E-Book, Italienisch, 132 Seiten
Reihe: add saggistica
Barrau Ora
1. Auflage 2020
ISBN: 978-88-6783-279-8
Verlag: ADD Editore
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
La più grande sfida della storia dell'umanità
E-Book, Italienisch, 132 Seiten
Reihe: add saggistica
ISBN: 978-88-6783-279-8
Verlag: ADD Editore
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Servono a qualcosa gli appelli? Forse no, ma quello dell'astrofisico francese Aurelién Barrau ha il dono di essere chiarissimo nella visione apocalittica del nostro futuro. Chi lo legge non lo dimenticherà facilmente: viviamo un cataclisma planetario. Riscaldamento climatico, diminuzione drastica degli spazi vitali, crollo della biodiversità, inquinamento di suolo, acqua e aria, rapida deforestazione. È troppo tardi per salvare il pianeta? No, ma il tempo a disposizione è poco, e le parole non basteranno, dobbiamo impegnarci a pungolare il potere politico per obbligarlo ad agire. «Di fronte alla più grande sfida dell'umanità, la politica deve agire con fermezza e tempestività. Ogni azione politica che non farà di questa lotta la sua priorità assoluta e inderogabile, non sarà credibile. Molte altre lotte sono importanti, ma questa è fondamentale.» Se perdiamo questa battaglia, nessun'altra potrà essere portata avanti. Il libro nasce dall'appello lanciato dall'autore su «Le Monde», firmato tra gli altri da: Pedro Almodovar, Juliette Binoche, Emmanuel Carrère, Bradley Cooper, Anish Kapoor, Isabella Rossellini, Carlo Rovelli, Patti Smith, Wim Wenders, Marion Cotillard, Philippe Descola, Ralph Fiennes, Ethan Hawke, Jude Law, Marjane Satrapi, John Turturro, Kristin Scott Tomas.
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La constatazione
Siamo di fronte a una situazione senza precedenti. Il futuro è in pericolo. Nella storia della Terra, nessuna specie vivente si è mai comportata come gli umani. Oggi, per noi, è in dubbio la possibilità di un futuro. La sfida è immensa e molteplice: riguarda tutti i viventi e deve essere pensata attraverso la doppia lente della specie e dell’individuo.
L’età della Terra è circa la metà di quella dell’Universo. Il nostro pianeta è vecchio. Ha avuto una storia tormentata e avventurosa. Dalla condensazione gravitazionale delle polveri primitive agli intensi bombardamenti meteoritici, i suoi esordi sono stati burrascosi. Ma la vita è apparsa piuttosto velocemente, circa quattro miliardi di anni fa. Nei camini idrotermali2, la materia ha esplorato questo stato specifico – forse unico – così difficile da definire e tuttavia così facile da identificare quando si presenta. Non sappiamo bene cosa sia la vita. Possiamo elaborare alcune definizioni. Ma una vita extraterrestre rientrerebbe in queste definizioni? E se non fosse così, come sapremmo che si tratta davvero di vita?
Molta magia e mistero circondano ancora il vivente, o piuttosto: i viventi. I percorsi della vita sono così diversi, inventivi, imprevedibili, che non smettono di sorprendere e di stupire chi li esplora. Ogni giorno scopriamo tesori di ingegnosità e bellezza che ci commuovono e meravigliano. Non è necessario andare in Antartico e osservare i pinguini: ogni metro quadrato di prato nasconde decine di esemplari di insetti che sotto una semplice lente d’ingrandimento rivelano comportamenti complessi e geniali.
Questo immenso edificio di cui ciascuno di noi è parte, il prodotto di un’evoluzione molto lunga e molto lenta, è particolarmente fragile. Ed è in serio pericolo. Forse è già sull’orlo del collasso.
L’umanità stessa è colpita in pieno dai disastri di cui è tuttavia la causa. Una buona metà della superficie terrestre, su cui si raccolgono oltre due terzi della popolazione umana, subisce una tale perdita di biodiversità da mettere in dubbio che possa continuare a supplire ai bisogni degli umani. E non è certo questa la sua unica finalità.
Procediamo a una panoramica lacunosa, parziale e disordinata. Cominciamo a guardare tutti i luoghi dove siamo.
La Terra è popolata da circa 10 milioni di specie viventi. Ognuna di esse è il risultato di una storia unica, piena di colpi di scena e imprevisti.
È in corso la sesta estinzione di massa della storia della Terra. Non ci sono più dubbi al proposito. Di recente, due ricercatori del CNRS (Centre national de la recherche scientifique) hanno analizzato 13.000 articoli pubblicati (da oltre 100.000 scienziati) sulle più importanti riviste di biologia della conservazione, il risultato è chiarissimo, e non lascia alcun dubbio sulla catastrofe in corso: la vita sta morendo e la tendenza attuale è all’accelerazione di questo processo già incredibilmente rapido. Nessun gruppo viene risparmiato, dagli uccelli agli insetti passando per mammiferi e pesci.
In quarant’anni sono scomparsi oltre 400 milioni di uccelli europei, e più di 3 miliardi negli Stati Uniti. Su scala planetaria, è collassata circa la metà della popolazione di specie selvatiche. Per quanto certe aree siano più colpite di altre, la tendenza a una drastica diminuzione è generale.
I rapporti dell’IPCC (International Panel on Climate Change, Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico) sulla biodiversità stimano che le estinzioni delle specie si siano centuplicate dall’inizio del XX secolo. In parallelo a questa preoccupante atrofia della diversità dei viventi, si nota una diminuzione draconiana delle popolazioni. Anche se la specie non è ancora estinta, gli animali muoiono. Dal 1990, in Germania il numero di insetti volanti è crollato dell’80%. Non resta che qualche migliaio di ghepardi, i leoni si sono dimezzati in trent’anni, gli oranghi sono in grave pericolo. In soli 11 anni, è scomparso più di un terzo dei pipistrelli.
L’ecatombe ha dimensioni terrificanti.
La scomparsa di una specie, in senso stretto, richiede che non rimanga più alcun esemplare che la rappresenti, neanche in uno zoo. Nonostante tale definizione sia rigorosa, le estinzioni sono comunque numerose e il loro ritmo non smette di accelerare. Ma non è il criterio più pertinente in questa fase: quello che conta è che ci sono sempre meno viventi sulla Terra. Tale «scomparsa della vita» è stata anche definita dagli specialisti come un «annientamento biologico». Le popolazioni sono al collasso. Secondo alcuni studi, dal 1970 il numero dei vertebrati è diminuito del 60%. La situazione di molti invertebrati è ancora peggiore.
È un crimine di massa globale che viene perpetrato nella più completa impunità.
Ogni anno, la superficie delle città aumenta di circa 400 milioni di metri quadrati. La deforestazione a fini agricoli è ancora più inquietante. Su scala mondiale, solo un quarto delle terre è ancora sostanzialmente immune dagli effetti delle attività umane. Fra trent’anni non ne rimarrà che il 10%, in gran parte nei deserti, sulle montagne e nelle regioni polari.
Con ogni probabilità l’inquinamento uccide circa 3 volte più dell’HIV. Causa circa 6 milioni di morti l’anno e cresce a ritmo sostenuto, in particolare nei Paesi poveri e dove si verifica uno sviluppo industriale accelerato.
Oggi, sono 17 i Paesi in condizioni di «stress idrico estremo», e altri 27, alcuni anche in Europa, sono in condizioni di «stress idrico elevato». Non meno del 25% della popolazione mondiale potrebbe presto soffrire di carenza d’acqua.
In un solo giorno dell’estate 2019, più di 11 miliardi di tonnellate di ghiaccio si sono sciolte in Groenlandia. E nella stessa estate abbiamo assistito a un incremento dell’83% dei devastanti incendi in Amazzonia.
Tra i 100 e i 200 metri di profondità, sulle grandi piattaforme continentali, non resta che l’1 o il 2% del pesce di un tempo.
Una parte della grande barriera corallina – un luogo a buon diritto emblematico per la biodiversità – è in avanzata fase di sparizione. Le mangrovie si stanno rapidamente ritirando. Immense superfici del fondo marino sono devastate dallo sfruttamento minerario.
Lo scioglimento dei ghiacciai di montagna da principio porterà troppa acqua dolce, che molto presto diventerà troppo poca, a circa 2 miliardi di persone che ne dipendono direttamente.
La fenologia dei vegetali è in pieno rivolgimento e contribuisce al calo della diversità della flora. Questa diminuzione contribuisce all’aumento del riscaldamento climatico: mentre il numero di specie cala, il livello di azoto nei terreni aumenta, insieme alla loro temperatura media. Gli effetti a cascata si moltiplicano.
Le piante spariscono 350 volte più in fretta della media storica.
Oltre 15 miliardi di alberi vengono sradicati ogni anno e non ne resta che il 46% di quelli esistenti prima dell’inizio dell’agricoltura.
Circa 1000 miliardi di animali marini vengono uccisi ogni anno. Quando si tirano le reti, la rapida decompressione fa esplodere la vescica natatoria, uscire gli occhi dalle orbite e, spesso, lo stomaco esce dalla bocca. I sopravvissuti muoiono lentamente, asfissiati o schiacciati, mentre le abilità cognitive e sensoriali dei pesci non ci consentono più di dubitare che percepiscano il dolore. Numerose specie sono minacciate. Le reti da pesca raschiano oggi 30 milioni di chilometri quadrati di acque marine. Distruggono senza distinzione e senza sosta.
Ancora nel 2016, le navi per la pesca industriale hanno totalizzato 40 milioni di ore di attività, consumando 19 miliardi di kWh e percorrendo 460 milioni chilometri (ovvero, 35.000 volte il diametro della Terra), coprendo i tre quarti della superficie degli oceani.
I pesci d’acqua dolce spariscono ancora più in fretta, e il declino delle popolazioni è stimato al 4% annuo.
Negli ultimi quarant’anni, le specie più grandi sono verosimilmente diminuite dell’88%. E oggi ci sono 3700 dighe in costruzione o in progetto. Sono una delle cause principali di questo declino.
Anche la biomassa dello zooplancton sembra essere in caduta libera, con gravi conseguenze sull’insieme della catena alimentare.
Recenti analisi su dei pulcini di cinciallegra morti in Belgio3 hanno mostrato che il 95% dei campioni era contaminato da pesticidi. Ne sono stati contati più di 36 tipi differenti, incluso il DDT, vietato da decenni.
Tanto a livello delle specie quanto sulla scala degli individui, la vita sulla Terra è in pericolo. Gli umani rappresentano lo 0,01% delle creature viventi, ma hanno causato l’83% delle perdite animali dall’inizio della civiltà. Un genocidio senza precedenti. Che, oggi, comincia a nuocere profondamente agli stessi umani.
La prima causa di questo danno alla vita (perché non si tratta solo della biodiversità in senso contabile) è senza dubbio la distruzione e la parcellizzazione degli ambienti per i non umani. È stata superata la soglia del 75% delle terre emerse danneggiate dagli esseri umani. Gli animali non hanno più luoghi dove vivere. L’onnipresenza degli umani e delle loro infrastrutture è tale che alcune specie diurne vivono durante la notte per riprendersi un po’ di libertà. Lo smisurato espansionismo umano è la prima causa di declino delle altre forme di vita. Per esempio, il 95% delle praterie del Nordamerica e il 50% della savana tropicale sono ormai zone interamente «umanizzate». La tendenza accelera e si diffonde pressoché ovunque.
Anche le altre cause di collasso del vivente sono ben note:...




