Bifo Berardi | Il terzo inconscio | E-Book | www2.sack.de
E-Book

E-Book, Italienisch, 360 Seiten

Reihe: Figure

Bifo Berardi Il terzo inconscio

La psicosfera nell'era virale
1. Auflage 2022
ISBN: 978-88-7452-966-7
Verlag: Nottetempo
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

La psicosfera nell'era virale

E-Book, Italienisch, 360 Seiten

Reihe: Figure

ISBN: 978-88-7452-966-7
Verlag: Nottetempo
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark



L'inconscio non conosce il tempo e la storia, ma la sua forma e il suo ruolo nella vita delle persone e nella società dipendono dalla 'psicosfera', che in ogni epoca ha una sua distinta specificità. All'inizio del Novecento, Freud individuò nell'inconscio 'l'intima terra straniera', il lato oscuro della struttura ben ordinata di progresso e razionalità. Negli anni '70 Deleuze e Guattari allargarono l'orizzonte e descrissero l'inconscio come un laboratorio, una forza desiderante che produce incessantemente immaginazione. Oggi siamo entrati in una terza era, 'la terra straniera non è più intima, ma orribilmente pubblica': l'inconscio, nota Bifo, è stato 'esternalizzato e trascinato dal turbine rizomatico dell'esperienza della rete digitale, fino al punto dell'esplosione psicotica'. Parallelamente, l'irruzione del virus nel panorama globale e l'esaurimento delle risorse psichiche e fisiche dovuto all'invecchiamento impongono all'inconscio individuale e collettivo di fare i conti con la prospettiva radicale dell'estinzione umana. In questa impetuosa e generosa esplorazione delle contraddizioni del presente Franco Bifo Berardi indaga la terza fase della psicosfera e individua le sfide che con urgenza estrema si pongono alle nostre possibilità di azione e alla nostra immaginazione.

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Introduzione


Il punto di vista dal quale guardo e parlo è quello della soglia che stiamo attraversando, la soglia della pandemia virale che segue e accompagna il collasso catastrofico del capitalismo.

Da questo punto di vista, del trauma della pandemia mi interessa immaginare l’evoluzione possibile della psicosfera, sapendo che occorre evitare ogni previsione, ma che un esercizio di immaginazione è necessario. Immaginare il raggio delle oscillazioni prevedibili, ascoltare i segnali che provengono dalla soggettività, interpretarne la parabola: questo è ciò che possiamo fare.

Oltre la soglia nella quale dimoriamo si può vedere un orizzonte di caos, di esaurimento dell’energia, di tendenziale estinzione della civiltà umana.

Nessuno forse ha espresso questo orizzonte con la chiarezza disperata del filosofo giapponese Sabu Kohso, che, riferendosi al mondo dopo Fukushima, poco prima della pandemia parla di “decomposizione del mondo e riscoperta della Terra”1.

I concetti che Sabu Kohso elabora nel suo libro riflettendo sulle conseguenze dell’incidente del 2011 terremoto, tsunami, collasso della centrale nucleare sono adatti a interpretare l’apocalisse pandemica del 2020: proliferazione ubiqua e inarrestabile di un principio dissolutivo invisibile (la radiazione / il virus), disgregazione di ogni ordine simbolico e politico, collasso del mondo come costrutto simbolico condiviso, e ritorno della Terra, rimossa dalla coscienza razionalistica.

La Terra, la grande deterritorializzata, riprende il posto di comando e spazza via, con la forza dei suoi tsunami, dei suoi incendi, delle sue epidemie virali, ogni patetica illusione di potere della volontà politica, ogni arrogante pretesa di eternità del capitalismo assoluto. E gli umani si ritrovano a camminare sulla Terra come alieni appena sbarcati su un pianeta poco conosciuto.

Mentre la politica, esercizio collettivo coordinato della volontà, si dissolve in una ripetizione di rituali sempre più incapaci di decidere e di incidere sul mondo inghiottito dal caos, credo che la filosofia e la psicoanalisi non dovrebbero farsi prendere dal panico. Lungi dal combattere contro il caos, la psicoanalisi, la filosofia e la poesia debbono assumere questo orizzonte di caos e di estinzione come un punto di partenza per una nuova riflessione.

Nell’orizzonte dell’estinzione che si spalanca, ogni cosa va ridefinita, in particolare ciò che accade nello spazio intimo del desiderio, dell’emozione e della paura.

Una storia dell’inconscio non si può scrivere perché l’inconscio non ha storia, non ha sequenzialità, non ha un prima e un dopo. Perciò quando parlo di una terza fase dell’inconscio voglio intendere in effetti la terza fase della psicosfera tardo-moderna.

Freud concepisce l’inconscio come il lato oscuro, la faccia nascosta del ben ordinato insieme del progresso razionale. Nell’epoca moderna la scienza, l’educazione e l’industria erano i pilastri della scena sociale: il matrimonio eterosessuale monogamico, la famiglia nucleare erano i luoghi della scena intima. Ma questo sistema istituito e normato non ha mai esaurito la vita collettiva e l’immaginazione, in cui si è sempre svolto un conflitto, un dramma a cui la normalizzazione si sovrapponeva con effetti che si manifestavano come disagio psichico.

Nel (1930) Freud dice che la normalità sociale richiede un alto grado di rimozione del desiderio, di repressione del , cioè della tensione sessuale e istintuale.

La normalità borghese produceva sofferenza in una forma che Freud definì nevrosi. Per poter condurre gli affari quotidiani dell’esistenza sociale l’individuo dell’epoca moderna era obbligato a rinunciare, a reprimere, e se possibile a dimenticare le sue tensioni sessuali, e questa rinuncia, che non era una rinuncia ma una rimozione () aveva affetti patogeni. La nevrosi era allora la forma generale della patologia.

Il quadro cambia però negli ultimi decenni del XX secolo, quando l’accelerazione dell’infosfera e l’intensificazione dello stimolo nervoso (comunicazione di rete, globalizzazione culturale) frantumarono il regime repressivo del desiderio e il regime patologico della nevrosi.

La prima intuizione di questa trasformazione del panorama psico-culturale la troviamo nell’ (1972), il libro che segnò il passaggio dallo strutturalismo al pensiero creativo rizomatico e descrisse il divenire che stava aprendo il vaso di Pandora del desiderio, anticipando così l’accelerazione neoliberale: ipermobilitazione delle energie desideranti disgiunte dal piacere.

Nell’ Deleuze e Guattari si liberano dell’idea che l’inconscio sia una specie di magazzino in cui si accumulano le esperienze rimosse.

L’inconscio, essi dicono, non è un teatro ma un laboratorio: è la forza magmatica che continuamente fa emergere nuove possibilità di immaginazione e di esperienza.

Oggi, cinquant’anni dopo la pubblicazione di quel libro, possiamo permetterci di leggere il pensiero di Deleuze e Guattari come un’ambigua (estremamente ambigua e quindi estremamente ricca) proiezione di un futuro a due facce: il futuro utopico di una liberazione collettiva del desiderio, e il futuro distopico del capitalismo neoliberale, che celebra effettivamente il desiderio come impulso al consumo, alla competizione e alla crescita economica, mentre il piacere è costantemente posposto, virtualizzato e reso inaccessibile.

L’intero sistema mediatico si è impegnato per decenni ad ampliare il raggio della promessa di piacere, ma questa promessa non si è mai realizzata, perché l’accelerazione dell’info-flusso provoca un sovraccarico dell’attenzione che rende il piacere inattingibile, lo rinvia indefinitamente, così da riconfigurare in modo originale (post-freudiano) il regime delle psicopatie.

Il panico è la percezione dell’eccesso di possibilità, l’intuizione di una quantità di piacere inaccessibile. Ma è anche la percezione di un pericolo che eccede le nostre capacità di comprensione e previsione. Secondo Jean Pierre Jeudy la paura rafforza la coesione del gruppo contro un pericolo che si conosce, mentre il panico lo fa esplodere perché il pericolo potrebbe venire da qualsiasi punto, o perché proviene dall’interno del gruppo stesso.

La crisi di panico è un affacciarsi su questo eccesso di piacere che è impossibile da esperire. Il panico è una linea di fuga dalla depressione, mentre la depressione è il rassicurante ritorno da un viaggio nel panico.

Questa oscillazione definisce la psicosfera post-nevrotica nella quale la nevrosi non è più la modalità generale della sofferenza psichica, e la psicosi prende il sopravvento: è l’età del secondo inconscio, dove l’iperstimolazione info-nervosa provoca un’esplosione dell’inconscio e conduce alla frustrazione psichica.

L’inconscio, che Freud definisce “intima terra straniera” (), viene allora esternalizzato e trascinato dal turbine rizomatico dell’esperienza della rete digitale, fino al punto dell’esplosione psicotica. La terra straniera non è più intima, ma orribilmente pubblica. L’oscena luce mediatica la costringe a rivelarsi, agitarsi, competere.

Chiamo semio-capitalismo la concatenazione di accumulazione, produzione semiotica e stimolazione psichica, cioè il regime economico entro il quale la produzione di valore passa attraverso l’accelerazione info-nervosa, ed entro il quale alla repressione nevrotica si sostituisce l’iperstimolazione panico-depressiva.

Guattari suggerisce che la schizofrenia deve essere riconsiderata come condizione di libera produzione del significato, e nel suo pensiero lo schizoide diviene la figura cruciale di un’avventura di liberazione, creatività e conoscenza. Ma quello descritto da Guattari era solo l’aspetto liberatorio dell’accelerazione. C’è invece un altro aspetto, che Baudrillard ha rivelato fin dal 1976, anno di pubblicazione de : questo altro aspetto è l’accelerazione mozzafiato della stimolazione nervosa (seduzione, simulazione, iperrealtà). Essa procede insieme alla globalizzazione neoliberale provocando un’interferenza nella sfera esperienziale.

La psicopatologia del semio-capitalismo è marcata da ansietà, disordini dell’attenzione e panico. D’altra parte è marcata anche da un diffondersi della depressione: l’intensità del ritmo sociale ed emozionale diviene intollerabile per l’organismo sensibile, e il solo modo di sfuggire alla sofferenza che deriva dall’intensità del desiderio, sempre rinviato e sempre accelerato, consiste nel rompere il rapporto con il desiderio, cioè lasciar cadere la tensione stessa verso la realtà: ecco la depressione.

È in questo ciclo che abbiamo vissuto nei decenni del passaggio dal secolo moderno dell’espansione al secolo presente in cui l’estinzione si delinea all’orizzonte.

Ora però, nel terzo decennio del XXI secolo, stiamo forse uscendo dalla sfera del secondo inconscio e stiamo entrando in una nuova psicosfera, nella quale un terzo inconscio prende...



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