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E-Book, Italienisch, 213 Seiten

Ballardini Gesù lava più bianco

Ovvero come la Chiesa inventò il marketing
1. Auflage 2018
ISBN: 978-88-7521-284-1
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

Ovvero come la Chiesa inventò il marketing

E-Book, Italienisch, 213 Seiten

ISBN: 978-88-7521-284-1
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark



In questo tour de force documentato e irriverente sulla storia della comunicazione pubblicitaria nella Chiesa cattolica, Ballardini decostruisce senza falsi ossequi la dottrina, la ritualità, la teologia, l'architettura, l'evangelizzazione nei loro elementi propagandistici e, in senso linguistico, pragmatici, e fornisce così un contributo a un'altra, nuova controstoria della Chiesa - la grande azienda con il settore marketing più efficace e capillare di tutta la storia occidentale. Del resto, come ha dichiarato monsignor Ernesto Vecchi nel 1997: 'Il marketing? Ha cominciato Gesù, già duemila anni fa...'

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1

LA GENESI (DEL MARKETING)


Una nuova religione


È straordinario osservare quanto l’umanità riesca a non apprendere nulla dalla storia. Si riproducono spesso le stesse situazioni senza che nessuno se ne accorga in tempo utile per evitare le conseguenze. Allo stesso modo, nessuno fa caso alla costante ripetizione di vecchie concezioni del mondo, di vecchie filosofie, trasformate solo apparentemente da nuove terminologie o nuove vesti dottrinarie. Le ipotesi lanciate da Chomsky sull’uso di una «ingegneria storica» grazie alla quale si sarebbe già iniziato a riscrivere pezzi di storia, modificandoli in modo tale da renderli irriconoscibili rispetto ai fatti originari, si sono rivelate ipotesi ingenue. L’abitudine a «riscrivere» la realtà è l’essenza stessa del marketing. Si «riscrivono» intere linee di produzione, si fa il restyling di un’automobile per continuare a vendere lo stesso modello, oppure si modifica, riscrivendola, una mappa genetica per creare cloni perfetti o creature in grado di soddisfare particolari esigenze del mercato. Quando gli originali vengono sostituiti dalle copie «riscritte», nessuno si ricorda più del modello di partenza. Il sistema delle merci non può avere memoria e quindi è in netta antitesi con la storia e con la cultura, mirando a sostituirsi ad esse. E il marketing è la sua anima. In virtù di queste sue finalità totalizzanti è possibile capire come mai il marketing sia diventato oggi la religione per eccellenza. Per meglio far percepire la portata di questa moderna mistificazione, le cui vittime inconsapevoli sono le persone di buona fede, è necessario dunque partire da un breve quadro storico e da alcune definizioni.

L’origine del marketing appare assai incerta perfino agli studiosi di questa disciplina. Alcuni testi adottati fino a qualche tempo fa nelle scuole di management mostrano un certo imbarazzo nel tracciare cronologie. Qualcuno ha tentato con scarso successo di identificare addirittura delle «epoche storiche» lungo le quali questa scienza nuova si è evoluta:

1900-10: periodo della scoperta.

1910-20: periodo della concettualizzazione. Si cominciano a definire i termini con maggiore precisione e a operare le prime classificazioni dei concetti.

1920-30: periodo dell’integrazione, in cui si cerca di integrare i primi contributi accademici, al fine di sistematizzare l’argomento dandogli una prima veste teorica.

1930-50: periodo dello sviluppo e della riformulazione. Comincia a emergere l’esigenza di approfondire l’argomento.

1950-60: periodo della riconcettualizzazione. In questo periodo si verifica un notevole sviluppo delle scienze sociali: psicologia, sociologia, antropologia, e di quelle quantitative: matematica, statistica, informatica. Il marketing comincia ad arricchirsi di contributi disciplinari diversi e di una terminologia più sofisticata e precisa che deriva appunto da queste scienze.1

Naturalmente questo è solo un esempio, ma è sintomatico di una mentalità. Nella pretesa scientificità di questa disciplina è del tutto normale delineare quadri storici lacunosi e contraddittori come quello appena riportato (dove si parla ad esempio della «scoperta», oppure dell’esigenza di «approfondire l’argomento» che emerge finalmente solo dopo la sua «riformulazione»: ma poi di quale argomento si tratta?) e arrivare a definire il marketing sotto l’influsso evidente della psicologia comportamentista:

Il marketing è un orientamento comportamentale che privilegia il momento di analisi del consumatore/acquirente, dei suoi bisogni latenti e manifesti, dei suoi comportamenti d’acquisto, al fine di permettere all’impresa di produrre il prodotto giusto, e di venderlo nel posto giusto e al momento più opportuno. Da questa accezione, breve è il passaggio al cosiddetto marketing management, attualmente ancora dominante la disciplina, che pone l’enfasi sulla progettazione e il bilanciamento delle variabili del marketing mix.2

La teoria del , fondata sulla nota formuletta delle «quattro P» – , , e – intese come parametri variabili su cui giocare la strategia di vendita, è tuttora il cardine della disciplina e senza ombra di dubbio, secondo tutti i suoi esegeti, la grande innovazione in essa contenuta. Il «passo avanti» consisterebbe nel far evolvere la nostra civiltà mercantile da uno stadio primitivo, in cui tutte le merci erano a disposizione di tutti e si giungeva a un acquisto spontaneo solo in base alle proprie necessità, a un’altra fase in cui le merci vengono predisposte secondo una sorta di 3 se non addirittura create sulla base di bisogni fatti emergere artificialmente. Se si considera l’assoluto vuoto di etica che sottende tutto questo è facile comprendere come mai il marketing e la pubblicità si affannino ancora oggi a dimostrare continuamente un rigore deontologico per il rispetto del consumatore tutelandolo con un insieme di «codici», «giurì», «comitati di garanti», «probiviri» ecc. che non ha uguali in nessun’altra attività di servizi rivolta al pubblico.

Ebbene: l’errore in cui questa schiera di dilettanti non si è accorta di essere caduta è che il marketing esiste già da duemila anni e continua a essere utilizzato con successo dai suoi veri ideatori con un meccanismo di armonizzazione fra produzione e consumo pressoché perfetto che dà luogo a un modello consumistico etico (anche perché fondato sul consumo dell’etica). Una costruzione immensa, di cui stentiamo a intravedere i limiti, un capolavoro vivente che si ricrea ogni giorno e ogni giorno produce le risposte alle aspettative dei consumatori, basandosi sulla loro stessa buona fede.

Il mercato della colpa


Il marketing, come sostengono autori americani ancora in voga, è guerra.4 E per conseguire il successo, soprattutto in una guerra totale, occorre innanzitutto preparare accuratamente il terreno. Ad esempio, creando disagio psicologico nel target. Per ottenere questo, non c’è niente di meglio del «senso di debito» e del senso di colpa a esso correlato. Un virus talmente contagioso che l’estrema facilità con cui si diffonde è pari soltanto all’estrema riluttanza che hanno le istituzioni a debellarlo: esso infatti è strettamente funzionale alla coesione sociale attorno all’autorità. Ci sono gruppi, istituzioni, società, intere culture, agglomerati umani di varia entità e storia, tutti fondati sul senso di colpa. Jean Delumeau ha ben descritto quanto la nostra civilizzazione sia stata modellata dal senso di colpa.5 Come poteva il marketing trascurare uno strumento di persuasione di così ampia portata? Ancora oggi, infatti, nell’aggressivo mercato dei detersivi, in cui prevalgono strategie di mercato invasive, si usa sia informare sulle caratteristiche del prodotto sia instillare contemporaneamente, in chi non l’ha ancora scelto, dosi massicce di , ovvero il senso di colpa dato dalla possibilità di apparire più sporchi e più trasandati nella vita sociale:

L’attacco sembra avere come unico obiettivo le abitudini di lavaggio ma arriva molto più lontano. Da lì, infatti, si discende per induzione alle abitudini quotidiane e quindi alla filosofia di vita del nucleo familiare, cioè in definitiva alla concezione del mondo. È in gioco il modo di essere, non il pulito. Se si ha un pulito «meno pulito» degli altri non si è all’altezza dello standard di apparenze richiesto dalla società. Il pulito è una categoria dello spirito e dunque chi rimane con una camicia sporca deve avere in fondo anche la coscienza sporca.6

Per provocare reazioni psicologiche di questo livello occorre innanzitutto comunicare. E infatti i più grandi comunicatori della storia non si sono limitati a trasmettere la «buona novella» alle persone ragionevoli, ma anche a diffondere una quantità sufficiente di senso di colpa da riuscire a far leva perfino sugli incerti e sugli ignoranti. Una strategia infallibile. Come si costruisca poi il senso di colpa, è cosa nota. Secondo gli studiosi della persuasione, il «principio del contraccambio» è il più radicato fra i principi che hanno effetti adattivi sulla cultura attraverso il processo di socializzazione. Non c’è bisogno del gatto e della volpe per scorgere la «ragnatela di debiti» su cui si fonda l’evoluzione della società umana attraverso la creazione di fasci di interdipendenze che legano gli individui fra loro in unità di grande efficienza.7

Diamo per scontato che il mito dell’Eden abbia potuto fornire nei secoli il terreno più fertile su cui motivare i consumatori all’acquisto. Tutti noi aspiriamo a una condizione di esistenza migliore e, secondo la religione antica, quella condizione ideale è già stata nostra. Così, nel periodo iniziale del business, il primo della Multinazionale, tale Paolo di Tarso, non fece altro che articolare un dispositivo persuasorio in due passaggi fondamentali appropriandosi, nella prima fase, del potenziale colpevolizzante di quel mito. Noi avremmo perso l’Eden perché siamo i discendenti del primo peccatore, colui che proprio per questo venne scacciato dal Paradiso. Dunque, geneticamente, siamo peccatori anche noi (Rm 5,12). Ma nella seconda parte della sua geniale strategia di comunicazione Paolo legò indissolubilmente questo incidente al riscatto del peccato originale grazie al sacrificio di Gesù (Rm 5,19; 1 Cor 15,22). Fu questo il passaggio fondamentale che avrebbe fatto scattare il senso di colpa nel...



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