Argüello | Essere rosso | E-Book | sack.de
E-Book

E-Book, Italienisch, 160 Seiten

Reihe: Intrecci

Argüello Essere rosso


1. Auflage 2020
ISBN: 978-88-6243-432-4
Verlag: Voland
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

E-Book, Italienisch, 160 Seiten

Reihe: Intrecci

ISBN: 978-88-6243-432-4
Verlag: Voland
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark



1959. Omar e Lolita si conoscono su una nave in mezzo all'Atlantico. Sono entrambi diretti a Vienna dal Sudamerica per partecipare al festival della gioventù comunista. È l'inizio di una storia d'amore permeata di militanza politica, ma diventa presto il racconto del sogno infranto di una generazione e delle peripezie di una famiglia costretta a fuggire da due dittature. Con una scrittura coinvolgente e rapida, piena di aneddoti e di momenti intimi che spaziano tra passato e presente, tra Cile, Argentina ed Europa, Javier Argüello ripercorre, attraverso i colloqui con i suoi genitori, le vicende del XX secolo e si interroga su cosa rimanga adesso dell'entusiasmo di un tempo, degli ideali di uguaglianza e giustizia condivisi da tanti giovani che pensavano di poter cambiare il mondo.

Argüello Essere rosso jetzt bestellen!

Weitere Infos & Material


2

Il modo in cui mio padre si avvicinò alla politica ha molto a che vedere con la forma della rete ferroviaria dell’Argentina. Costruite dagli inglesi, le ferrovie del mio paese si diramano a ventaglio da Buenos Aires verso tutti gli angoli del territorio. O forse è più corretto dire che da tutti gli angoli del territorio si dirigono verso la capitale per convergere nel porto di Buenos Aires. L’unica ragion d’essere dei treni in Argentina era quella di raccogliere la produzione agricola e zootecnica dell’entroterra e trasportarla al porto, da dove le navi – anch’esse inglesi – si incaricavano di farla giungere in Europa. Ancora oggi, se ci si vuole spostare in treno da una provincia dell’interno a quella limitrofa, l’unico modo è raggiungere prima la capitale e poi, da lì, prendere un treno per tornare indietro. La dislocazione delle stazioni segue lo stesso criterio: ogni tanto bisognava allestire un punto di raccolta della produzione locale perché il treno potesse caricarla e, già che c’era, fare rifornimento di acqua e carbone. Fu intorno a quelle fermate che sorsero i primi insediamenti, i cui abitanti, nessuno escluso, si dedicavano ai lavori nei campi o svolgevano qualche mansione legata all’emporio che organizzava l’attività della zona. Azcuénaga, il paese di mio padre, era uno di quegli insediamenti, e aveva solo due strade: la principale, dove vivevano le famiglie che avevano a che fare con il suddetto emporio, e la secondaria, dove vivacchiava chi occupava i gradini più bassi della scala sociale. Figlio di un asturiano arrivato in Argentina a nove anni e di una figlia di italiani giunta con la famiglia in cerca di fortuna, mio padre nacque nella strada secondaria.

Non è corretto dire che la famiglia di mio padre era tra le più povere del paese. La loro condizione era leggermente migliore, perché mio nonno aveva un impiego come supervisore del grano nella Casa Terrén – così si chiamava l’emporio – che, sebbene offrisse uno stipendio misero, garantiva un’entrata fissa mensile. I giornalieri, invece, avevano lavoro solo nel periodo del raccolto. Il resto dell’anno dovevano arrangiarsi dormendo dove capitava e vivendo praticamente di elemosina. Quella piccola differenza di status bastava perché mia nonna non permettesse a mio padre di giocare a pallone con i ragazzini della sua via. Il piccolo avanzamento sociale ottenuto grazie al posto fisso di mio nonno era qualcosa che bisognava far notare. Quelle differenze si impressero nella mente di mio padre fin da piccolo. C’era, ad esempio, una bambina che gli piaceva, ma essendo la figlia del contabile della Casa Terrén lui non poteva nemmeno sognarsi di guardarla.

La vita ad Azcuénaga era monotona e semplice, senza molte altre aspirazioni al di là della sopravvivenza. Si cercava di passare l’inverno nel miglior modo possibile, integrando l’esiguo stipendio di mio nonno con le poche verdure coltivate nell’orto e con qualche tipo di baratto. Le sorelle di mio padre lavoravano come domestiche nelle tenute della zona in cambio di vitto e alloggio e di qualche extra, come i vestiti che i proprietari buttavano via e che mio padre riutilizzava. Mia nonna era una mezza guaritrice – o almeno così diceva – e in assenza di un medico vero guadagnava qualcosa curando il malocchio o le indigestioni. In estate, con l’arrivo del raccolto, la situazione si vivacizzava. All’inizio della stagione, dal paese partiva un convoglio trainato da una macchina a vapore che avanzava nei campi senza nessun tipo di rotaia che la guidasse. La macchina, la cui caldaia veniva alimentata con la stessa paglia che separavano dal grano, si tirava dietro un carro con acqua e attrezzi, un altro con la trebbiatrice e un altro ancora che fungeva da cucina. Il mio bisnonno era il cuoco, e una delle estati che mio padre ricorda con più affetto è quella in cui gli fu permesso di accompagnarlo. Si trattava di stare un paio di mesi lontano da casa, di andare da un campo all’altro a prendere il raccolto e metterlo sui carri che lo portavano nel luogo in cui il treno sarebbe passato a caricarlo. Era un’avventura da selvaggio West, dormivano all’aperto tra robusti omaccioni che mentre lavoravano scherzavano l’uno con l’altro e si spostavano attraverso la pianura, e per mio padre era un’esperienza davvero eccitante. Facevano solo due pasti al giorno, che il mio bisnonno si occupava di preparare. E quando qualcuno beveva più del dovuto e cominciava a creare problemi, toccava a lui ristabilire l’ordine, perché come cuoco aveva accesso all’unico coltello disponibile.

Ogni volta che mio padre parla degli anni passati ad Azcuénaga, lo fa come se riguardassero la vita di qualcun altro. E in più di un’occasione, infatti, me lo ha espresso proprio in questi termini, con una certa incredulità per come il destino è riuscito a far diventare funzionario delle Nazioni Unite un bambino di uno sperduto villaggio della pampa. Il fatto cruciale avvenne il pomeriggio in cui la signora x visitò il paese. Ad Azcuénaga c’era una piccola scuola che arrivava fino alla terza elementare, il minimo indispensabile perché i bambini imparassero a leggere e a scrivere. Mio padre era un bravo studente, e per qualche motivo che non ricorda – e che è difficile da immaginare, dato che in genere i bambini non erano un argomento di conversazione per gli adulti – quella misteriosa signora mentre girava per il villaggio lo notò. Sua nonna le spiegò che era un bravo ragazzo e che gli piaceva studiare, e così la signora x disse che sarebbe stato un peccato se non avesse continuato a farlo e si offrì di portarlo con sé nella capitale. Quell’iniziativa non può essere venuta dalla famiglia di mio padre, primo perché non riconoscevano alcun valore agli studi e poi perché non sapevano nemmeno che esistesse un’istruzione scolastica oltre quella impartita in paese, per cui l’unica spiegazione possibile è che la signora sconosciuta abbia visto qualcosa in quel bambino che le fece scattare l’impulso di aiutarlo. Questo o qualche misterioso intervento della mano che scrive i nostri destini, come a volte piace fantasticare a mio padre. Sta di fatto che, per ragioni altrettanto misteriose, a mia nonna parve una buona idea affidare il suo figlio maggiore a quella sconosciuta, e fu così che, a otto anni, mio padre lasciò la famiglia e la campagna per iniziare a tracciare il proprio cammino.

La signora x faceva la portinaia in una casa di accoglienza per bambini poveri nel comune di Lanús, nella zona ovest di quella che oggi conosciamo come la Grande Buenos Aires. Era il 1940 e orde di immigranti arrivavano al porto di Buenos Aires con la speranza di costruirsi un futuro che la loro terra gli aveva negato. Polacchi che cercavano di parlare con italiani e spagnoli, a cui talvolta il castigliano non bastava per comunicare con i loro vicini. La casa della signora x era una specie di asilo popolare dove i genitori lasciavano i figli al mattino e passavano a riprenderli la sera quando uscivano dalle fabbriche. Lì davano loro la colazione, li portavano a scuola, provvedevano al pranzo e alla merenda. Nei tre anni successivi, mio padre dovette vivere con la signora x, con suo marito e con il loro figlio, che era un po’ più grande di lui. Dormivano tutti nell’unica camera a disposizione dove c’erano appena due letti, uno per la coppia e l’altro per i due ragazzi, che si sdraiavano con la testa in direzioni opposte per sfruttare al meglio lo spazio. Certe sere la famiglia usciva, e mio padre ricorda il terrore che provava da solo in quell’immenso edificio che di giorno si riempiva delle grida dei bambini, ma di sera conteneva solamente tutti i fantasmi che la sua immaginazione poteva concepire. Mio padre faceva colazione, pranzo, merenda e andava a scuola insieme agli altri, ma quando poi loro tornavano a casa lui rimaneva lì, con la famiglia che lo aveva adottato, cercando di compiacere in tutto e per tutto la donna che gli faceva da madre, e che a quanto pare aveva un carattere piuttosto forte. Il marito a malapena gli rivolgeva la parola, e il figlio, com’è naturale, non provava molta simpatia nei confronti di quel fratello posticcio con cui doveva condividere il letto e il pane. Alla fine di quei tre anni mio padre tornò al paese con la licenza elementare e con le idee un po’ più chiare rispetto alla sua famiglia e su com’era fatto il mondo. Poco tempo dopo, mio nonno venne a sapere che alcuni ragazzi del villaggio, anch’essi in possesso della licenza elementare, avrebbero seguito un corso di formazione professionale in una succursale della famosa Academia Pitman in un paese vicino. Consapevole che per mio padre era l’unica possibilità di continuare gli studi, mio nonno riuscì a farlo includere in quel gruppo. Oltre a lui c’erano altri quattro ragazzi: la figlia del contabile della Casa Terrén, i due figli del capostazione e un altro bambino che mio padre non conosceva ma che doveva essere figlio di qualcuno di importante. Mio padre non sa dove il nonno trovò i soldi per pagare la scuola e l’autobus che ogni giorno ce li portava. Per l’autobus aveva di certo ottenuto uno sconto. Mio padre ne è sicuro, perché il modo in cui lo scoprì lo segnò profondamente. Un pomeriggio, mentre tornavano al paese, stavano scherzando come fanno i bambini. L’autista li aveva già richiamati un paio di volte, e mio padre, che era molto timido di carattere, in quell’occasione disse qualcosa che fece ridere gli altri. Tu stai zitto, Argüello, lo rimproverò l’autista, per quello che paghi non hai diritto di aprire bocca.

Sono passati quasi ottanta anni da quel giorno e, quando lo racconta, mio padre continua a incupirsi come probabilmente fece allora, con...



Ihre Fragen, Wünsche oder Anmerkungen
Vorname*
Nachname*
Ihre E-Mail-Adresse*
Kundennr.
Ihre Nachricht*
Lediglich mit * gekennzeichnete Felder sind Pflichtfelder.
Wenn Sie die im Kontaktformular eingegebenen Daten durch Klick auf den nachfolgenden Button übersenden, erklären Sie sich damit einverstanden, dass wir Ihr Angaben für die Beantwortung Ihrer Anfrage verwenden. Selbstverständlich werden Ihre Daten vertraulich behandelt und nicht an Dritte weitergegeben. Sie können der Verwendung Ihrer Daten jederzeit widersprechen. Das Datenhandling bei Sack Fachmedien erklären wir Ihnen in unserer Datenschutzerklärung.