E-Book, Italienisch, 968 Seiten
Reihe: Minimum Fax cinema
Fitzgerald I grandi racconti
1. Auflage 2024
ISBN: 978-88-3389-588-8
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Nuovi incontri alla fine del mondo
E-Book, Italienisch, 968 Seiten
Reihe: Minimum Fax cinema
ISBN: 978-88-3389-588-8
Verlag: minimum fax
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Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Nello straordinario memoir postumo in cui raccontò i suoi anni parigini, Festa mobile, Hemingway scriveva di come l'amico Fitzgerald gli avesse confessato il suo disprezzo verso i racconti pubblicati per le riviste, spesso assemblati in fretta e furia per ricavarne soldi facili, con i quali alimentare il suo folle e leggendario stile di vita. Fitzgerald arrivò a scriverne 178 in tutto nell'arco di un ventennio ma ne inserì solo una quarantina nelle raccolte pubblicate in vita, e uscite a ridosso dei suoi quattro romanzi. Una selezione accurata, dunque, e sempre decisa dall'autore in base alla qualità dei singoli racconti e alla loro coesione tematica e stilistica. Per la prima volta in Italia, e non solo, minimum fax ha deciso di pubblicare questi gioielli tutti assieme, per ordine di raccolta. Si parte così da Maschiette e filosofi, del 1920, lo stesso anno del romanzo Di qua dal paradiso; si prosegue con Racconti dell'età del jazz, forse la sua raccolta più celebre, uscita nell'anno di Belli e dannati, per passare a All the Sad Young Men, del 1926, l'anno successivo alla pubblicazione de Il Grande Gatsbye concludere il percorso con Taps at Reveille del 1935, un anno dopo Tenera è la notte. Ad accompagnare i racconti, una silloge delle lettere scritte al leggendario editor e amico, Maxwell Perkins, nelle quali Fitzgerald illustra i suoi criteri di selezione, le corrispondenze tra racconti e romanzi, la consapevolezza del proprio percorso artistico.
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Lo faccio solo per soldi: Fitzgerald e l’arte del racconto
Francis Scott Fitzgerald cominciò a scrivere racconti – e a trovare riviste che glieli pubblicassero – nell’estate del 1919, mentre lavorava alla revisione del suo romanzo d’esordio ed era ancora un illustre sconosciuto. Dopo essere stato ospitato su e su , vendette «La testa e le spalle» al per la cifra di 400 dollari. Pubblicato sul numero di febbraio del 1920, il racconto segnò la prima apparizione di Scott in una rivista ad ampia circolazione, con quasi tre milioni di lettori e un gettito di cinque milioni di dollari a numero solo in pubblicità.
Se nel 1919 la sua attività di scrittore gli aveva fruttato 800 dollari, nel 1920 i guadagni erano decollati a 18.000; il cachet per i suoi racconti era passato da 30 a 1000 dollari e avrebbe continuato a salire, fino ai 4000 pagatigli dal per un solo racconto, nel 1929. I guadagni complessivi per anno sarebbero cresciuti a loro volta, raggiungendo circa 30.000 dollari nel 1927, 31.500 nel 1928 e 27.000 nel 1929. Guadagni quasi interamente derivati dalla vendita di racconti alle riviste, se è vero che le royalties dei libri ammontarono a 153 dollari nel 1927 (due anni dopo la pubblicazione di ) e a soli 32 dollari nel 1929.
Inevitabile, quindi, che nel momento in cui le cifre offerte per un racconto cominciarono a calare sensibilmente, Scott fosse costretto a cercare altre fonti di guadagno e a cedere al richiamo di Hollywood. Fallita l’esperienza come sceneggiatore, il tentativo di tornare a testi brevi da vendere a riviste sempre meno interessate si tradusse in un sostanziale flop, e nell’autunno del 1939 Fitzgerald confessò al dottor Carroll, che aveva in cura Zelda ma era diventato un suo interlocutore abituale, di non essere più in grado di produrre il tipo di racconti che il aveva acquistato in passato per cifre altissime: «A quanto pare ho perso completamente il dono che mi permetteva di scrivere racconti commerciali, basati sul tema “un-ragazzo-conosce-una-ragazza”, e il risultato in termini di guadagni è catastrofico». Così, dei ventiquattro racconti scritti negli ultimi mesi della sua vita – sedici dei quali avevano come protagonista Pat Hobby ed erano ambientati nel mondo spietato degli studios hollywoodiani – ben ventidue furono venduti a , ma per un compenso ridotto a 250 dollari l’uno.
La ricchezza e la fama che avevano scandito la vita di Fitzgerald negli anni Venti, come racconta Jeffrey Myers nella sua biografia, gli avevano creato diversi problemi intellettuali ed emotivi. Scott «si sentiva colpevole perché non meritava tanta buona sorte. Avendo raggiunto il picco del successo commerciale e critico, trovava estremamente difficile superare i risultati ottenuti con le sue prime opere. Avrebbe potuto riuscirci solo scrivendo un romanzo più serio e ambizioso, che inevitabilmen te gli avrebbe procurato un guadagno inferiore, costringendolo a ripiegare su racconti dalla vena smaccatamente commerciale, per poter sostenere uno stile di vita a dir poco dispendioso».
Nell’aprile del 1925, il mese in cui venne pubblicato, ripensando al lavoro svolto nei sei mesi precedenti e subito dopo la consegna definitiva del romanzo a Scribner’s, Scott, in una lettera a John Peale Bishop, scriveva: «Guadagno 2000 dollari a racconto e la qualità continua a peggiorare: la mia ambizione è arrivare a un punto nel quale potrò scrivere solamente romanzi. L’ultimo anno ho scritto almeno dieci autentiche porcherie, e senza neppure la spontaneità delle mie prime cose».
Eppure, accanto a una produzione breve spesso formulaica e tutta risolta in una superficialità , Fitzgerald si avventurava in racconti dall’architettura complessa, ricchi di sfumature, impareggiabili per ritmo, ironia e accensioni quasi surreali, come «Il palazzo di ghiaccio», che avrebbe trovato spazio nella prima raccolta, ; o come «Primo maggio», «Lo strano caso di Benjamin Button» e «Il diamante grosso come il Ritz», punte ineguagliabili dei .
L’alternanza tra racconti , concepiti e realizzati nell’arco di pochi giorni, e di altri che, per complessità di concezione e raffinatezza stilistica, non hanno nulla da invidiare al Fitzgerald romanziere, avrebbe continuato a riproporsi nell’arco di tutta la sua carriera, anche quando il livello dei compensi avrebbe cominciato a calare vertiginosamente.
Quando morì, il 21 dicembre del 1940, Fitzgerald era uno scrittore quasi dimenticato. A riportarlo al centro dell’attenzione e della scena letteraria furono una serie di eventi editoriali che può essere utile elencare in rapida successione: nel 1941 uscì [in italiano, ], l’ultimo e incompiuto romanzo, a cura di Edmund Wilson; nel 1945, sempre con la curatela di Wilson, fu il turno di , seguito un mese dopo da , un’antologia della sua opera selezionata da Dorothy Parker. La rinnovata fama dell’autore fu ulteriormente consolidata nel 1951 grazie alla pubblicazione di altri due libri: , raccolta di trenta fra saggi e recensioni assemblati da Alfred Kazin, e , antologia curata da Malcolm Cowley e composta da ventotto racconti, dei quali solo diciotto tratti dalle quattro raccolte di pubblicate in vita. Una discrepanza dovuta in larga parte al fatto che , ultima delle quattro raccolte, uscì nel 1935, e che nei suoi ultimi cinque anni di vita Fitzgerald continuò a scrivere racconti, con esiti discontinui ma anche con picchi notevoli come «Pomeriggio di uno scrittore» o «Il decennio perduto».
Le selezioni operate da Fitzgerald per ognuna delle sue quattro raccolte furono comunque il frutto di una riflessione attenta e prolungata. Scott, essendo perfettamente consapevole della qualità come minimo disuguale della sua produzione breve, cercò di isolarne gli apici, accompagnandoli con racconti più leggeri ma rappresentativi di un’epoca e di una fase precisa del suo progetto letterario e provvedendo spesso a intervenire sui testi, modificandoli, integrandoli, conferendo a essi una maggiore rotondità ed efficacia.
Di questo intenso lavoro di assemblaggio si trova ampia traccia nell’affascinante corrispondenza con quello che fu il suo editor di una vita intera, Maxwell Perkins.
Già il 10 gennaio 1920, quando è ancora una bozza, Fitzgerald scrive a Perkins formulando una serie di domande di natura «pratica»:
Voglio cominciare un nuovo romanzo ma non ho intenzione di bloccarmi a metà e di dovermi rifugiare di nuovo nei racconti, perché non mi piace scriverne e lo faccio solo per soldi. Non c’è modo di guadagnare con una raccolta di racconti, vero?
Perkins gli risponde il 17 gennaio, e i toni sono incoraggianti:
Quanto ai racconti, è vero in linea generale che le raccolte non vendono molto, ma ci sono delle eccezioni come Davis, Kipling e Henry. A mio avviso, è plausibile che anche i suoi racconti possano rappresentare un’eccezione, perché molti di essi sono già usciti e il suo nome è molto noto. Mi sembra inoltre che abbiano quella nota popolare che dovrebbe renderli vendibili anche in forma di libro. Vorrei tanto che traesse un maggior piacere nello scriverli, anche perché hanno contribuito non poco alla sua reputazione e perché sono ricchi di qualità intrinseche.
Perkins chiede però che l’eventuale predisposizione di una raccolta non interferisca con le sorti del romanzo in uscita, ed è esattamente ciò che accadrà da allora in poi. La carriera di Fitzgerald sarà scandita, come un metronomo, dal ripetersi della medesima formula: ognuno dei suoi quattro romanzi verrà seguito da una raccolta di racconti, con l’intento di sfruttarne e prolungarne il successo. La cronologia dell’opera non lascia adito a dubbi: e escono in rapida successione nel 1920; e nel 1922; e nel 1925 e nel 1926; e nel 1934 e 1935. Ed è del tutto plausibile che, se Fitzgerald fosse riuscito a completare prima della morte, anch’esso sarebbe stato accompagnato da una raccolta, magari incentrata sui racconti hollywoodiani di Pat Hobby e integrata da alcuni dei testi inclusi da Cowley nella sua selezione e risalenti ai secondi anni Trenta, come «La lunga attesa» o «Il decennio perduto».
Raccogliendo al volo l’incoraggiamento di Perkins, Fitzgerald gli invia, il 29 aprile 1920, «undici racconti, tra i quali ne ho selezionati sette che considero i più adatti per una pubblicazione in volume. Tutti i racconti sono stati pubblicati o lo saranno entro il 1° giugno. Accanto al titolo , Le propongo, in ordine di preferenza: 2) . 3) . 4) . 5) . 6) . 7) . Se ritiene che il libro funzioni meglio con più racconti, con racconti diversi, non avrò...




