossibile, o dà per scontato che, siccome non sta capendo, allora non ci sia niente da capire.

Sono due reazioni all’apparenza antitetiche di fronte a una complessità inaspettata. La prima è simile a quella di chi, per esempio, non si raccapezza con la matematica: è del tipo “che vuoi farci”, è un “linguaggio difficile” e “alcune persone semplicemente non ce l’hanno dentro di sé”. È più consolante dirsi di non potercela fare che ammettere di non voler fare la fatica che serve. La seconda reazione riguarda un modo sbilanciato di vedere sé e il mondo, una negazione della complessità che maschera un rifiuto più profondo, quello dei nostri limiti. Tanto antiscientismo deriva da lì: “Se è (per me) troppo complesso non è un limite mio, ma dev’essere perché esiste una spiegazione più facile che mi viene tenuta nascosta”.

Quale che sia il motivo, nel caso del fumetto entrambe le risposte hanno a che fare con la spesso imprevista complessità di un linguaggio che una vulgata diffusa ha invece sempre voluto facile, immediato, decodificabile anche alla più superficiale delle letture. Se ci si approccia al fumetto aspettandosi che i disegni siano semplici facilitatori della comprensione del testo scritto e quindi senza i necessari strumenti di lettura dell’immagine, c’è poco da stupirsi che ci appaia come un linguaggio superficiale (se ci perdiamo le meraviglie e le possibilità dell’interazione tra testo e disegno) o incomprensibile (se non sappiamo decodificare quelle possibilità).

In ogni fumetto (in ogni fumetto ben fatto) testo e immagine procedono in una stretta relazione generatrice di un senso che è maggiore della somma delle parti. È un linguaggio complesso che si muove in un regime di riverbero semiotico nel quale nessuno dei due sistemi di segno che lo compongono è ancillare all’altro: parola scritta e disegno sono entrambi significanti in sé (e in quanto tali portatori in sé di significato), ma il significato complessivo del testo tutto emerge dal raffronto continuo dei due. Vale a dire dalla decodifica della loro relazione orizzontale (simultanea e a-gerarchica) più che dalla loro lettura verticale o sequenziale (che sarebbe l’estrazione di senso da una componente mentre l’altra funge da abbellimento o da chiarimento successivo). Tagliando con l’accetta le forme che questa interconnessione può assumere, potremmo dire che ci si muove grossomodo tra due estremi: da un lato la completa assonanza, dall’altro la completa dissonanza.1

Assonanti sono quei casi in cui la componente visiva e quella verbale puntano nella stessa direzione, e il senso si genera, all’apparenza in modo più lineare e di facile decodifica, per affinità invece che per contrasto, per moltiplicazione semantica invece che per frammentazione. I dialoghi nei balloon e le onomatopee sono di solito un buon esempio di assonanza: un personaggio arrabbiato dirà parole arrabbiate, un’auto che sgomma farà il rumore della sgommata. E già qui, tuttavia, ci sarebbe da prestare attenzione: alla scelta delle parole, al posizionamento dei balloon, al perché quel fucile faccia proprio «crack» invece che «bang». Ma la faccenda si complica ulteriormente quando questi elementi, che identifichiamo a ragione come testuali, sono sorretti da una dimensione visiva. L’esempio che ci viene sempre in soccorso è di David Mazzucchelli, uno dei fondamentali del fumetto contemporaneo.

Il protagonista che dà il titolo al libro è Asterios: un “architetto di carta”, un teorico dell’architettura, un professore. Uno di quei professori che a tutti capita, almeno una volta, di incontrare: antipatico, egomaniaco, prestigioso, rigido all’inverosimile nella vita privata e personale, irragionevolmente . C’è una tavola in cui in serie i suoi studenti che è un piccolo capolavoro di ritrattistica del professore stronzo. Ma è anche un piccolo capolavoro di narrazione a fumetti. Asterios cammina attraverso sei vignette che ingabbiano uno spazio unico ma che delineano un arco temporale più ampio: il nostro (anti)eroe ha un vestito diverso in ognuna, a suggerire che stiamo saltando da un giorno all’altro e, a ben vedere, non tutti gli elementi sbordano attraverso le vignette. Nella quarta non vediamo per esempio le gambe di Asterios che pure dovrebbero scendere dalla prima e, di conseguenza, anche la scarpa sotto al tavolo non appartiene allo studente in procinto di abbandonare l’università con cui si apre la tavola. È una sottilissima contrazione temporale, operata tramite ellissi invisibili a fronte della continuità dello sfondo.2

David Mazzucchelli, , Coconino Press - Fandango, 2020, p. 43.

Ma questa tavola, a uno sguardo nemmeno troppo acuto, rivela anche un altro elemento, più pertinente al nostro discorso: ogni personaggio parla con il suo stile di scrittura e con una sua forma di balloon, a rappresentarne tono di voce e carattere. Così Asterios, con tutte la sua rigidità e il suo modo quadrato di guardare il mondo, parla con dei balloon belli regolari, fatti solo di angoli retti, in un font tutto maiuscolo e ordinato. Viceversa lo studente intento a giustificarsi, «… posso spiegare il significato che sta dietro l’idea…», ha un font indeciso e incapsulato in un balloon insicuro, quasi tremolante. Qualche pagina più avanti ritroveremo Asterios a colloquio con una studentessa. Un seno le esce dalla camicetta aperta, un balloon lascivo almeno quanto è ammiccante il suo sguardo recita: «Quand’è che mi porti a cena?». Asterios finge resistenza, si immagina come Ulisse tentato dalle sirene, declina con poca convinzione. Poco alla volta i suoi balloon, così regolari, si disfano, cedono assieme alla sua volontà. Le vignette si fanno liquide. Finiranno a letto assieme. Assonanza, appunto, non solo nella scelta delle parole ma anche nel modo in cui vengono inserite nel testo.

Ma più dei dialoghi nei balloon, a essere storica portatrice di questa assonanza è la didascalia. Elemento via via più minoritario del fumetto contemporaneo per via dei rischi che comporta, perlomeno nella sua accezione classica. Il modo più basilare in cui può essere declinata ricade con estrema facilità in un regime di sequenzialità o verticalità, affievolendo la portata dell’interconnessione generativa che si diceva qualche riga fa. “Didascalico” è insomma diventato un termine negativo quando si parla di fumetto proprio perché indica l’egemonia della componente verbale su quella visiva. Componente verbale che può essere o ridondante, e quindi inutile, o prioritaria, laddove si fa carico delle mancanze della sua sorella visiva.

David Mazzucchelli, , Coconino Press - Fandango, 2020, p. 45.

Un esempio di ridondanza. Il discutibile adattamento a fumetti de di Shirley Jackson, firmato da Miles Hyman e pubblicato in Italia da Adelphi, si apre con due figuri che si incontrano nottetempo per preparare i foglietti necessari allo svolgimento della lotteria. È una sequenza muta, perlopiù buona, che setta il tono di un racconto che si discosta dall’originale. C’è silenzio, una certa aria di sacralità e forse di segretezza, solo un’automobile si muove per le strade e si ferma davanti al negozio di carbone di Joe Summers. Un calendario di quelli che hanno un foglietto per giorno, da strappare la mattina, segna il 26 giugno. I due si salutano con una formalità che amplifica la serietà rituale del momento: passeranno la notte a riempire il bussolotto di foglietti bianchi, uno per ogni abitante del paesino. Solo un foglietto sarà marchiato.

Finita l’operazione prendono giacche e cappelli e, prima di uscire, Joe aggiorna il calendario. Una vignetta per il calendario che segna il 26 giugno. Una vignetta per la mano che strappa. Una per il 27 giugno: è già domani. Giro pagina. È giorno e siamo altrove, la luce del sole filtra su un calendario simile a quello che abbiamo appena visto, già aggiornato al 27 giugno. E poi una...



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