E-Book, Italienisch, 359 Seiten
Reihe: Minimum classics
Barth L'Opera Galleggiante
1. Auflage 2022
ISBN: 978-88-3389-382-2
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
E-Book, Italienisch, 359 Seiten
Reihe: Minimum classics
ISBN: 978-88-3389-382-2
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Una mattina di giugno del 1937 Todd Andrews - un'avviatissima carriera di avvocato, una sobria vita borghese in una cittadina del Maryland, un improbabile ménage a trois con l'amico Harrison, erede di un impero dei sottaceti, e la graziosissima moglie di lui - si sveglia, si alza dal letto e guardandosi allo specchio scopre che la risposta a ogni suo problema è il suicidio. Vent'anni dopo, ancora vivo, racconta al lettore gli sviluppi di quella fatale giornata. Pubblicato originariamente nel 1956 e rivisto dallo stesso autore nel 1967, L'Opera Galleggiante è considerato da molti il capolavoro di John Barth: spirito nichilista e humour nero, critica di costume e spunti meta-narrativi si fondono in un romanzo sperimentale e godibilissimo che inaugurava la narrativa postmoderna e che a più di sessant'anni di distanza nulla ha perso del suo smalto.
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Introduzione
Il 24 gennaio del 1973 sulla prima pagina del compariva un articolo dedicato alla «Società per la Celebrazione della Barthomania», una confraternita di Washington dedita alla venerazione dello scrittore John Barth: i membri si riunivano regolarmente per simposi goliardici in un ristorante della città, indossando stravaganti copricapi e portando come insegna una melanzana di plastica (in uno dei romanzi del loro idolo, la melanzana è tra gli ingredienti di una pozione che dona vigore sessuale); le attività di proselitismo includevano la vendita di adesivi pro-Barth da attaccare sui paraurti delle macchine e il sostegno alla campagna elettorale di un candidato alla poltrona di governatore del Maryland il cui programma prevedeva l’istituzione ufficiale di un «John Barth Day».
Una volta tanto, insomma, si può applicare a buon diritto un’etichetta abusata: John Barth è un .
John Barth è anche lo scrittore definito diversi anni fa da «con ogni probabilità il romanziere americano più brillante che sia all’opera ai nostri giorni» e dal «il migliore scrittore di narrativa che abbiamo in America oggi, e uno dei migliori che abbiamo mai avuto»; è membro dell’Accademia Americana delle Lettere, vincitore di un National Book Award (il premio letterario americano più prestigioso dopo il Pulitzer) e di svariati premi alla carriera. C’è da chiedersi, allora, perché il suo nome – pur suonando alle orecchie degli studiosi di letteratura americana come quello di un vero nume tutelare – sia pressoché sconosciuto ai lettori comuni.
Uno dei motivi sta in una dichiarazione dello stesso Barth a proposito degli scrittori che rifiutano di compiere analisi critiche sulla propria opera:
Queste ostentazioni di ignoranza, questo atteggiamento da poveri campagnoli sempliciotti che strusciano i piedi e si grattano la testa per l’imbarazzo, sono l’eredità lasciata da Mark Twain agli scrittori americani. [...] Per quanto mi riguarda, sono pose che trovo sconvenienti, anche se comprendo l’impulso che c’è dietro. Non sono amico dell’anti-intellettualismo; l’anti-intellettualismo, e addirittura l’anti-intelligenza, hanno già abbastanza amici, non hanno bisogno di me.1
La scrittura di John Barth è deliberatamente, consapevolmente (a volte, bisogna ammetterlo, compiaciutamente) e complessa. Quasi tutti i suoi libri sono un trionfo di architetture ricercate, deviazioni metanarrative, sottili intenti parodistici, allusioni letterarie, giochi di parole, peripezie linguistiche. Sono pane per i denti di lettori smaliziati e appassionati. Osannati dagli anni Sessanta e Settanta, gli anni dello sperimentalismo più avventuroso, negli anni Ottanta Barth e il suo genere di postmodernismo sono stati in larga misura soppiantati dal «realismo sporco» di Raymond Carver e dei suoi successori «minimalisti»: uno stile infinitamente più piano, scorrevole, diretto, di facile impatto.
In un articolo pubblicato in quel periodo sul ,2 è Barth stesso ad analizzare con grande lucidità la corrente minimalista, che definisce «il fenomeno più imponente dell’attuale scena letteraria americana», elencandone sia gli antecedenti storici sia i fattori di origine nella condizione socio-culturale dell’epoca; fra questi:
La reazione al «fabulismo» ironico e pieno di humour nero e/o all’intellettualismo (a volte accademico) e/o alla densità ora bizantina, ora barocca, dei suoi immediati predecessori, cioè scrittori come Donald Barthelme, Robert Coover, Stanley Elkin, William Gaddis e William Gass, John Hawkes, Joseph Heller, Thomas Pynchon, Kurt Vonnegut (e, presumo, il sottoscritto).
Va osservato che, lungi dal demonizzare il minimalismo letterario, Barth definisce «eccellenti scrittori» alcuni dei suoi rappresentanti (Raymond Carver, Ann Beattie, Tobias Wolff...) e dichiara: «Il dialogo fra scrittori fantastici e realistici, tra fabulisti e testimoni del quotidiano, così come il dialogo fra massimalisti e minimalisti, è antico quanto l’arte della narrazione stessa, e non è affatto sinonimo di ostilità». D’altra parte, non può fare a meno di avvertire: «Fra i grandi scrittori minimalisti, l’impoverimento è frutto di una scelta strategica: la semplificazione avviene nell’interesse della potenza espressiva [...]. Fra gli scrittori meno grandi, però, può essere semplicemente un ripiego».
A quasi vent’anni di distanza, dopo il minimalismo di Carver, il minimalismo glam-metropolitano di Jay McInerney e Bret Easton Ellis, il minimalismo pop e naïf di Douglas Coupland e le altre varie declinazioni e ramificazioni del fenomeno, il romanzo «massimalista» sembra tornato di moda. Da di David Foster Wallace all’ di Dave Eggers a di Colson Whitehead a di Zadie Smith, la nuova narrativa anglo-americana torna ad amare il Grande Romanzo, gli intrecci di piani narrativi, il linguaggio pirotecnico, la parodia pop (il «fabulismo» ironico e pieno di humour nero, l’intellettualismo, la densità ora bizantina, ora barocca): in definitiva, le mille diverse espressioni di quel che Barth non ha mai smesso di considerare una – pur riconoscendo espressamente, si badi bene, la necessità di animarlo col calore di una profonda urgenza espressiva:
[Nell’enciclopedia di Tlön], Borges immagina che venga descritto, in termini rigorosissimi, ogni aspetto di quel mondo inesistente: dalla medicina alla mitologia, dall’algebra al fuoco. Ecco: poniamo che l’Algebra rappresenti la tecnica, o gli aspetti tecnici e formali di un’opera letteraria; poniamo che il Fuoco rappresenti le passioni dell’autore, le cose che sta cercando di comunicare in maniera eloquente. La semplice tesi che qui voglio sostenere è che la buona letteratura [...] comprenda e richieda tanto l’algebra quanto il fuoco; in poche parole, un virtuosismo appassionato.3
Rileggere oggi le prime opere di John Barth significa dunque risalire alla fonte (più o meno dichiarata) di molta narrativa odierna, e scoprirne inalterata la freschezza.
Nella sua introduzione all’edizione riveduta e corretta dell’, pubblicata da Doubleday nel 1967, Barth la definiva un romanzo «realista e minimalista (secondo i miei standard)». È effettivamente vero che, a livello di arditezza sperimentale, illusionistica e parodistica, il romanzo non raggiunge le vette – secondo alcuni: gli eccessi – delle opere successive; è vero che possiede un’ambientazione realistica e un’autentica linea narrativa portante (espressamente dichiarata nelle prime righe: «il resoconto di un giorno del 1937 in cui cambiai idea»); che presenta personaggi e situazioni descritti perlopiù in maniera diretta e tradizionale; che potrebbe sembrare, a chi leggesse un rapido riassunto della trama (la storia di un fra un avvocato di successo, un giovane industriale e la bella moglie di lui, in una cittadina fluviale del Sud degli Stati Uniti), nulla più che un romanzo borghese degli anni Cinquanta. Ma, altrettanto indiscutibilmente, l’ «segnò un ben preciso punto di svolta nel romanzo americano contemporaneo, diventando rapidamente uno dei testi esemplari del cosidetto “postmoderno”»4 e dimostra evidenti punti di contatto con le migliori opere dei continuatori attuali di quel fenomeno.
Tanto per cominciare, un romanzo minimalista «secondo gli standard» di Barth è a tutti gli effetti un romanzo ; uno di quei romanzi che contengono in sé materiali e sottogeneri di ogni sorta, che mescolano gli stili e i toni e aprono senza timore ricchissime digressioni. Nell’ ci sono dialoghi filosofici sull’opportunità del suicidio e dettagliate disamine tecniche dell’andamento di una singola pratica giuridica prima dell’istruzione del processo; c’è l’indiavolata descrizione di un spettacolo di vaudeville su un battello a vapore e il racconto di uno straziante episodio di guerra che ha poco da invidiare in intensità alle pagine di un Remarque (e forse le supera per l’originalità dello sguardo, che è straniato, grottesco, surreale, a tratti addirittura e per questo ancora più capace di commuovere); ci sono le descrizioni di un orgiastico party di fine anno in una villa altoborghese del Sud, e delle goliardie degli universitari di provincia negli Anni Ruggenti; ci sono perfino, sullo sfondo, la guerra civile spagnola e il sindacalismo americano degli anni Trenta.
Ma attenzione: mai – caratteristica questa notevolmente vicina alla sensibilità dei post-postmoderni attuali – il vero intento è quello del romanzo sociale, dell’«affresco di un’epoca». In un intervento del 1979, Barth sostiene:
[...] La maggior parte della letteratura che un luogo o un periodo di tempo non riesce mai a elevarsi al di là di quel luogo o di quel periodo. Quando i veri artisti [...] trovano ispirazione in una particolare regione geografica o epoca storica, è probabile che sia perché in quella regione o in...