Dozzini | E Baboucar guidava la fila | E-Book | sack.de
E-Book

E-Book, Italienisch, 141 Seiten

Reihe: Nichel

Dozzini E Baboucar guidava la fila


1. Auflage 2018
ISBN: 978-88-3389-017-3
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

E-Book, Italienisch, 141 Seiten

Reihe: Nichel

ISBN: 978-88-3389-017-3
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark



Baboucar, Ousman, Yaya e Robert sono quattro richiedenti asilo arrivati in Italia dopo avere attraversato mezza Africa e il Mediterraneo. Sono sospesi tra la speranza che la loro richiesta venga accolta e l'ansia di essere respinti. C'è chi aspetta la prima udienza di fronte alla Commissione territoriale, chi il ricorso in primo grado al tribunale, chi invece ha ottenuto una protezione sussudiaria e per un po' può andare avanti senza troppe ansie. Un fine settimana decidono di prendere un treno che da Perugia li porterà verso l'Adriatico. La meta è la spiaggia di Falconara Marittima e il viaggio è scandito dagli incontri, dalle ossessioni di ognuno e dall'altalenante rapporto con la lingua italiana. Sono quarantott'ore di piccoli avvenimenti: multe, bivacchi, visioni, la finale degli Europei di calcio, qualche litigio. Due giorni in cui i quattro amici si ritroveranno sempre a camminare, in fila indiana, lungo le strade della provincia del Centro Italia. E Baboucar guidava la fila è una favola senza morale, che affronta il tema delle migrazioni scegliendo di raccontare quello che viene dopo le traversate, la normalità inafferrabile di una vita dignitosa che segue ogni approdo e tutto quello che questa normalità contiene: le paure, i desideri, la rabbia, le nostalgie, riuscendo a ottenere alla fine quella particolare risonanza poetica che hanno soltanto le cose vere.

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1


Baboucar guidava la fila. Subito dopo di lui veniva Yaya, qualche metro più indietro gli altri quattro: Robert, Ousman e i due Mohamed. Accanto a loro scorrevano le fabbriche e i girasoli, poi arrivarono gli orti e le prime case del paese. Le macchine veloci di mezzogiorno gli facevano aria, i loro vestiti erano puliti, le scarpe da tennis di sottomarca, i jeans chiari, i cellulari in mano. Nella busta di plastica che Baboucar si stringeva al fianco si intravedevano asciugamani e un pettine, il più alto dei due Mohamed portava una shopper nera di Umbria Jazz a tracolla che sembrava quasi vuota. Tutti procedevano con la testa china e gli zaini in spalla, Ousman e Mohamed il Basso ogni tanto scambiavano qualche parola in wolof, gli altri ascoltavano la musica in silenzio e si lanciavano giusto qualche occhiata per capire da che parte andare. Quando furono alla fine della strada Baboucar fece cenno a tutti di fermarsi, e i sei si radunarono nello spigolo di uno spiazzo davanti a un bar. Baboucar si passò una mano sui capelli voluminosi, una grossa spugna nera incollata al nero della testa.

«Adesso andiamo di là, perché ci aspettano di là», disse indicando la strada che si inoltrava nel paese.

Cinque minuti più tardi si aprì alla loro vista un ampio parco, con una recinzione di legno, giochi per bambini e lunghi tavoli di legno riparati da alte tettoie. I filari di pioppi, poco dopo, segnalavano il letto del Tevere. Gli altri erano lì, con delle grandi buste appoggiate su uno dei tavoli, e quando li videro cominciarono a sbracciarsi.

La prima cosa che fece Baboucar fu andare da Mariam e chiederle se il posto le piaceva, e lei gli rispose di sì senza sollevare gli occhi dal cellulare. Il vestito corto blu le scopriva delle belle gambe color nocciola, Baboucar le si sedette accanto e rimase per un po’ in silenzio cercando di capire cosa fare. Gli altri si erano già confusi col resto della compagnia, qualcuno aveva cominciato ad apparecchiare con le ciotole e le pentole piene di verdure e di riso. Poi Baboucar aveva domandato di Ibrahim. Una mano gli indicò un ragazzo che stava parlando al telefono all’altro capo della tavola, ma Baboucar disse che non intendeva quell’Ibrahim, così gli fecero presente che l’Ibrahim giusto non sarebbe venuto.

«Che cazzo dici?», fece lui, sgranando gli occhi e posandoli fugacemente su Mariam, che però non li stava ascoltando.

Quello che aveva parlato gli si accostò e gli spiegò che Ibrahim aveva avuto altro da fare. Baboucar cominciò ad arricciare le labbra nervosamente e alzò un po’ la voce spiegando che i patti erano diversi e che aveva detto agli altri che dopo pranzo sarebbero andati in piscina dall’amico di Ibrahim, indicò la busta piena di asciugamani e pensò con terrore alla reazione di Mariam e all’immagine di Mariam in costume da bagno che andava in fumo. Il ragazzo si strinse nelle spalle, e qualcuno gli disse di non prendersela troppo, perché quello che non si poteva fare oggi si poteva fare domani. Baboucar scosse la testa e sputò, sentì lo stomaco stringersi e gli parve che la colonna di capelli gli si afflosciasse sulla fronte. La tastò, era ancora al suo posto, trovò il coraggio necessario per parlare con Mariam. Stavolta la ragazza alzò la testa, sorrise e assicurò di non essere delusa. Aggiunse che però a quel punto avrebbe detto alle altre di non venire, cosa che a Baboucar non interessava, anche perché le altre non venivano mai da nessuna parte, né in giro né alle prove del film. E poi a lui, come sapevano tutti, importava solo di Mariam. Quando, subito dopo pranzo, la vide allontanarsi senza dire niente a nessuno si sentì gelare, ma poi notò la borsa appoggiata sulla panca e capì che sarebbe tornata. Lei faceva così. Ogni tanto scompariva, poi riappariva e sorrideva.

«Io penso che possiamo andare al mare».

Li sorprese. Per qualche istante nessuno fiatò, poi Yaya spalancò la bocca sulla sua dentatura perfetta e bianca e applaudì senza alzarsi dalla panca.

«Grande Baboucar», disse, e diede uno scappellotto a Mohamed il Basso che gli stava seduto davanti, perché si scrollasse di dosso quell’aria da scimunito e facesse vedere anche lui il suo entusiasmo. L’altro Mohamed sorrise e alzò gli occhi al cielo, mentre Robert si guardò intorno per esaminare le reazioni degli altri e capire quale dovesse essere la sua. Ousman scosse la testa, e parlando in wolof disse che Baboucar doveva essere uscito di senno.

«No», replicò lui, «si può fare. Fidatevi».

Tutti, a eccezione dei due ivoriani che capivano poco l’italiano, prestarono attenzione al piano con cui Baboucar voleva riabilitarsi per la fregatura della piscina.

«Andiamo in treno fino a Foligno. A Foligno prendiamo un treno nuovo. Poi arriviamo al mare».

Mohamed l’Alto protestò subito per i soldi dei biglietti, e Baboucar disse che non li avrebbero pagati.

«Basta uno», fece con l’indice alzato. «Uno solo. Quegli altri si nascondono».

Sul viso di Ousman si dipinse un’espressione scoraggiata, che gli socchiuse gli occhi e gli fece sembrare le labbra ancora più grandi.

«È difficile», disse.

«È facile», rispose Baboucar. «Se arriva l’uomo del treno andiamo nel bagno. Quelli senza il biglietto vanno nel bagno».

Non li convinceva. Non tutti, perlomeno: Yaya sembrava gasatissimo, Mohamed il Basso e Robert ascoltavano con attenzione in silenzio, gli ivoriani non avevano mai smesso di parlottare tra loro. Quelli più perplessi erano Mohamed l’Alto e Ousman.

«È pericoloso», disse Ousman, e spiegò concitatamente che non poteva permettersi di rischiare niente, perché la commissione gli aveva detto di no. Baboucar lo tranquillizzò: quell’unico biglietto sarebbe stato il suo. Il piano prevedeva che Ousman viaggiasse da solo nel vagone più vicino alla locomotiva, e gli altri si dividessero in quelli più lontani. Appena il controllore avesse visto il biglietto di Ousman lui li avrebbe chiamati per dirgli di nascondersi nel bagno.

«Oh», disse Mohamed l’Alto a Yaya dandogli di gomito, «Baboucar è pazzo».

L’altro Mohamed rise, e rise anche Robert pur non avendo capito troppo bene. Ousman guardò Baboucar e disse di no, poi si allontanò verso i giochi, si sedette sul girello e cominciò a pensare. Baboucar pareva comunque soddisfatto, perché i due Mohamed, Robert e Yaya, ne era certo, sarebbero andati al mare con lui. Ora veniva il pezzo forte, ma pensò che di fronte a tutte quelle adesioni Mariam sarebbe rimasta impressionata, e non si sarebbe tirata indietro. Di invitare solo lei non se ne parlava. Era ancora troppo presto. E Baboucar non era sicuro di essere un tipo così romantico. Avrebbe voluto, ma forse gli serviva ancora un po’ di esperienza.

Intorno a metà pomeriggio il parco cominciò a riempirsi. Uomini e donne avevano lasciato le loro macchine nel grande parcheggio e si erano chiusi dentro a una struttura in muratura poco più in là delle tavolate. Sulla facciata aveva aperture che lasciavano intravedere il viavai della gente, ed era tappezzata di manifesti. Proprio mentre i ragazzi africani stavano finendo di mangiare era arrivata un’altra comitiva, con donne velate, uomini senza muscoli e quattro o cinque ragazzini, e si era piazzata a un tavolo vicino.

Baboucar stava cercando di spiegare a Robert, in inglese, che il programma di andare in piscina era saltato. Ibrahim non c’era e non rispondeva al cellulare, e l’amico italiano di Ibrahim che li avrebbe dovuti ospitare a quel punto forse non esisteva nemmeno. Adesso aveva avuto l’idea di andare al mare, ed era convinto che fosse un’idea molto buona. Robert annuiva, si mordeva il labbro superiore e ogni tanto guardava gli altri per vedere se stessero seguendo anche loro o se quelle spiegazioni fossero solo per lui. Cominciava a capire l’italiano, ma le cose complicate era meglio sentirsele dire in inglese.

Mohamed il Basso si era addormentato su una panca di legno, con le braccia incrociate dietro la nuca e il cappellino da baseball appoggiato sullo stomaco. Ousman se ne stava in silenzio, i gomiti sul tavolo e la testa sui palmi, e ascoltava il suo stomaco in attesa che riprendesse a fargli male. Dopo ogni pasto, per un po’, il dolore se ne andava, ma il sollievo durava non più di un’ora o due. Quando erano passati i maghrebini aveva indugiato su una ragazza magra in pantaloncini corti, l’unica senza velo: aveva lunghi capelli ondulati e un viso scavato in cui spiccavano grandi occhi neri. Lei se ne era accorta, e l’aveva fissato senza sorridere, le labbra piccole e carnose immobili, l’andatura sgraziata da fenicottero di una bambina appena cresciuta. Adesso era insieme ai suoi al di là del barbecue di pietra, e Ousman già non ci pensava più. Pensava al mare, e a cosa era meglio fare.

Mariam si rifece viva poco dopo le cinque, e quando Baboucar la vide non riuscì a resistere e le andò incontro con le mani nei pantaloni e la cresta vagamente inclinata all’indietro. Mohamed l’Alto guardò Yaya sorridendo, Robert osservò l’incedere di Baboucar, la sua figura tozza che si allontanava facendosi a ogni passo più piccola mentre quella di Mariam si ingrandiva, ma piano piano, perché lei camminava in mezzo al prato con lentezza esasperata. Yaya e Mohamed l’Alto si dissero qualcosa a bassa voce, Yaya schioccò la lingua e incrociò le braccia per assistere alla scena con l’attenzione dovuta. Quando Baboucar e Mariam furono vicini lui cominciò a parlare, mentre lei chinò la testa sul cellulare stretto tra le mani. Dopo poco sul volto di Mariam si schiusero le due...



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