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E-Book, Italienisch, 267 Seiten

Demo Didattica delle differenze

Proposte metodologiche per una classe inclusiva
1. Auflage 2015
ISBN: 978-88-590-0907-8
Verlag: Edizioni Centro Studi Erickson
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

Proposte metodologiche per una classe inclusiva

E-Book, Italienisch, 267 Seiten

ISBN: 978-88-590-0907-8
Verlag: Edizioni Centro Studi Erickson
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark



Che gli alunni di una classe non imparino tutti allo stesso modo è ormai un fatto assodato. Una didattica davvero efficace sa quindi progettare e realizzare degli ambienti di apprendimento complessi che tengono conto di queste differenze individuali. Sono classi in cui tutti i bambini, pur condividendo uno spazio e una progettualità comuni, trovano una risposta individualizzata al loro unico e particolare stile di apprendimento. Nel presente volume vengono presentati cinque approcci che contribuiscono alla realizzazione di questa idea di didattica inclusiva nella scuola primaria: l'approccio autobiografico, il metodo Montessori, la didattica aperta, la didattica delle intelligenze multiple e l'apprendimento cooperativo. Ogni proposta è presentata nelle sue linee generali, discussa nel contributo che può dare per la gestione dell'eterogeneità in classe, ma soprattutto è accompagnata da spunti operativi, anche tecnologici, che ne facilitano l'applicazione in classe. Con i contributi di: Elisabetta Biffi, Barbara Caprara, Heidrun Demo, Giuseppina Gentili, Anna La Prova e Francesco Zambotti.

Professoressa associata di Pedagogia dell'Inclusione alla Facoltà di Scienze della Formazione e direttrice del Centro di Competenza sull'inclusione scolastica della Libera Università di Bolzano-Bozen.
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DIDATTICA DELLE DIFFERENZE: UN’INTRODUZIONE


La questione dell’eterogeneità nella scuola primaria

Heidrun Demo

Che non impariamo tutti allo stesso modo è ormai un fatto assodato. Diversi studiosi di psicologia e delle scienze della formazione hanno illustrato come ogni persona abbia un proprio modo di apprendere. In primo luogo, ogni individuo, e dunque anche ogni bambino, ha una propria storia di vita che rende il suo modo di guardare al mondo unico e particolare. Per ciascuno di noi, poi, alcuni linguaggi facilitano l’attenzione, la memorizzazione o la comprensione e altri le rendono più difficili. Ogni persona ha dei tempi di apprendimento differenti da quelli di un’altra e delle preferenze verso certi tipi di spazi. Ogni individuo ha un suo personale stile nel reagire a un input, nell’organizzare informazioni e nell’approcciarsi alla risoluzione di un problema.

Alla consapevolezza di queste differenze individuali la didattica risponde con i processi di individualizzazione e personalizzazione, cioè con la differenziazione dei percorsi di apprendimento sia per quel che riguarda le modalità che per quanto concerne i traguardi da raggiungere.

Questo almeno in teoria. Nella pratica, recenti risultati di ricerca dimostrano che l’insegnamento frontale è la metodologia didattica più in uso nella scuola italiana. Cavalli e Argentin (2010), nell’ambito di un’indagine condotta dall’Istituto IARD sulle condizioni di vita e di lavoro di oltre 3.000 insegnanti nella scuola italiana, hanno raccolto dati secondo cui circa il 70% dei docenti della scuola primaria utilizzerebbe spesso la lezione frontale, mentre solo il 30% ricorrerebbe all’apprendimento cooperativo. Le percentuali sono ancora più marcate nella scuola secondaria di primo grado. In una scuola così fortemente ancorata a una metodologia di insegnamento che prevede la centralità dell’insegnante nel programmare materiali, tempi e spazi uguali per tutti gli alunni è difficile pensare a un alto grado di individualizzazione e personalizzazione. Per questo mi sembra fondamentale promuovere altre forme di insegnamento e apprendimento che prevedano una maggiore attenzione alle differenti caratteristiche individuali degli alunni e propongano un’organizzazione degli spazi, dei tempi e dei materiali che le rispettino, favorendo la creazione di percorsi mirati e personalizzati. Questo, in pratica, è quello che cerca di fare questo libro.

Eterogeneità e apprendimento


Diversi studiosi dell’apprendimento hanno evidenziato negli ultimi cinquant’anni come l’apprendimento assuma forme e modalità diverse in soggetti diversi. Qui proporremo tre modelli che ci sembrano particolarmente interessanti: le intelligenze multiple di Gardner, gli stili di apprendimento di Dunn e Dunn e, infine, gli stili cognitivi elaborati dal gruppo MT dell’Università di Padova. Si tratta di tre approcci che hanno in comune l’occuparsi delle differenze in fatto di apprendimento non relativamente a livelli, differenze quantitative nello sviluppo di una o più abilità, quanto piuttosto relativamente alle differenze qualitative di soggetti che si specificano per differenti profili.

Le intelligenze multiple di Gardner


Si tratta forse della teoria più celebre sull’eterogeneità dell’apprendimento. Il punto di partenza è la messa in relazione del concetto di intelligenza con il contesto culturale, che scardina l’idea classica di un’unica intelligenza logica e verbale misurabile con il QI.

Gardner definisce l’intelligenza come la capacità di risolvere problemi o di creare prodotti che sono apprezzati all’interno di uno o più contesti culturali (Gardner, 1987).

Si tratta di un’idea di intelligenza in cui hanno un loro ruolo sia le abilità di tipo più strettamente cognitivo che altre competenze più manuali/strumentali e affettive necessarie a risolvere un problema o a creare un prodotto. Inoltre, in tale concezione di intelligenza, tutte queste diverse abilità e competenze hanno lo stesso valore. A seconda del contesto, infatti, alcune sono più importanti di altre, ma nessuna lo è in assoluto. A ognuno di noi nella vita quotidiana interesserebbe poco sapere che un falegname che progetta la libreria del nostro salotto comprenda a fondo un problema di logica, mentre la cosa ci sembrerebbe più rilevante in relazione al professore di filosofia di nostra figlia.

Con questa teoria, Gardner critica la scuola che ha tradizionalmente dato un maggior rilievo alle abilità in ambito logico e linguistico. Gardner ritiene invece che vi siano diverse intelligenze — inizialmente ne descrisse sette, per poi individuarne nove — e che ognuno di noi abbia una propria costellazione di intelligenze. Allo stesso modo, ciascun alunno ha un suo personale profilo intellettivo, fatto di alcuni punti di forza in alcune intelligenze e di alcune criticità in altre. Alunni quindi che non «vanno bene» in matematica o in italiano non possono semplicemente essere considerati poco intelligenti; la giusta domanda da porsi è, invece, in quale altro modo siano intelligenti. Ogni studente è caratterizzato da risorse e da fragilità.

Non illustreremo in questa sede le abilità che caratterizzano le diverse intelligenze descritte da Gardner, ci limiteremo invece a riportarne solo un’estrema sintesi (tabella 1).

TABELLA 1

Le intelligenze multiple di Gardner (Gentili, 2011)

Intelligenza linguistica

Capacità di usare il linguaggio per esprimere efficacemente il proprio pensiero e comprendere quello degli altri

Intelligenza musicale

Capacità di pensare in musica, facendo capo agli elementi costitutivi di questo linguaggio (tono, melodia e ritmo)

Intelligenza

logico-matematica

Capacità di pensare ed elaborare informazioni in termini numerici e relazioni in termini astratti

Intelligenza spaziale

Capacità di percepire il mondo visivo e di rielaborarlo anche in assenza dello stimolo visivo

Intelligenza corporeo-cinestetica

Capacità di usare il proprio corpo per fini espressivi oltre che concreti

Intelligenza intrapersonale

Capacità di riconoscere, comprendere ed esprimere le proprie emozioni e la propria interiorità

Intelligenza interpersonale

Capacità di riconoscere e comprendere le emozioni, i valori, i desideri e le intenzioni degli altri

Intelligenza naturalistica

Capacità di osservare, discriminare e classificare il mondo naturale

Intelligenza esistenziale-spirituale

Capacità, nel tentativo di operare conclusioni, di porsi domande sulle grandi tematiche esistenziali, sulla vita, sulla morte e sul destino del mondo

Ci interessa in conclusione ribadire l’idea centrale di questo approccio, e cioè che non esiste un solo modo di essere intelligenti. Nessun profilo intellettivo può in assoluto essere considerato migliore o peggiore, ogni intelligenza infatti contribuisce in contesti differenti a risolvere problemi o creare prodotti percepiti come rilevanti. Il punto non è quindi capire se un alunno sia o non sia intelligente, ed eventualmente quanto lo sia, ma piuttosto cogliere i suoi punti di forza, accanto alle sue criticità, cercando così di comprendere il suo personale profilo intellettivo.

Gli stili di apprendimento di Dunn e Dunn


I due coniugi Rita e Kenneth Dunn hanno sviluppato dal proprio punto di vista di studiosi delle scienze dell’educazione una descrizione degli stili di apprendimento basata su dimensioni legate, in parte, a caratteristiche individuali, quali la motivazione o la percezione, e in parte a preferenze e inclinazioni. Seppure si tratti di una proposta ormai piuttosto datata e che in alcuni aspetti certamente chiede di essere integrata e aggiornata, la reputo molto interessante per la prospettiva strettamente didattica che propone. Gli autori definiscono le dimensioni degli stili di apprendimento basandole su elementi della didattica che possono essere influenzati e gestiti dall’insegnante, come ad esempio il grado di autonomia dell’alunno, l’organizzazione degli spazi o dei tempi. La loro descrizione degli stili di apprendimento si presta a poter essere direttamente collegata con le scelte didattiche dei docenti.

Le 5 dimensioni degli stili di apprendimento (Dunn e Dunn, 1978) comprendono una serie di fattori che aiutano gli insegnanti a osservare e poi descrivere le caratteristiche e le preferenze di ogni studente. La tabella 2 riassume gli elementi proposti dai due autori.

TABELLA 2

Dimensioni degli stili di apprendimento (adattato da Dunn e Dunn,...



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