E-Book, Italienisch, 144 Seiten
Reihe: Amazzoni
Cardoso Sono tutte storie d'amore
1. Auflage 2017
ISBN: 978-88-6243-335-8
Verlag: Voland
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
E-Book, Italienisch, 144 Seiten
Reihe: Amazzoni
ISBN: 978-88-6243-335-8
Verlag: Voland
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
'Le cose che ci passano per la mente sono quasi sempre inconfessabili.' Una raccolta di racconti di amori mancati e imperfetti, o di disamore: dall'invidia per la donna d'altri all'amore morboso per l'irrefrenabile trascorrere del tempo, dalla disparità d'amore per i figli alla tentazione di farsi giustizia da soli. E se in nessuna di queste storie c'è spazio per il consolatorio 'e vissero per sempre felici e contenti', ciascuno lascia il lettore senza fiato e tutti, senza esclusione, nascondono al loro interno un doppio, una trappola che l'autrice porta avanti con rigore impietoso e stile esemplare. Rispetto ai dodici racconti dell'originale portoghese, la traduzione italiana comprende due inediti.
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LA BIBLIOTECA
liberamente tratto da una storia vera
I libri mi hanno salvato la vita. Pronuncio oggi questa frase per la prima volta. Un uomo non può fare a meno di vergognarsi, se ammette di non essersi ucciso grazie ai libri. Sembra più una cosa da ragazza nevrotica. Invece è la verità. Molto, molto tempo fa i libri mi hanno salvato la vita. Se non vuoi crederci, non ci credere. Anche credere è una scelta. Certe cose non si possono decidere. Aver sete, per esempio. O essere salvato dai libri. Accade, non è una scelta. Ma mi perdo ancora. Il pensiero dei vecchi è circolare. Non è un pensiero in linea retta, in avanti, rivolto al futuro, come quello dei giovani. Il pensiero dei vecchi è un pensiero circolare, un pensiero cosciente della sua vicinanza alla fine, che in questo modo allontana. Non che la fine mi faccia paura. È il processo. L’avvicinamento. Ho visto molte volte la stessa paura negli occhi di altri uomini. Uomini in punto di morte. Sì, uomini uccisi da me. Se preferisci sentirmelo dire in questo modo, va bene, ho visto molte volte la stessa paura negli occhi di uomini uccisi da me. Non avevo intenzione di tacere che ho ucciso. Non avrebbe senso. Soprattutto con te. Ho detto uomini in punto di morte anziché uomini uccisi da me perché la paura di cui parlo non ha alcun rapporto con chi ti uccide, o con cosa ti uccide. Riguarda il fatto di andarsene. È la paura di essere giunti alla fine. L’ho vista tante volte negli altri, da riuscire a spurgarla in me.
Non è il caso di avere remore, fra noi. Ci conosciamo da tempo. Non devi distogliere lo sguardo lasciandolo scivolare, come ora, per questi muri coperti di scaffali stracolmi di libri. Fino a ventun anni non avevo mai letto un libro, ci credi? A parte quelli scolastici. A ventun anni ancora incespicavo sulle parole scritte e di molte non conoscevo il significato. Sembra impossibile, a guardare ora questa biblioteca. Non c’è un solo libro, qui, che io non abbia letto. La mia biblioteca. Ho vissuto tutte le vite che ho letto. Migliaia di vite. Ti sembrerò delirante. Ho le idee un tantino confuse, ma non a questo proposito. Le vite che ho letto non per questo sono state meno mie. Non c’è molta differenza tra le cose vissute leggendo e quelle vissute vivendo. Migliaia di vite ci attendono nel silenzio dei libri. Il silenzio dei libri non è uguale al nostro. Vieni su questa sedia, ti voglio vicino. Parlare ad alta voce mi stanca. Tutto è diventato talmente lontano. Talmente lontano. Tranne i libri, loro sono sempre vicini. È impossibile allontanarci troppo da noi stessi, no? Sto divagando ancora. Tira le tende. I miei occhi ormai non sopportano la luce. Hanno ragione. Il corpo agisce con intelligenza. Si prepara a quello che lo aspetta. Sarebbe una cosa indolore, se non ci fosse la memoria. Le mattine di sole mi piacciono ancora, per via della memoria che ho di esse. Faccio aprire le tende come se avessi occhi ancora buoni. È la memoria. Più scriteriata di una vecchia troia. Troia di una memoria irriducibile. Grazie. Ora si sta meglio. Quella era la mia sedia preferita. Qualche anno fa volevano farmela rifoderare. Ho detto di no. Non è rovinata. È vecchia. La mia sedia è invecchiata con me ed è giusto così. Nemmeno una sedia può testimoniare senza diventare parte della testimonianza. Questa biblioteca è un testimone più attendibile di me. Qui ho incontrato tanta gente. Noi due, se non ricordo male, non ci siamo mai incontrati fuori di qui. C’era chi entrava intimidito, come un tempo si entrava in chiesa, non riusciva a decidere dove mettersi, restava in piedi con le braccia lungo i fianchi. Altri entravano con sicurezza e si piazzavano al centro del tappeto. Questi avevano i gesti ampi e la risata forte. Tanta gente. C’era chi si sedeva accanto alla finestra, come da un amico. E chi mi si sedeva di fronte, come dal medico. Quelli con le gambe accavallate e la sigaretta accesa. C’era chi guardava fuori, quasi stesse in prigione. C’era chi si comportava da padrone. Tanta gente. I rosoni dell’armadio in fondo erano molto dorati. Adesso sono scoloriti. Questi libri, più che testimoni, sono i miei complici. Sanno tutto di me. E io so così poco di loro. Benché conosca i loro segreti nascosti e i loro ingenui errori. Benché ne sappia le ambizioni e ne verifichi i fallimenti. So poco di loro. I libri ci conoscono, ma non è nella loro natura lasciarsi conoscere a fondo. Mistero di questi piccoli dèi. Ridi pure, non importa. Non mi dispiace essere patetico. Non mi dispiace più, intendo. Nessuno conosce Dio, eppure crediamo nell’intima conoscenza di Dio a proposito di ogni uomo. Se riusciamo a credere in una parola – Dio – dovremmo poter credere in tutte. Quando sei stato qui l’ultima volta? Il tempo ormai mi si confonde. Il tempo perde importanza, man mano che scarseggia. Più diventa scarso, meno valore ha. Dev’essere l’unica cosa capace di perdere valore a mano a mano che diventa rara.
Lo so, ti avevo promesso di non proporti altri lavori. Non credere, non ti ho ingannato. Ero convinto che non sarebbe stato necessario chiederti di uccidere ancora per me. Mi sbagliavo. È tutto pronto. Non è stato facile scrivere la lettera che troverai nella busta. I miei occhi ormai ci vedono poco e mi tremano le mani. Fino all’età di quindici anni non conoscevo l’esistenza della scrittura, sai? Questo è ancora più difficile da credere. Se qualcuno lo raccontasse a me, non ci crederei. E se lo avessi letto in un libro giurerei senza esitare di avere letto una bugia. Invece è un’altra verità. Una di quelle verità talmente assurde che è impossibile inserirle in un libro. Quasi ogni esistenza darebbe adito a un pessimo libro, per via delle verità assurde di cui si compone. A quindici anni ero già cattivo. Non mi ricordo di essere mai stato diverso. Non avevo lasciato Besteiros più di quanto ci si possa allontanare a piedi in un paio d’ore. Avevo visto solo posti piccoli come Besteiros, tutt’al più come Penedos. Sapevo della città, ma non ci ero mai stato. Sapevo anche del mare subito oltre la città. Fino a quindici anni, gli unici libri che avessi mai visto erano i messali. Nemmeno visto, intravisto, perché quando andavo a messa restavo sempre vicino all’ingresso della cappella, mentre i libri erano laggiù in fondo, tra le mani del prete. Un ornamento dell’altare, uguale a tanti altri. La messa, anche a Besteiros, era composta di ornamenti. Distanti, quanto il latino. E poi non notiamo mai ciò che abbiamo sempre sott’occhio. Anche se è qualcosa di strano, come un prete intento ad aprire contenitori di fogli e a guardarci dentro pronunciando parole incomprensibili. Del resto il prete fingeva anche che l’ostia e il vino fossero il corpo e il sangue di Cristo e nessuno si chiedeva perché. Tutto si svolgeva da sempre alla stessa maniera, ed era da sempre così. Era naturale che nessun gesto del prete risvegliasse in me il tentativo di comprenderlo. In me e in tutti quelli di Besteiros, penso.
Dubito che Besteiros esista ancora. Saranno rimaste solo macerie ormai. Un luogo sperduto laggiù, nell’interno. In montagna, dove d’inverno si gelava e d’estate c’era la canicola. Una cappella senza cimitero e uno spaccio senza quasi niente da spacciare. Vi si conduceva una vita semplice, complicata solo di quando in quando da qualche malattia. Se non si guariva con il passare dei giorni, si preparavano pozioni e si pregava perché non fosse un malanno mortale. Se lo era, si andavano a seppellire i corpi a Penedos. Se qualcuno di Besteiros sapeva cosa fossero i libri o la scrittura, non me lo ha mai detto. Besteiros era talmente lontana, nemmeno i morti ci restavano. Le uniche parole esistenti in un luogo del genere erano quelle che uscivano dalla bocca della gente. Quasi tutte superflue.
Ecco qui i guanti e la pistola. È la mia. Sembrerà un suicidio. In un certo senso lo è. Ho scritto una lettera piuttosto convincente. Un lavoro pulito. Ormai non c’è nessuno in casa. Ti basterà chiudere la porta quando esci e sarà tutto finito. Certo, potrei essere io a farlo, ma preferisco sia tu. Non so spiegarti perché. Spara quando vuoi. Sono pronto.
La prima persona che ho visto scrivere è stato l’uomo delle consegne. Io e mio padre eravamo arrivati in città da meno di un’ora, e quella scoperta mi ha stupefatto più del mare, che in quel giorno luminoso sembrava un cielo sceso sulla terra. Ma del mare mi avevano parlato, della scrittura no. L’uomo delle consegne si appuntava le once di tabacco, il vino, l’acquavite e altre merci ordinategli dall’oste. Non avevo mai visto un bastoncino piccolo come quello in mano all’uomo delle consegne, un bastoncino capace di tracciare righe in un contenitore di fogli simile ai messali, solo meno voluminoso. Gli ho chiesto cosa stesse facendo. Scrivo, mi ha detto, così non mi dimentico. Non avevo capito. E l’uomo delle consegne non aveva capito cosa non avessi capito. Siamo rimasti per un certo tempo in quell’equivoco. Righe sulla carta per non dimenticare? Evidentemente mi ingannava. Niente come la scarsa conoscenza spinge a credere di non avere nulla da imparare. Ma chi volete prendere in giro, ho borbottato. L’uomo delle consegne ha insistito, spergiurava di dire la verità e anche gli altri uomini seduti lì a bere, al bancone di pietra dell’osteria, mi hanno dato la loro parola d’onore. L’oste ha giurato sulla buonanima di sua madre. Alla fine ci ho creduto. Se è così voglio imparare anch’io, ho detto, determinato. La gioventù non teme ancora il ridicolo, fa parte del suo fascino. Tutti sono scoppiati a ridere. Avevano denti marci. Sono gli ignoranti a ridere di più dell’ignoranza. Non hanno modo di compatirla.
Se è così, voglio imparare anch’io.
Da Besteiros fino alla...




