E-Book, Italienisch, 240 Seiten
Reihe: Asia
Bae La torre
1. Auflage 2022
ISBN: 978-88-6783-381-8
Verlag: ADD Editore
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
E-Book, Italienisch, 240 Seiten
Reihe: Asia
ISBN: 978-88-6783-381-8
Verlag: ADD Editore
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Le sei storie interconnesse che compongono La Torre si svolgono in un grattacielo di 674 piani chiamato Beanstalk, uno Stato sovrano in perenne conflitto con Cosmomafia e con i Paesi limitrofi. Per avventurarsi all'esterno è necessario superare gli stretti controlli alle frontiere tra il ventiduesimo e il venticinquesimo piano, e soprattutto non soffrire di suolofobia, l'intensa e divorante paura di scendere al piano terra. All'interno di questo scenario geopolitico, ogni racconto è uno spaccato sulle dinamiche di potere nella Torre, simbolo del capitalismo contemporaneo: un gruppo di ricercatori deve rivelare al proprio capo che, dall'esame dei dati raccolti, una delle figure più influenti della nazione è un cane; una donna usa il potere della Rete per soccorrere un pilota militare abbandonato dal governo nel mezzo del deserto; un operaio del Sindacato Lavoratori Trasporti Orizzontali vince il concorso e viene assegnato alla Sorveglianza, diventando un verticalista responsabile delle esercitazioni degli ascensori volte a sventare attentati; un forestiero si ritrova incaricato di preparare un elefante gentile a sedare gli esplosivi moti di protesta locali. Bae riesce a creare una visione allo stesso tempo divertente e oscura della vita contemporanea, confermando una delle più affascinanti tendenze culturali del nostro tempo: l'acume dello sguardo della Corea del Sud sul mondo in cui viviamo.
Weitere Infos & Material
ODE ALLA NATURA
Appena rieletto, il Sindaco fece avviare uno studio di fattibilità sulla riforma del Sistema di Trasporto Verticale nelle aree periferiche. Naturalmente non era la prima volta che se ne parlava. In un edificio come la Beanstalk con cinquecentomila residenti, le discussioni sull’ampliamento della rete degli ascensori erano all’ordine del giorno. Ogni volta che espandevano i mezzi di trasporto, era inevitabile un aumento degli utenti, dunque per quanto aggiungessero ascensori, muoversi tra i 674 piani restava un’odissea, ed erano sommersi dalle lamentele. Se qualcuno avesse risolto il problema una volta per tutte, avrebbe mantenuto la poltrona di Sindaco fino alla morte, anche se non avesse raggiunto altri risultati. Inutile dire che chiunque si candidasse al ruolo di Primo Cittadino provava a giocarsi la carta ascensori.
Anche stavolta il caso era scoppiato per gli intrallazzi tra politici e aziende di trasporto verticale. Quando vennero fuori le prove inconfutabili della collusione, gli addetti alla critica furono i primi a criticare. Sicché il governo li raggruppò in una lista e diede il via alla caccia agli scheletri nell’armadio. Come sempre, senza intaccare la libertà d’espressione e di riunione. Si limitarono a un giro di vite su altri regolamenti.
K era uno che di scheletri nell’armadio ne aveva. Non che fosse più corrotto di altri, ma neppure poteva sostenere a testa alta di esserlo meno. Finora la macchina del fango non si era accanita direttamente su di lui. Aveva visto altri rimanerci sotto. Acquattato nell’ombra, aveva notato che a furia di spalancare armadi, uno scheletro lo trovavano per tutti. Un errore nella rendicontazione di un rimborso spese, una cena con i genitori di un certo studente, un indirizzo sui documenti di residenza diverso da quello effettivo: immancabilmente saltavano fuori un paio di piccole sviste che non si potevano definire innocenti. Lo agghiacciava anche solo la remota possibilità di dover comparire davanti a Yeomra, il Guardiano dell’Oltretomba, e dare in pasto all’opinione pubblica il peggio che aveva combinato nella vita come fosse sushi da sfilettare, confessando errori che mai avrebbe ammesso se non costretto.
Quando gli addetti a criticare il governo smisero di farlo, le critiche iniziarono a piovere da parte dei non addetti. A quel punto entrò in azione la Sorveglianza. Come ogni volta, la libertà d’espressione e di protesta non vennero per nulla represse: si applicarono altre normative con un tantino più di rigore. Per esempio, il giorno dopo una grossa manifestazione nella piazza del P-321, i firmatari della domanda di utilizzo del suolo pubblico furono accompagnati alla Stazione di Sorveglianza e indagati per infrazione della Legge contro l’Inquinamento Acustico tra i Piani. Alcuni giornalisti che in pubblico avevano irriso i legami tra politici e ditte di costruzione verticale furono accusati di pornografia e videro la propria carriera bruciata. Non erano ordini partiti dall’alto. Qualcuno con il giusto grado di autorità si era preso la briga di agire prima ancora che gli venisse chiesto di farlo.
Di conseguenza l’Ordine Scrittori e Giornalisti Bean-To (Beanstalk Tower in gergo locale) entrò in sciopero. Qualche scrittore dichiarò che avrebbe deposto la penna fino alle prossime elezioni. Da parte sua, K continuò a scrivere. Ma da quel momento in poi l’unica cosa di cui scrisse fu la Natura.
«…e ora canta le lodi delle bellezza di Madre Natura», disse il caporedattore.
«Ma pensa! Per quello i suoi libri sono irriconoscibili…» disse D.
«Esatto. Ma sai qual è il vero problema? Che è suolofobico.»
«Suolo…?»
«Ormai saranno venticinque anni. Da piccolo dicono che abbia assistito a un attentato terroristico. Per quello scriveva cose di un realismo brutale… è da allora che soffre di suolofobia. Non ce la fa a scendere al piano terra. Ha vissuto sempre e solo ai piani alti nei vari grattacieli, finché non è approdato qua. Ma nella Torre guadagnarsi da vivere non è facile, le case costano, insomma non se la passava bene… poi il Comune ha riconosciuto la suolofobia come invalidante, e ha preso l’indennità. C’è chi insinua che si sia buttato sulla Natura per paura che gliela revocassero. Io non credo. Perché ultimamente i suoi libri vendono.»
«E ha un seguito notevole!»
«Infatti. Solo alla Bean-To ogni titolo fa sulle centomila copie! Alle ultime elezioni nemmeno il Sindaco ha preso tanti voti… qualcosa vorrà dire.»
«Appunto. Ma in che senso il problema è la suolofobia? Perché è malato?»
«No, voglio dire, un uomo che da più di dieci anni non mette il naso fuori dall’edificio, come fa a darsi ai racconti sulla Natura?»
D ripensò agli ultimi romanzi di K. Non le erano sembrati particolarmente strani. La storia di un orso polare che vaga a caccia di cibo, disperso tra i ghiacci sempre più sottili per il riscaldamento globale. Si era persino commossa, quando nell’ultimo capitolo l’orso scopre l’irriducibile circolarità del legame tra sé e la preda, e dopo quaranta giorni e quaranta notti di sofferta meditazione coglie il principio di tutte le cose e raggiunge il Nirvana!
«Ma è per forza un problema, se una persona che non è mai uscita all’aperto tesse le lodi della Natura?» chiese D.
«Intanto, è disonesto, no? In fin dei conti si scrive ciò che si è visto da qualche parte. Non a caso manca di incisività. Non ti pare?»
Su sollecitazione del capo, D si prese l’incarico di convincere K a scrivere un pezzo realistico come quelli dei vecchi tempi.
K stava facendo i bagni di sole nell’area ricreativa davanti alle vetrate esposte a sud, al P-410. Dopo i convenevoli di rito e le presentazioni, D passò ad accennare il motivo della visita, ma senza nemmeno lasciarla finire K si tuffò in piscina.
«Con tanta gente, ma perché proprio io?», pensava galleggiando senza meta con lo sguardo al soffitto.
«In ogni caso non potrei. Non posso.»
Mentre faceva il morto, scosse la testa. No. Glielo impediva la villa a Frigiliana.
Che poi, chiamarla “villa” era esagerato: non era così grande. Frigiliana, un borgo sulla costa meridionale della Spagna, noto come , si raggiungeva seguendo una stradina ripida e sinuosa, fino a una serie di case in stile mediterraneo tutte diverse ma accomunate dal bianco, le porte e le finestre tutte blu e pittoreschi vasi di fiori appesi qua e là lungo i muri esterni. Persino il lastricato in pietra era tanto suggestivo da lasciare a bocca aperta. Ma la cosa che incantava più di tutto era il clima. Guardando a sud, il Mediterraneo si estendeva nella sua vastità, e dalla linea d’orizzonte l’azzurro ti sovrastava e ammantava completamente il paese: una vista di una bellezza inaudita. Quell’azzurro intenso faceva sembrare le case ancora più bianche. In altre parole a Frigiliana il punto non era costruirsi una casa grande, ma una casetta graziosa.
Non che ci fosse mai stato di persona, chiaro. Per arrivarci, sarebbe dovuto scendere al piano terra, prendere un aereo fino a Madrid, poi un treno per Malaga, e da Malaga in autobus fino a Nerja. E da lì, con un altro autobus inerpicarsi in alto finché non si vedevano spuntare quelle casette bianche come una specie di ghiacciaio incastonato tra i monti.
Solo a pensarci, un viaggio atroce. Treni e autobus, figuriamoci! Per non parlare di scendere al pian terreno. Lui si spostava solo in elicottero, e solo da un helipad all’altro, nessuna eccezione. L’elicottero stesso non gli sembrava più tanto sicuro, dopo il caso dell’aereo civile intercettato e abbattuto da Cosmomafia. Ormai, non riusciva più a pensare ai mezzi di trasporto come puri e semplici mezzi di trasporto. Detto questo, gli era ugualmente impossibile mettere piede al piano terra. Sotto il P-50, quando oltrepassava il livello dell’orizzonte che invade la visuale, un’angoscia indefinibile gli soffocava man mano il respiro. Sotto il P-30, la sua razionalità veniva paralizzata da incomprensibili, assurde allucinazioni: una marea di cadaveri sbucavano da sottoterra e lo incalzavano in massa. Lui provava a calmarsi, si ripeteva che era una cosa assurda, ma non serviva a niente. Ogni volta cadeva preda di un panico che non riusciva a vincere senza interventi esterni. E nonostante ciò, a Frigiliana lui voleva andarci, e dunque non mollava con gli incontri dallo psicologo. Ma finora nessun metodo contro la suolofobia si era dimostrato efficace. E questo lo mandava in bestia.
La casa era il “regalino” di qualcuno di cui non poteva fare il nome. Inutile dire che non l’aveva avuta gratis. Che si trattasse di un favore illecito era chiaro, e anche il messaggio che indicava il cosa e il come non lasciava adito a dubbi. All’inizio, quando quel tipo gli aveva parlato della casa, si era chiesto se non lo stesse prendendo in giro. Addirittura la costa spagnola. Un miraggio, per uno con la sua patologia. Ma poi aveva visto l’accessorio in dotazione, e aveva cambiato idea.
L’accessorio in questione era un robot. Non uno particolarmente sofisticato o performante. Quattro funzioni in croce. Rispondendo ai comandi, si spostava per casa e afferrava gli oggetti con un braccio rudimentale. Tutto...




