E-Book, Italienisch, 248 Seiten
Reihe: Cronache
Coco Ospiti ingrati
1. Auflage 2020
ISBN: 978-88-7452-857-8
Verlag: Nottetempo
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Come convivere con gli animali sinantropici
E-Book, Italienisch, 248 Seiten
Reihe: Cronache
ISBN: 978-88-7452-857-8
Verlag: Nottetempo
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Emanuele Coco insegna Storia e Filosofia della Scienza nelle Università di Catania e Firenze e collabora stabilmente con la Maison des Sciences de l'Homme di Parigi. Autore di narrativa e saggistica, ha pubblicato Etologia e animali sociali (Giunti 2007) ed Egoisti, malvagi e generosi (Mondadori 2008).
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1. Ci manda Re Salomone
Finito di scrivere , il celebre etologo Konrad Lorenz consegnò all’umanità un amorevolissimo arredato da simpatici partecipanti: oche mnemoniche, pesci rossi e cani giocherelloni. Malgrado gli studi pionieristici che egli stesso e i suoi colleghi avevano già iniziato, nulla si sapeva ancora di ciò che la moderna biologia avrebbe rivelato poco dopo: la Natura non è un romantico teatro di principi giusti e storie a lieto fine, ma un drammatico susseguirsi di spietati “tornacontismi”. Cosí, nessun organismo si sacrifica in nome della specie, nessun piccolo divide le scorte con i fratelli, nessun gruppo si preoccupa di fare un uso ponderato delle risorse.
Il mondo di Lorenz era una , alla quale tuttavia erano stati invitati solo alcuni dei figli dell’evoluzione: i piú eleganti e fortunati, quelli le cui storie non creano imbarazzo. Fuori dalla corte del suo Re Salomone restavano animali non sempre gradevoli, storie non sempre piacevoli, effetti collaterali della zoologia piuttosto urtanti (topi in soffitta, vespe in giardino, gabbiani diarroici e pipistrelli nero bitume).
Cacciati dal del romanticismo , questi animali diseredati e schifosetti tornano oggi nelle nostre città. Alle porte delle nostre cantine, delle nostre terrazze, sulle sponde delle nostre spiagge, sembrano dire un po’ imbarazzati: “Salve, ci manda Re Salomone”.
Che farne? Esiste una speranza “romantica” per questi animali ai bordi del jet set naturalistico? Come possiamo affrontare la loro natura un po’ invadente?
A dire il vero, Lorenz non fu poi cosí aristocratico nelle sue frequentazioni naturalistiche. Come ogni vero appassionato di storia naturale, ebbe modo di osservare ogni sorta di bestia. Anche gli animali sinantropici, cioè quegli animali non domestici che condividono con l’uomo gli ambienti delle attività umane: quelli che si sono imposti a noi come i nostri “ospiti ingrati”.
Se il nome di Lorenz, dunque, rimane oggi legato ai racconti sull’oca Martina o alle osservazioni sulle taccole, questo è un problema di natura antropologica: è piú facile che si crei una mitologia delle oche piuttosto che uno spontaneo interesse collettivo per le abitudini del ratto o dello scarafaggio. In fin dei conti, Cajkovskij compose le musiche per il , e non un’opera sui vermi della carne. Malgrado ciò, i canoni estetici dell’intelletto umano sono fortunatamente piú vari di quanto non si debba temere: le metamorfosi di Kafka, le volatili invadenze hitchcockiane, i Roditori in fuga di Disney e molti altri del regno animale sono stati protagonisti di storie e favole di ogni tempo.
Sugli incontri tra l’uomo e l’altra parte del regno animale, si registrano cronache sin dall’alba della civiltà. Le Sacre Scritture ne collocano la genesi tra i sette giorni della creazione e le successive vicissitudini di Noè. Grazie a lui, gli animali si salvano dal diluvio universale, sbarcano sulla terra ferma, proliferano. Si tratta di un mito fecondo – come lo sono spesso quelli della letteratura ascetica – troppe volte ingiustamente ridotto ad aneddoto o, peggio ancora, forzato verso una presunta attendibilità storica. Ciò che conferisce bellezza a un mito non è la sua trama né capire se i suoi protagonisti siano esistiti realmente, ma l’efficacia con cui riassume, in un unico gesto poetico, il senso complessivo di un’intuizione. E probabilmente il senso del destino di Noè è stato spesso travisato. Secondo una comune interpretazione sarebbe l’emblema dell’ira di Dio, infuriato contro se stesso e le sue creature per il male che hanno sparso sulla Terra. Ma se Dio avesse voluto davvero la distruzione dei suoi figli non avrebbe suggerito a Noè come scampare al diluvio. Il diluvio non è l’emblema dell’ira. Semmai è l’emblema della pedagogia sociale: giunge affinché l’uomo e gli altri animali imparino a convivere in luoghi ragionevolmente circoscritti. Per questo, prima di allagare la terra, Dio istruisce il figlio di Lamech, detto Noè, che aveva da poco compiuto seicento anni: “Fatti un’arca di legno di cipresso; dividerai l’arca in scompartimenti e la spalmerai di bitume dentro e fuori. Ecco come devi farla: l’arca avrà trecento cubiti di lunghezza, cinquanta di larghezza e trenta di altezza. Farai nell’arca un tetto e a un cubito piú sopra la terminerai; da un lato metterai la porta dell’arca. La farai a piani: inferiore, medio e superiore. Ecco io manderò il diluvio, cioè le acque, sulla terra, per distruggere sotto il cielo ogni carne in cui è alito di vita; quanto è sulla terra perirà. Ma con te io stabilisco la mia alleanza. Entrerai nell’arca tu e con te i tuoi figli, tua moglie e le mogli dei tuoi figli. Di quanto vive, di ogni carne, introdurrai nell’arca due di ogni specie, per conservarli in vita con te: siano maschio e femmina. Degli uccelli secondo la loro specie, del bestiame secondo la propria specie e di tutti i rettili della terra secondo la loro specie, due d’ognuna verranno con te, per essere conservati in vita”.
Non si tratta di una distruzione, ma di una selezione naturale : solo se gli animali riusciranno a convivere nell’arca senza divorarsi l’un l’altro avranno diritto a ripopolare il mondo.
E cosí fu. Gli animali sbarcano. Hanno imparato ad andare d’accordo. Il diluvio è durato quaranta giorni, ma la loro convivenza forzata è durata quasi un anno: piú di dieci mesi ci sono voluti prima che le acque si ritirassero e lasciassero di nuovo affiorare la nuda terra. Le cose sono andate bene. La convivenza tra animali e uomini sembra svolgersi armoniosamente. Salvo il fatto che in quella occasione Dio autorizzò l’uomo a mangiare gli animali.
Ad aiutare questo (piú o meno) arcadico vivere insieme si aggiunge il fatto che ai tempi dell’allagamento terrestre, l’urbanistica non aveva preso piede e dunque il rapporto tra uomo e animali non era ancora stipato nel ristretto spazio della : c’era spazio a perdita d’occhio, ognuno se ne stava dove voleva. Ma, lasciati al libero arbitrio, gli organismi cominciano a evolversi. Si improvvisano imprenditori di se stessi, inventori, orologiai ciechi votati a un proliferare che non ha ricevuto istruzioni: non si limitano a moltiplicarsi, lo fanno con un’ostinazione smisurata, fertilizzati da un’esuberanza senza limiti. Fuggiti al disegno primigenio sotto la spinta dell’evoluzione, gli esseri viventi perdono ogni cordiale armonia e diventano delle macchine programmate all’espansione senza limiti. Nuove carestie dovranno abbattersi per contenere la loro prolificità.
***
Da quando gli animali hanno imparato a evolversi, si sono complicati molto la vita. La convivenza sulla Terra si è fatta piú complessa. Non solo per via del loro numero, ma anche a causa del continuo venir fuori di forme biologiche del tutto nuove. Hai voglia a tentare una coesistenza pacifica. Hai voglia a essere gentile. Quando ti trovi davanti un esemplare di vedova nera o il bacillo del tifo viene difficile mostrarsi ospitali. Di fronte a questo mutato assetto dei soci del pianeta Terra, bisogna trovare nuove regole di convivenza, capire come comportarsi, adottare un protocollo normativo adeguato. Sono questi alcuni degli effetti indesiderati dell’evoluzione. Se il regno animale non si fosse evoluto, l’uomo avrebbe continuato a regnare su un mondo a sua misura. Invece, il rimescolio di storie e forme crea nuovi concorrenti: bestiole che hanno le loro esigenze finiscono con l’invadere da parte loro i nostri spazi urbani, a volte in modo un po’ irruente.
Ora, a voler guardare la vicenda sotto un profilo strettamente evoluzionistico, l’origine della convivenza tra l’uomo e gli altri animali ricorda una cosmicomica di Calvino. “” avrebbe detto uno dei suoi personaggi. Nel brodo primordiale, le dinamiche sociali non lasciavano molte alternative: si galleggiava tutti insieme senza sapere ancora che cosa significasse. Se incontravi qualcuno era sempre per caso. E raramente ci si poteva fermare a scambiare due chiacchiere: non era ancora in voga l’uso della parola; per lo piú si stava zitti ad assorbire sostanze organiche e a espellere un po’ di escrementi minerali.
Ce ne volle di tempo prima che quegli ipotetici filamenti di acido nucleico persi nella brodaglia originaria (cosí, grosso modo, si presentava la vita a quel tempo) cominciassero a mostrare un po’ d’inventiva evoluzionistica. A dare la spinta fu una sorta di bisogno di distinguersi dagli altri. Qualcuno dei piú esigenti trovò un modo per costruirsi una barriera, per avere un po’ di privacy, per allestire una specie di – cosí si sarebbe chiamata in seguito – . Il nuovo rivestimento era uno strato di lipidi e proteine che permetteva di distinguere due zone del brodo: il dentro e il fuori. Il dentro era l’Io, il fuori era tutto il resto. Ovviamente, all’inizio ci fu un certo scetticismo. “Parete cellulare? Non c’è da fidarsi, vedrai che morirà asfissiato”. Le novità non riscuotono mai grande successo nei loro primi venti minuti di esistenza. Quelli senza peli sulla lingua tuonavano contro il malcostume: “Le nuove generazioni tendono ormai a isolarsi, a chiudersi nel loro piccolo, a creare barriere e divisioni: questo individualismo, questo pensare solo a se stessi è sintomo di un tramonto morale per l’Occidente”.
Ma come disse il filosofo, date alla piú smodata delle usanze il tempo di farsi notare e diventerà...