Bender | Creature ostinate | E-Book | www2.sack.de
E-Book

E-Book, Italienisch, 148 Seiten

Bender Creature ostinate


1. Auflage 2012
ISBN: 978-88-7521-477-7
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

E-Book, Italienisch, 148 Seiten

ISBN: 978-88-7521-477-7
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark



Con la sua originale miscela di surrealismo, prosa musicale e potenza emotiva, Aimee Bender è diventata una delle scrittrici di culto della nuova scena letteraria americana. I quindici racconti di questa raccolta sono incroci originalissimi tra la realtà e la fiaba: vi compaiono omini in miniatura tenuti in gabbia come animali da compagnia, piccole patate ambulanti, coppie con la testa a forma di zucca e sculture fatte d'aria e d'acqua in vendita nel bel mezzo del deserto del Nevada; ma anche l'inevitabilità della morte, la crudeltà delle adolescenti, le dinamiche irresistibili del desiderio, la solitudine e il conforto dell'amore, la voglia di sfidare il proprio destino. Nella scrittura della Bender, che unisce la sensibilità visionaria alla Tim Burton a uno stile cristallino degno di Raymond Carver, il genere fantastico diventa un mezzo per dipingere con acutezza ed empatia la realtà della condizione umana.

Bender Creature ostinate jetzt bestellen!

Weitere Infos & Material


CAPOLINEA


L’uomo andò al negozio di animali a comprarsi un omino che gli tenesse compagnia. Il negozio era pieno di cani chiazzati e gatti timidi e la gente socievole si comprava i cani e la gente emancipata si comprava i gatti e quest’uomo si guardò intorno finché in fondo al negozio non trovò una gabbia dentro la quale c’erano un divano in miniatura e una minuscola tv e un bell’omino dai capelli castani che indossava un completo di tweed. Guardò il cartellino col prezzo. L’omino costava parecchio, ma l’uomo aveva uno stipendio fisso e pensò che valesse la pena di fare quella spesa.

Portò la gabbia al bancone, pagò con la carta di credito e ricevette un certo numero di miglia gratis dalla sua compagnia aerea.

In macchina, la gabbia dell’omino ballonzolava leggermente sul sedile del passeggero, tenuta ferma dalla cintura di sicurezza.

L’uomo sistemò l’omino nella sua camera da letto, sul comodino, e aprì lo sportello della gabbia. Allora per la prima volta l’omino distolse lo sguardo dalla piccola tv. Batté le palpebre, un gesto difficile da vedere, e poi chiese la cena con una vocetta acuta e stridente. L’uomo gli portò una goccia di whisky versata dentro la scanalatura a forma di croce di una vite, e una strisciolina di pollo con la pelle ancora sopra. Non aveva arnesi adatti, per cui disse all’omino di mangiare tranquillamente con le mani, cosa che all’omino diede sui nervi. L’omino spiegò che prima di essere catturato era una persona raffinata e di successo, che faceva il consulente per aziende hi-tech ed era stato molte volte a Parigi e a Milano, quindi per mangiare gradiva coltello e forchetta, grazie tante. L’uomo non la smetteva più di ridere, trovava che l’omino che aveva comprato fosse un vero spasso. L’omino gli disse in tono chiaro e secco che i negozi di giocattoli erano aperti anche il fine settimana, e che gli serviva un letto, per favore, con un vero cuscino, per favore, e un abat-jour e qualche libro con le pagine vere, se possibile. Per favore. L’uomo ridacchiò un altro po’ e fece di sì con la testa.

L’omino si mise seduto sul divano. Quella prima sera rimase sveglio fino a tardi, lanciando risate acute e stridenti di fronte ai talk-show in seconda serata, cosa che infastidì oltremodo l’uomo, il quale cercava di dormire e non riusciva a chiudere occhio. Alle quattro di mattina, esausto, mise un po’ di antistaminico nell’abbeveratoio dell’omino, facendogli finalmente venire sonno. Per sbaglio, però, ce ne mise troppo, perché ottenere la giusta dose richiedeva doti matematiche superiori alla media, e già la matematica non era esattamente il suo forte, perciò l’omino rimase intontito per tre giorni, a trascinarsi qua e là per la gabbia lasciando minuscole tracce di bava sul divano. L’uomo andava al lavoro e aveva nostalgia di lui tutto il giorno, poi alle cinque si precipitava a casa per la smania di rivedere il suo omino e continuava a trovarlo in quello stato di torpore. Quando alla fine l’effetto dell’antistaminico svanì, l’omino si svegliò con le narici perfettamente libere e scoprì di avere intorno una camera arredata di tutto punto, con tanto di lampadario e parecchi libricini, fra cui un’edizione di in spagnolo, nonché un animaletto da compagnia anche per lui: una formica dentro una gabbietta.

I due uomini andarono d’amore e d’accordo per un paio di settimane. L’omino se la cavava benissimo con i numeri e aiutava l’uomo con gli estratti conto della banca. Ma fra una bolletta e l’altra, all’omino piaceva anche parlare della sua vita precedente, e raccontare di come era stato catturato mentre andava al lavoro – durante una sosta in panetteria, fra tutti i posti possibili – dai cacciatori di omini, e ripetere quanto gli mancavano la moglie e i figli. L’uomo non aveva né moglie né figli, e non gli piaceva sentire quella parte della storia. «Adesso sei mio», diceva all’omino. «Ti ho pagato un bel po’ di soldi».

«Ma io ho degli incarichi di responsabilità», diceva l’omino al suo padrone, con gli occhi umidi sotto la luce.

«Ha detto che mi avrebbe riportato al negozio», diceva l’omino.

«Non ho mai detto una cosa del genere», rispondeva l’uomo, ma non si ricordava se era vero o no. Non era mai stato bravo a imparare i nomi e ricordarsi le cose.

Dopo tre settimane o giù di lì, dopo aver conosciuto le personalità dei figli, dei nonni e degli zii dell’omino, dopo aver sentito raccontare del decimo pranzo a Parigi e di come il maître aveva fatto i complimenti all’omino per la sua pronuncia, dopo essersi sentito descrivere un viaggio in treno verso la Toscana allietato da canti di arie per tenore accompagnate col mandolino, l’uomo cominciò a torturare l’omino. Mentre l’omino era girato dall’altra parte, gli mise di nascosto una gocciolina sottilissima di detersivo dentro l’acqua, e poi lo guardò restare in preda alle allucinazioni tutta la notte, rivoltarsi da tutte le parti, vomitare piccoli ammassi rosa negli angoli della gabbia. Quel corpicino era così minuscolo che veniva difficile immaginare che potesse provare tanto dolore. Quanto dolore poteva entrarci, di fatto, in uno spazio così ristretto? L’uomo scivolò in un sonno profondo, convinto che il suo amichetto stesse solo esagerando, facendo scena.

L’uomo cominciò a darsi malato al lavoro.

Gli piaceva gettare in aria l’omino e riacchiapparlo al volo. L’omino protestò in molti modi. All’inizio disse con voce ferma e paterna che quel modo di giocare non gli piaceva affatto, poi si mise a piangere e a gridare. L’uomo non ebbe nessuna reazione, allora l’omino provò a farlo ragionare, e per un attimo quasi ci riuscì, dicendo: «Senti, anch’io sono un uomo come te, solo che sono piccolo. Così mi fai tanto male. Anche se non ti sto simpatico», disse l’omino, «mi fa male comunque». Per un secondo l’uomo gli diede retta, ma ormai ci aveva preso troppo gusto a lanciare di qua e di là l’omino, che non parlava più così spesso dell’arte della baguette e, cominciando a coprirsi di lividi e cicatrici, alla fine smise di proferire parola. Gli faceva male la testa e non si fidava più di bere l’acqua.

Pensò a un modo per fuggire. Ma come fare? La maniglia della porta era l’Empire State Building. Il cortile era una savana africana.

L’uomo guardava la tv insieme all’omino. Una volta, durante il varietà con le donnine sexy, lo afferrò, se lo infilò nei pantaloni e lo lasciò lì. L’omino toccò il pene dell’uomo, che crebbe accanto a lui come il fagiolo magico delle favole, emanando un tale odore di virilità e di terra che l’omino si sentì in imbarazzo al pensiero del proprio piccolo pene, nascosto nei pantaloni da consulente. Diede un pugno al pene dell’uomo e il tralcio di fagioli continuò a crescere, ma l’uomo, infastidito, si mise una mano nei pantaloni e scagliò l’omino dall’altra parte della stanza. L’omino andò a sbattere contro la gamba di un tavolo. Si risvegliò dentro la gabbia, con un mal di testa lancinante. Ma non gli era dispiaciuto poi così tanto trovarsi dentro le mutande dell’uomo, perché per la prima volta da che l’avevano catturato aveva assaporato un briciolo di sensazione di potenza.

«Non ci provare mai più», lo avvertì l’uomo, occupando con la testa tutta la parete nord della gabbia.

«Per favore», disse l’omino, che non aveva più gli occhi umidi, ma vitrei. «La prego. Abbia pietà».

L’uomo avvolse l’omino nel nastro adesivo da capo a piedi: così non poteva scalciare e c’erano solo dei buchini minuscoli per la bocca e gli occhi. Poi lo ficcò dentro il frigo per un’ora. Quando andò a tirarlo fuori l’omino era svenuto, e l’uomo lo mise nel fornetto per le merendine, a temperatura molto bassa, per un’altra decina di minuti. Preriscaldato. L’omino riprese conoscenza dopo un paio di giorni.

«Per favore», disse all’uomo, con voce spezzata.

All’uomo non piaceva l’espressione . Non gli piaceva l’educazione e non gli piaceva la gente. Al lavoro si annoiava e nessuno aveva notato il suo cappotto nuovo. Con tutte le miglia accumulate grazie alla carta di credito si comprò un biglietto aereo per Parigi, ma presto si accorse che non sapeva una parola di francese e aveva troppa paura di mangiare per sbaglio del cervello: non ci poteva andare. Non voleva chiedere all’omino di fargli da interprete perché non voleva sentire la vocetta dell’omino con l’accento francese. Solo il pensiero lo mandava in bestia. Lasciò scadere il biglietto senza cambiarlo. Sull’aereo, una ragazza si sdraiò sul sedile e si mise a dormire, dato che il posto accanto era rimasto vuoto. Al lavoro, l’uomo chiese di uscire a una bella donna che gli piaceva da anni, e lei scappò subito via a raccontarlo alle colleghe. Non disse nemmeno di no: per lei era così ovvio che non c’era neanche bisogno di dirlo.

«Spogliati», disse l’uomo all’omino quel pomeriggio.

L’omino fece una smorfia di sofferenza e l’uomo gli mostrò un flacone di detersivo per il bagno a mo’ di minaccia. L’omino si spogliò lentamente, ripiegò i vestiti e rimase fermo in piedi davanti all’uomo, con la pelle bianca, il petto simile a un praticello di pelo infeltrito, il pene nascosto, le labbra che tremavano così lievemente che solo un occhio attentissimo se ne sarebbe accorto.

«Fai qualcosa», disse l’uomo.

L’omino si sedette sul divano. «Cosa?», disse.

«Fattelo diventare duro», disse l’uomo. «Fammi vedere com’è quando ce l’hai duro».

L’omino aveva ancora la testa...



Ihre Fragen, Wünsche oder Anmerkungen
Vorname*
Nachname*
Ihre E-Mail-Adresse*
Kundennr.
Ihre Nachricht*
Lediglich mit * gekennzeichnete Felder sind Pflichtfelder.
Wenn Sie die im Kontaktformular eingegebenen Daten durch Klick auf den nachfolgenden Button übersenden, erklären Sie sich damit einverstanden, dass wir Ihr Angaben für die Beantwortung Ihrer Anfrage verwenden. Selbstverständlich werden Ihre Daten vertraulich behandelt und nicht an Dritte weitergegeben. Sie können der Verwendung Ihrer Daten jederzeit widersprechen. Das Datenhandling bei Sack Fachmedien erklären wir Ihnen in unserer Datenschutzerklärung.