Bianchi | Complotti! | E-Book | www2.sack.de
E-Book

E-Book, Italienisch, 327 Seiten

Reihe: Indi

Bianchi Complotti!

Da Qanon alla pandemia, cronache dal mondo capovolto
1. Auflage 2021
ISBN: 978-88-3389-337-2
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

Da Qanon alla pandemia, cronache dal mondo capovolto

E-Book, Italienisch, 327 Seiten

Reihe: Indi

ISBN: 978-88-3389-337-2
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark



L'idea generale sulle teorie del complotto è che siano un qualcosa di pericoloso e al tempo stesso di estremamente marginale, mentre i complottisti sarebbero dei pazzoidi che vanno in giro con gli occhi sgranati convinti di essere inseguiti da elicotteri neri. È un assunto, questo, che conforta la maggior parte delle persone: noi non siamo come loro. Ma la realtà è ben più complessa: le ricerche e gli studi più recenti dimostrano inequivocabilmente che il complottista può essere più o meno chiunque. Perché chiunque - in una o più fasi della sua vita - ha creduto ad almeno un teoria del complotto: in gergo, è finito «nella tana del Bianconiglio». Partendo dai Protocolli dei Savi di Sion, passando per QAnon e spingendosi fino alla pandemia e all'assalto al Congresso degli Stati Uniti, Leonardo Bianchi costruisce un quadro organico delle teorie del complotto, spiegando come nascono, in che modo e perché si diffondono, e cosa rivelano della società in cui viviamo. Il tutto senza mai rinunciare a quel rigore dell'analisi e del giudizio che ne fanno una delle voci più credibili e potenti del giornalismo italiano.

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PROLOGO
IL GIORNO DEL CAPPIO


Ricordate per sempre questo giorno


«Cazzo, che figata ragazzi! È bello vedervi qui, siete dei cazzo di patrioti», esclama un uomo mentre cammina con aria spavalda nell’aula del Senato degli Usa.

Sono passate da poco le due di pomeriggio del 6 gennaio del 2021. L’individuo in questione si chiama Jacob Chansley ed è un ex attore trentaduenne dell’Arizona conosciuto anche come Jake Angeli, lo «Sciamano» e il «Lupo di Yellowstone». Esibisce sul petto nudo diversi tatuaggi che rimandano alla simbologia vichinga, in testa ha un vistoso cappello in pelliccia con due corna e nella mano sinistra regge una bandiera degli Stati Uniti.

Dietro di lui c’è un poliziotto del Campidoglio che ha una mascherina chirurgica sul volto e non ha la più pallida idea di cosa fare. Davanti, invece, è seduto per terra un uomo di nome Joshua Black, con il cappellino rosso MAGA (da «Make America Great Again», lo slogan principale della campagna presidenziale di Donald Trump) e la faccia ricoperta di sangue. Alcuni manifestanti – tra cui uno con un fascio di manette di plastica – vagano per l’aula e consultano i documenti lasciati dai senatori, evacuati in fretta e furia in un posto sicuro all’interno dell’edificio.

Lo «Sciamano» sale sul podio della presidenza e si piazza sulla sedia dove soltanto un’ora prima c’era il vicepresidente Mike Pence, che stava presiedendo la seduta in cui si sarebbe dovuta ratificare la vittoria del candidato democratico Joe Biden alle presidenziali di novembre 2020. L’agente lo invita ad alzarsi, ma Chansley risponde che Pence è un «fottuto traditore», e quindi tanto vale rimanere lì.

Poi estrae il cellulare dalla tasca, e chiede a un altro uomo con il cappellino MAGA di scattare una foto per immortalare il momento. «Di solito non mi faccio foto», dice, «ma per questa volta farò un’eccezione». L’agente, sospeso tra il fastidio e la paura di essere sopraffatto, chiede gentilmente di uscire dall’aula.

In un primo momento i presenti acconsentono, ma Chansley rimane sullo scranno e scrive qualcosa su un foglio. Il giornalista del Luke Morgelson si avvicina e inquadra la scritta: .1

Nel frattempo, l’aula continua a riempirsi. «Ci sono altri quattro milioni di noi là fuori che stanno venendo qui», spiega all’agente un membro del gruppo estremista Proud Boys che indossa un giaccone di flanella a quadrettoni gialli e neri. Altri raggiungono il podio; uno di loro invoca Gesù Cristo. A quel punto lo «Sciamano» si toglie il copricapo e intona una strana preghiera:

Grazie Signore dei cieli per averci donato questa opportunità di batterci per i nostri diritti divini e inalienabili. Grazie Signore per aver dato ai poliziotti l’ispirazione necessaria per farci entrare in questo edificio e lanciare il nostro messaggio: a tutti i tiranni, i comunisti e i globalisti, questa è la nostra nazione – non la vostra!

Un fragoroso «AMEN!» prorompe nella sala.

All’incirca nello stesso lasso di tempo anche l’altro lato del Campidoglio è invaso dai manifestanti, pericolosamente vicini agli ingressi della Camera dei deputati presidiati dalla sicurezza. «Mentre ci stavano evacuando», racconta il deputato repubblicano Byron Donalds, «sentivamo i colpi alle porte. Sapevamo che erano lì fuori». Qualche parlamentare rimane bloccato sulla balaustra e si rifugia sotto le sedie.

Un gruppo di assalitori si trova invece nella Speaker’s Lobby, un lungo corridoio fuori dall’aula in cui sono esposti i ritratti dei presidenti della Camera. I manifestanti scorgono in lontananza il deputato democratico James McGovern (in fuga e scortato dai servizi) e cercano di forzare la porta.

Uno di loro sfascia il vetro a colpi di bastone, incitato dagli altri al grido di «buttala giù!» Al di là del blocco c’è un agente della polizia del Campidoglio con una pistola puntata contro di loro. Sono esattamente le 14.44: la trentacinquenne Ashli Babbitt – ex veterana dell’aeronautica, sostenitrice di Donald Trump e seguace della teoria del complotto di QAnon – non presta ascolto agli avvertimenti degli altri manifestanti e si fionda nel varco; parte un colpo d’arma da fuoco che la colpisce sul collo e la scaraventa a terra.

Morirà di lì a poco. Il giorno prima aveva scritto su Facebook: «Niente e nessuno ci fermerà: possono provarci e riprovarci, ma la tempesta è arrivata e si abbatterà su Washington D.C. in meno di 24 ore».2

Lo sparo che uccide Babbitt si sente distintamente all’interno della Camera. I deputati e le deputate, in preda al panico più totale, si tolgono le spille con i nomi per non farsi identificare. Il democratico Dan Kildee, dello stato del Michigan, telefona alla moglie. «Appena ho sentito la sua voce», ha detto in un’intervista, «ho pensato: “Sto davvero facendo chiamata? Quella che fai quando l’aereo precipita o il palazzo è in fiamme?”»3

Le forze dell’ordine riusciranno a sgomberare il Campidoglio e ristabilire l’ordine soltanto dopo diverse ore di caos e scontri, in cui moriranno cinque persone e svariate centinaia rimarranno ferite.

Verso sera, mentre i due rami del parlamento si riuniscono nuovamente per portare a termine il conteggio dei voti del collegio elettorale, Donald Trump pubblica uno dei suoi ultimi tweet prima di essere bandito permanentemente dal social network.

«Questo è quello che succede quando una schiacciante vittoria elettorale viene brutalmente sottratta ai grandi patrioti che per troppo tempo sono stati trattati male e ingiustamente», si legge. «Andate a casa, in pace e con amore. Ricordate per sempre questo giorno!»4

100% prevedibile, 100% inimmaginabile


L’assedio al Congresso statunitense, ha detto il corrispondente capo del Peter Baker, è stato al tempo stesso «inimmaginabile» e «prevedibile al cento per cento».5 I quattro anni precedenti hanno in un certo senso preparato quel momento: il presidente avrebbe «sicuramente rifiutato qualsiasi risultato elettorale al di fuori della sua vittoria»; e con lui i suoi fan.

Già mesi prima delle elezioni Trump aveva parlato preventivamente di brogli e frodi elettorali. La notte del 3 novembre, a spoglio appena iniziato, aveva ribadito il concetto su Twitter e in una conferenza stampa: «Abbiamo vinto alla grande, ma stanno provando a rubarci l’elezione».

Per contrastare queste fantomatiche irregolarità, sin dalla chiusura delle urne è partita una campagna forsennata racchiusa nell’hashtag #StopTheSteal («Ferma il furto», coniato per la prima volta nel 2016 dall’alleato e consulente di Trump Roger Stone), promossa dallo stesso presidente e da alcuni repubblicani di spicco, e costellata di notizie false e teorie del complotto di ogni tipo – dall’hackeraggio dei software per il conteggio delle schede fino a un complicato broglio informatico ordito dall’Italia per volere di Giuseppe Conte e Matteo Renzi.6

Invece di mettere fine alle speculazioni, l’annuncio della vittoria di Joe Biden non ha fatto che rafforzarle. La squadra di Trump ha lanciato una serie di cause legali – redatte dall’avvocata Sidney Powell e dal collega Lin Wood (entrambi complottisti sfrenati) e tutte finite nel nulla – e discusso apertamente di propositi eversivi.

Stando a un retroscena rivelato dal ,7 il 18 dicembre del 2020 alla Casa Bianca si è tenuto un incontro tra Trump, Powell e l’ex consigliere per la sicurezza nazionale Michael Flynn, in cui l’ex generale (condannato nell’ambito dell’inchiesta sulle interferenze russe nel voto del 2016, e poi graziato dal presidente) avrebbe proposto di dichiarare la legge marziale e «rifare» l’elezione. L’ipotesi è stata poi ribadita in diretta da Flynn anche sul network ultraconservatore , e ha contribuito a eccitare ulteriormente gli animi dei sostenitori pro-Trump e dei vari movimenti estremisti coagulatisi intorno a #StopTheSteal.

Tra novembre e dicembre, in varie città si sono susseguite proteste sempre più agguerrite – specialmente negli stati contesi e sul filo del rasoio. A Washington D.C. ci sono state due manifestazioni chiamate «Million MAGA Marches», che hanno visto la nutrita partecipazione di gruppi di estrema destra. Quella del 12 dicembre è finita con scontri tra suprematisti e antifascisti, quattro accoltellamenti e 33 arresti.8

Scene simili si sono verificate anche il 5 gennaio del 2021, sempre nella capitale. Migliaia di estremisti si sono radunati a Freedom Plaza sostenendo che «i comunisti stanno rubando il nostro sogno americano» e finendo per scontrarsi con le forze dell’ordine.9 In una diretta girata dal neonazista Tim Gionet (noto su internet con il soprannome «Baked Alaska»), un manifestante aveva detto chiaro e tondo che «domani, anche se non mi piace dirlo perché sarò arrestato, entriamo dentro il Campidoglio».

L’appuntamento del 6 gennaio, ribattezzato alternativamente «Stop the Steal» o «Occupy Capitol», si era dunque caricato di un’aspettativa a dir poco messianica. Bastava davvero poco per scatenare la violenza; e Trump l’ha fatto dal palco allestito sul National Mall, appena un quarto d’ora dopo l’inizio del suo comizio. «Marceremo insieme verso il Campidoglio», ha detto rivolgendosi alla...



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