Flasspöhler | Sensibili | E-Book | sack.de
E-Book

E-Book, Italienisch, 219 Seiten

Flasspöhler Sensibili

La suscettibilità moderna e i limiti dell'accettabile
1. Auflage 2023
ISBN: 979-12-5480-032-4
Verlag: Nottetempo
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

La suscettibilità moderna e i limiti dell'accettabile

E-Book, Italienisch, 219 Seiten

ISBN: 979-12-5480-032-4
Verlag: Nottetempo
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark



La sensibilità è una conquista civile che ha segnato la storia moderna e le sue forme relazionali e comunicative, come mostrano da diverse prospettive disciplinari le riflessioni di Hume, Freud, Elias, Valéry, Lévinas e Butler. La progressiva 'sensibilizzazione' del Sé e della società è uno sviluppo legato inestricabilmente alla genesi del soggetto moderno, e investe sempre più a fondo le dimensioni fisiche, psichiche, etiche ed estetiche del rapporto con il mondo: da qui nascono la salvaguardia delle differenze rispetto alle categorie identitarie dominanti, le distanze da tutelare e la ricerca di safe spaces protettivi. Il nodo problematico è che questa reattività, se assolutizzata, può volgere la difesa delle differenze da un piano progressivo a uno regressivo. Nell'odierna discussione pubblica movimenti come MeToo e Black Lives Matter, o questioni come linguaggio inclusivo, libertà di espressione, empatia sociale, rivendicazione dell'appartenenza a collettività vulnerabili, sono contrapposti alla suscettibilità di chi teme, sull'altro fronte, di perdere i propri privilegi, producendo interrogativi ormai inaggirabili: quali sono 'i limiti dell'accettabile'? Stiamo vivendo il punto critico di una sensibilizzazione crescente e parossistica? Si possono conciliare resilienza e sensibilità, costruendo una dialettica che eviti la polarizzazione del discorso democratico e la frammentazione sociale che ne consegue? Un libro vivace e rigoroso, di incandescente attualità.

Flasspöhler Sensibili jetzt bestellen!

Weitere Infos & Material


Introduzione



Una sensazione è soltanto una questione privata? A che punto il contatto fisico diventa una molestia? Quale grado di vicinanza è gradito e dunque lecito? E dove si stabilisce il limite del dicibile? Quale tipo di linguaggio viola la dignità umana e quale la tutela? Bisognerebbe abolire l’uso del maschile sovraesteso? La “N-word”1 è inaccettabile anche quando è usata come citazione? A chi spetta decidere nei casi di dubbio? Chi ha vissuto sulla propria pelle una violenza, verbale o fisica, è più vicino alla verità di chi non l’ha subita? La vulnerabilità è la nuova forza?

Che si parli di MeToo o di Black Lives Matter, dei dibattiti sul linguaggio inclusivo di genere, di o di libertà di opinione, che si tratti della lotta per il riconoscimento di gruppi svantaggiati o della suscettibilità di chi teme di perdere i propri privilegi, un punto resta comunque in evidenza: siamo più che mai impegnati a ridefinire i limiti dell’accettabile. Ma la discussione su questi temi si sta sempre più arenando: liberali ed egualitari, destra e sinistra, vecchi e giovani, vittime e persone non coinvolte si affrontano da posizioni opposte e inconciliabili. Da una parte si dice: ma quanto frignate, mammolette2 ipersensibili! Dall’altra si risponde: e voi non fate che insultare e ferire, le vostre parole sono macchiate di sangue!

Questo scontro frontale genera una progressiva erosione della cultura del discorso democratico e una frattura che attraversa la società ed è sempre più difficile da ricomporre.

Trovare una via d’uscita da questo stato di cose diventa una questione sempre più urgente. Propongo di fare un passo indietro, astenersi dalle polemiche e mettere a fuoco uno sviluppo inestricabilmente legato alla genesi del soggetto moderno: la progressiva sensibilizzazione del Sé e della società.


La parola “sensibile” può abbracciare varie sfumature di significato: si dice sensibile chi è suscettibile alle impressioni, ma anche ciò che è percepibile attraverso i sensi e, ancora, il termine può designare chi è particolarmente ricettivo agli stimoli esterni. Impiegato in un’accezione positiva, esso indica di solito una pronunciata capacità empatica; in senso negativo, denota l’ipersensibilità di un soggetto ancora troppo immaturo per affrontare la vita. Se diamo uno sguardo alla storia della filosofia, possiamo vedere come questa tensione interpretativa si porti dietro una lunga tradizione.

Già nel Medioevo si distingueva tra una sensibilità attiva, intesa come un sentimento morale che si rivolge al mondo, e una sensibilità passiva, che semplicemente recepisce gli stimoli esterni e vi reagisce3. La sensibilità attiva è attribuita a chi è “dotato di sensibilità”4 e, volendo generalizzare, indica una sensibilità virtuosa, nobile, buona, disposta a ricevere la verità divina. Nel XVIII secolo venne elaborata sistematicamente e formulata come senso morale, che sarebbe, per semplificare, la facoltà naturale dell’essere umano di compiere il bene di propria iniziativa.

La sensibilità passiva, invece, denota generalmente “ciò che si può percepire” tramite i sensi5. Intesa positivamente, in particolare durante l’epoca dell’6, questa passività era identificata con la propensione a commuoversi. A prevalere era però l’accezione negativa, che indicava la facilità al pianto, all’esaltazione e anche (per esempio in Tommaso d’Aquino) l’acquiescenza alla sensualità. I materialisti del XVIII secolo definirono la sensibilità passiva come , designando con quest’espressione l’eccitabilità dei nervi.

Il fatto che la sensibilità attiva e l’eccitabilità passiva vadano spesso di pari passo risulta evidente da un semplice sguardo al nostro presente: ciò che viene considerato sbagliato e riprovevole di solito è anche ciò che irrita gli animi, e viceversa – e questo si verifica trasversalmente in tutti gli schieramenti politici, benché con modalità diverse. Le forze di destra reagiscono con suscettibilità alle trasformazioni sociali, come nel caso della presunta “ideologia del ”, e non di rado rivolgono intenzionalmente parole offensive ai loro bersagli o ricorrono addirittura alla violenza fisica; chi si identifica nelle opinioni della sinistra progressista, quando vede messa in discussione la sua idea di sviluppo sociale, risulta molto suscettibile e in alcune occasioni può prendere di mira singoli individui con misure che vanno dal boicottaggio sistematico fino al licenziamento.

D’altra parte, questa connessione tra senso morale e sensibilità nervosa non è certo una novità, ma trova anzi dei precursori in filosofia: il sensibile Rousseau, per esempio, aborriva dal più profondo dell’animo l’eccesso di stimoli caratteristico della città. Fu nella quiete dei sobborghi di Parigi che formulò la sua morale, secondo cui l’essere umano, per natura buono ed empatico, andava protetto dai perniciosi influssi della civilizzazione (cfr. capitolo III). L’idillio rurale di Montmorency rappresentava, se vogliamo, il di Rousseau.

Considerare la sensibilità come un fenomeno bifronte è un’intuizione decisiva per la comprensione del presente e quindi anche per questo libro. La sensibilità è rivolta verso l’esterno verso l’interno; collega separa; libera opprime. In sintesi: la sensibilità racchiude in sé un lato violento, che si manifesta già nella sua genesi storica, in quanto la sua formazione presuppone una forma di coercizione. Nella sua celebre opera (“Il processo di civilizzazione”, 1939)7, il sociologo Norbert Elias offre un’illustrazione incisiva delle trasformazioni dei comportamenti umani attraverso un progressivo raffinamento e un disciplinamento sempre più stringente, che si applicano ad attività banali come il mangiare e il dormire fino alle situazioni sociali complesse e che rendono le persone molto più sensibili alle trasgressioni dei limiti propri e altrui. I metodi essenziali di questo raffinamento sono, secondo Elias, “la regolazione di tutta la vita pulsionale e affettiva” e la formazione di un Super-Io che assume il controllo. In altre parole, per diventare sensibili dobbiamo domare noi stessi, trasformare “le eterocostrizioni […] in autocostrizioni”8 e sviluppare sentimenti regolatori di pudore e imbarazzo (cfr. capitolo I).

Quello descritto da Norbert Elias è un intreccio complesso di disciplinamento “freddo” e sensibilizzazione “calda”, di regolamentazione e pudore, di autocontrollo e acuta percezione di sé e del mondo. Il sociologo mostra chiaramente come per l’essere umano sia difficile conformarsi ai requisiti stabiliti dalla cultura senza nuocere a se stesso; un’osservazione che si allinea con alcuni assunti centrali della psicoanalisi: l’intensificarsi della civilizzazione ha un lato oscuro, che si rende percepibile anche nella sua fragilità.

Di conseguenza, lo sviluppo storico della sensibilizzazione non è certo privo di rotture e contraddizioni. Il XX secolo è stato segnato da due devastanti guerre mondiali e dalla Shoah, testimonianze sconvolgenti dell’efferatezza che dimora sempre nell’umano e può erompere in determinate condizioni. Nel suo libro (“Codici di condotta della freddezza”), lo storico Helmut Lethen interpreta con perspicacia alcune testimonianze dell’epoca interbellica come manuali di istruzioni per mantenere le distanze e corazzarsi interiormente. Lethen trova un’esemplificazione della sua tesi negli scritti coevi di Ernst Jünger, le cui osservazioni forniscono anche la possibilità di sondare nel profondo i meccanismi psichici che consentono all’essere umano non solo di compiere violenze inconcepibili, ma anche di sopportare l’inimmaginabile (cfr. capitolo IV).

Qui si tocca un nodo cruciale che questo libro tenta via via di dipanare: proprio la “freddezza” di questa tradizione è la ragione principale per cui ai nostri giorni ogni appello alla capacità di resistenza suona duro, insensibile o, per dirla con Klaus Theweleit, virile. È nota la sua tesi secondo cui il fascismo continua a vivere nella tendenza maschile a corazzarsi e respingere con violenza il femminile: il carattere fascista può essere descritto come “prodotto della violenza maschile scatenata”9 e come “caso normale dell’uomo nelle condizioni capitalistico-patriarcali”10. Il “maschio soldato” delle due guerre mondiali studiato da Theweleit è divenuto il “maschio tossico” di oggi.

Resilienza e sensibilità: sembrerebbero polarità inconciliabili, la cui contrapposizione si riflette nell’antagonismo degli schieramenti politici. Dimostrarsi resistenti equivale a essere insensibili, incapaci di tollerare qualsiasi prossimità. Secondo la vulgata diffusa specialmente a sinistra, la...



Ihre Fragen, Wünsche oder Anmerkungen
Vorname*
Nachname*
Ihre E-Mail-Adresse*
Kundennr.
Ihre Nachricht*
Lediglich mit * gekennzeichnete Felder sind Pflichtfelder.
Wenn Sie die im Kontaktformular eingegebenen Daten durch Klick auf den nachfolgenden Button übersenden, erklären Sie sich damit einverstanden, dass wir Ihr Angaben für die Beantwortung Ihrer Anfrage verwenden. Selbstverständlich werden Ihre Daten vertraulich behandelt und nicht an Dritte weitergegeben. Sie können der Verwendung Ihrer Daten jederzeit widersprechen. Das Datenhandling bei Sack Fachmedien erklären wir Ihnen in unserer Datenschutzerklärung.