E-Book, Italienisch, 141 Seiten
Reihe: Indi
Becchetti Guarire la democrazia
1. Auflage 2024
ISBN: 978-88-3389-551-2
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
E-Book, Italienisch, 141 Seiten
Reihe: Indi
ISBN: 978-88-3389-551-2
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Siamo in grado di vincere la sfida climatica? La transizione ecologica è possibile? L'intelligenza artificiale ucciderà il lavoro? Il voto col portafoglio può cambiare il mondo? Il paradigma economico può essere riformato? Una trasformazione della politica in Italia è attuabile? E i social media alimentano il dibattito o lo avvelenano? Sono tutte domande per le quali non esiste una risposta giusta, se non quella di rimetterci in gioco, di tornare a fare della democrazia non un diritto acquisito, ma una conquista quotidiana. Un sistema sociale ed economico che produce povertà, insostenibilità ambientale e diseguaglianze sociali minaccia l'essenza stessa della nostra democrazia. Inutile aspettare Godot e invocare sovrani illuminati, mani invisibili o soluzioni dall'alto. La felicità esiste ma è un esercizio faticoso. L'impegno alla partecipazione, alla cittadinanza attiva, alla costruzione di relazioni e comunità è la via da percorrere per ottenere soddisfazione e ricchezza di significato della nostra vita e anche la soluzione a molti dei maggiori problemi odierni. Come dipanando un ideale filo di Arianna, Leonardo Becchetti ci suggerisce una strada per un nuovo paradigma economico nel quale diventare padroni e non vittime delle incredibili potenzialità dei nostri giorni.
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INTRODUZIONE
Non c’è nessun dubbio sul fatto che il mondo in cui viviamo sia pieno di problemi, mali, contraddizioni. Ne siamo circondati e i media non mancano di sottolinearlo, visto che esiste purtroppo una legge della comunicazione per la quale la cattiva notizia fa più notizia di quella buona.
L’ambizione di un economista civile è però quella di essere un medico della società.
È molto facile oggi cadere nel rischio di essere solo delle Cassandre, lasciandosi travolgere da un pessimismo che non prospetta alcuna via d’uscita. Se il dottore da cui andiamo si mette le mani nei capelli guardando le nostre analisi, si dilunga per mezz’ora nello spiegarci quanto è grave la nostra malattia e alla fine ci saluta senza offrire nessuna ricetta o farmaco per una possibile via d’uscita, ce ne andiamo disperati. Il compito dei «medici sociali», come di quelli che curano gli esseri umani, è lavorare sodo per trovare cure e rimedi, che alimentino e non uccidano la speranza.
In una delle introduzioni a uno dei tanti eventi pubblici che ricordo con più piacere, sono stato descritto come «narratore di vie d’uscita». In questo libro provo a essere all’altezza di questo inedito «mestiere», illustrando le vie d’uscita che mi sembrano più promettenti.
Anche la medicina sociale (quella che ci proponiamo di praticare come economisti civili) deve avere come fine la cura del paziente, e non la semplice descrizione e resa di fronte al male. Il medico sociale deve utilizzare un metodo rigoroso che coincide con quello scientifico, articolato essenzialmente in tre fasi. La prima è la conoscenza profonda dell’anatomia e l’identificazione delle patologie del paziente, e richiede uno studio e un’analisi approfondita dei meccanismi del nostro sistema sociale ed economico, per coglierne le patologie più gravi da curare in un quadro che purtroppo è di comorbidità (ovvero compresenza di diverse patologie che si influenzano l’una con l’altra). Di fronte a un quadro di comorbidità, la prima cosa da evitare sono le medicine che contribuiscono a curare una delle patologie peggiorando però il quadro di un’altra.
Nel caso che ci interessa direttamente, sappiamo che il sistema economico ha dimostrato nel tempo una straordinaria capacità di creare beni e servizi in tempo sempre minore, grazie all’aumento di produttività ed efficienza, e ci ha portato e diffuso benefici straordinari in termini di aumento di aspettativa di vita. Ma sappiamo anche che questo sistema è affetto da tre gravi patologie. In primo luogo, il valore creato è distribuito malissimo e diseguaglianza e povertà sono diffuse e visibili. In secondo luogo, la crescita della produzione senza attenzione alle conseguenze sull’ecosistema ci ha portati a una situazione di grave insostenibilità ambientale e di emergenza climatica. Infine, il modello economico vigente tende per sua natura a impoverire le radici del senso del vivere, creando fenomeni diffusi di depressione e ignorando che gli esseri umani sono innanzitutto cercatori di senso.
La seconda fase del metodo consiste nell’individuare l’idea di salute verso cui tendere (più facile da concordare quando il paziente è una persona e non un sistema sociale). Come chiariremo nel corso della nostra analisi, l’obiettivo è alto, quello della generatività e felicità, un orizzonte nel quale felicità personale e pubblica possano convergere.
La terza fase è quella delle ricette, delle cure. Ne illustrerò varie, sottolineando come il loro successo dipende dal nostro coinvolgimento diretto. È questa la caratteristica più peculiare del sistema economico di cui si propone l’adozione: niente mani invisibili che funzionano indipendentemente dai nostri sforzi (peraltro, come è noto, le mani invisibili sono state sostituite da società-piattaforma che sono loro stesse il mercato), ma piuttosto meccanismi risolutivi che, per sviluppare le loro potenzialità, hanno bisogno del nostro coinvolgimento.
Il percorso che propongo si struttura in sei capitoli. Nel primo si parte dal problema che segna la nostra epoca. È opinione ormai comune che siamo passati dall’era della rivoluzione industriale a quella della transizione ecologica. Per combattere la sfida del riscaldamento globale tutto il pianeta sta muovendo, con minore o maggiore velocità e consapevolezza, volente o nolente, verso un modello di sviluppo differente, dove l’impegno per la riduzione delle emissioni climalteranti e per la piena circolarità dell’economia (intesa come capacità di creare valore economico sostenibile per l’ambiente) è al centro dell’attenzione di tutti, a partire dal sistema finanziario e bancario, che è ben consapevole del rischio climatico e dei pericoli del nostro futuro prossimo venturo. Anzi, potremmo dire che sono proprio gli imprenditori i soggetti più attenti e preoccupati per un futuro che rischia di non esserci, perché, essendo abituati a fare proiezioni e previsioni, il futuro è loro ingrediente e pane quotidiano.
Per non disperderci in mille direzioni, è opportuno partire dall’equazione di Kaya, che sottolinea come possiamo vincere la sfida della transizione ecologica attraverso tre strade (la riduzione della popolazione, la riduzione del nostro tenore di vita, la riduzione dell’energia di cui abbiamo bisogno per produrre valore economico con conseguente riduzione di emissioni climalteranti per una quantità data di energia utilizzata). Poiché le prime due strade non appaiono politicamente praticabili, è sulla terza (e la quarta sottocategoria) che stiamo insistendo particolarmente, attraverso l’economia circolare e la riduzione delle emissioni. Non per questo dobbiamo però ignorare l’appello di papa Francesco, che nell’enciclica (rafforzando poi il concetto nella più recente esortazione ) ci ricorda (affermando che «meno è più») il valore di una «ricca sobrietà», capace di andare oltre il consumo compulsivo che diventa spesso sfogo di patologie, e di cogliere la bellezza e la ricchezza di senso di valori non computabili nel Pil ma in grado di aiutarci ad accrescere la nostra felicità, anche attraverso un cambiamento del nostro stile di vita.
Fatte proprie e approfondite queste considerazioni, il primo capitolo si sofferma sulla via maestra da seguire – che resta quella del cambio delle fonti di produzione di energia, visto che esse sono al centro della creazione delle emissioni – osservando come la rivoluzione delle fonti rinnovabili sia ormai in pieno corso, sospinta anche dalle convenienze di mercato dettate dalle economie di scala che le hanno rese progressivamente molto più convenienti delle fonti fossili.
«Le fonti rinnovabili serviranno al massimo per il led del telecomando...» Ho deciso di conservare un po’ di messaggi su Twitter per scrivere un altro libro sulla miopia di chi non è in grado di vedere in che direzione sta andando il mondo. Per il momento mi è sufficiente spiegare come si superano le obiezioni più comuni alle rinnovabili (occupano troppo spazio; come facciamo quando non c’è sole e vento?; passeremo dalla dipendenza dai paesi produttori di petrolio a quella da minerali e terre rare...). La vera domanda con cui si chiude questo capitolo è la seguente: posto che ormai la direzione è presa (e non era affatto scontato vent’anni fa, quando aspettavamo già la famosa , ovvero il momento in cui i prezzi delle rinnovabili sarebbero scesi e diventati almeno pari a quelli delle fossili), stiamo viaggiando abbastanza veloci da evitare una catastrofe globale? La risposta è che la nostra lentezza non ci risparmierà problemi, e ci toccherà affrontare anche i colpi di coda del negazionismo e dei conflitti che potranno nascere man mano che la situazione ambientale diventerà più grave e urgente. Più lenti saremo nella transizione, maggiori saranno purtroppo i costi sociali pagati dai più deboli, ovvero da coloro che hanno meno risorse per difendersi dall’emergenza.
Il secondo capitolo parla della sfida che un progresso scientifico e tecnologico sempre più accelerato pone al mondo del lavoro e alla nostra aspirazione ad avere un’occupazione libera, creativa, partecipativa e solidale. Noi baby boomer, nati prima della rivoluzione digitale, siamo pienamente consapevoli di quanto l’avvento di internet abbia cambiato radicalmente la nostra vita e intuiamo come la seconda rivoluzione dell’intelligenza artificiale possa generare un’ulteriore, profonda trasformazione. Con l’aumento straordinario della velocità di circolazione delle conoscenze prodotto dalla rete i processi schumpeteriani di «distruzione creatrice» sono accelerati, con effetti profondi sul mercato del lavoro. La caratteristica dominante del nostro futuro consisterà sempre più in fasi accelerate di creazione e distruzione di posti di lavoro. Nello specifico, le stime del World Economic Forum su quanto accadrà con l’avvento dell’intelligenza artificiale parlano di una perdita di circa 80 milioni e della contemporanea creazione di quasi altrettanti posti di lavoro. Altri scenari, come quello tracciato dalla maggiore società di consulenza globale, Gartner, sono molto più ottimistici e parlano di creazione netta di centinaia di milioni di posti di lavoro. Il non piccolo e trascurabile problema, però, è che mentre siamo certi che molte persone perderanno il loro lavoro, non sappiamo se i nuovi posti disponibili verranno occupati, perché richiederanno nuove competenze green e digitali che gli aspiranti a quei posti di lavoro non è detto avranno acquisito. È per questo che formazione e riqualificazione della forza lavoro sono gli imperativi più...




