Abdolah | Le mille e una notte | E-Book | sack.de
E-Book

E-Book, Italienisch, 475 Seiten

Reihe: Narrativa

Abdolah Le mille e una notte


1. Auflage 2023
ISBN: 978-88-7091-824-3
Verlag: Iperborea
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

E-Book, Italienisch, 475 Seiten

Reihe: Narrativa

ISBN: 978-88-7091-824-3
Verlag: Iperborea
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark



È forse la favola più famosa del mondo, un classico che da secoli seduce i lettori di Oriente e Occidente. Ma è anche un'opera millenaria e stratificata in cui si mescolano tradizioni persiane, arabe e indiane, rimasta a lungo nell'ombra prima che un arabista francese del Settecento ne mettesse in luce lo splendore letterario. Per Kader Abdolah è «quel libro maestoso che è sempre stato sulla mensola del camino» della casa paterna e che lo ha accompagnato per la vita. Seguendo una tradizione di famiglia che invita ogni anziano a riscrivere un testo antico da lasciare in eredità ai discendenti, ma rivolgendosi a noi europei, l'autore iraniano racconta le sue Mille e una notte, una versione moderna che conserva tutta l'atmosfera fiabesca e il fascino sensuale della fonte originaria. Notte dopo notte, per avere salva la vita, la bella Shehrazade ammalia il sultano sanguinario con un fiume di racconti nei racconti che parlano di califfi e visir, principesse e schiave, mercanti, jinn, metamorfosi e magie, mettendo in scena il potere, il desiderio, l'amore e il gioco del destino. Un labirinto incantato di storie a cui Kader Abdolah aggiunge brevi note per raccontare ciò che sta dietro le quinte: le complesse origini dell'opera e della sua protagonista, le modifiche che ha subito attraverso i secoli e le culture, i personaggi storici che nasconde, il ruolo delle figure femminili in un mondo violentemente patriarcale. Ma è soprattutto il piacere di raccontare che si ritrova in ogni pagina di questo libro, i cui protagonisti sono la parola e l'immaginazione con il loro potere di salvarci, di fermare il tempo per più di mille e una notte.

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Alla ricerca del segreto del lago


Il re passeggiò per tutta la sera in riva al lago e nei suoi dintorni per vedere se succedeva qualcosa di strano in quell’insolito specchio d’acqua. Era molto tardi quando si disegnarono in lontananza i contorni di un castello, che lui non riconobbe alla luce della luna. Montò a cavallo e puntò in quella direzione, giungendo davanti a un portone chiuso, privo di sorveglianza. Chiese due o tre volte ad alta voce se ci fosse qualcuno, ma non ricevette risposta. Allora salì in piedi sul cavallo, oltrepassò il muro di cinta e si addentrò nella corte interna. Le finestre del castello erano buie.

Il re era sorpreso che non ci fosse nessuno e che l’edificio avesse quell’aria abbandonata. Gridò di nuovo: «C’è qualcuno? Qualcuno mi sente?»

Si fermò, indeciso sul da farsi, finché all’interno del castello risuonò un triste canto monocorde. Il re entrò con prudenza.

Trovò la stanza da cui proveniva quel motivo lamentoso, aprì la porta e vide una tenda dietro la quale un uomo cantava sommessamente e piangeva. Quando scostò la tenda si trovò davanti un giovane seduto su un letto, avvolto in una coperta. Era di una bellezza tale da non poter essere descritta a parole.

Il re lo salutò. L’uomo ricambiò il saluto, scusandosi per il fatto di non potersi alzare.

«Non importa. Ma che cosa è successo? Perché piangi? Che cosa fai qui da solo in questo castello buio?»

L’uomo allontanò la coperta, mostrando le gambe. Era pietrificato dalla schiena in giù. Metà uomo e metà pietra. Il re si coprì la bocca per lo stupore. Possibile che ci fosse un legame tra il lago, i pesci colorati, il castello e quest’uomo per metà fatto di pietra?

«Che cosa significa questo? Che cosa ti è successo?» domandò.

«È una lunga storia», rispose l’uomo con tono mesto.

«Raccontamela», lo esortò il re.

«Lo farò», rispose il giovane con un nodo in gola.

«Fai con calma», disse il re.

L’uomo si asciugò le lacrime. «Mio padre era un ricco mercante», cominciò. «Dopo la sua morte seguii le sue orme, riuscendo ad accumulare una fortuna ancora più grande, di cui faceva parte anche questo castello. Sposai una donna bellissima, senza sapere che era figlia di un mago potente. L’amavo e anche lei mi amava, al punto di non andare da nessuna parte senza di me. Mangiava solo in mia compagnia e riusciva a dormire solo se poteva posare il capo accanto al mio. Ero così felice insieme a lei che non avevo occhi per altre donne.

Una sera in cui era andata a trovare i suoi genitori e io ero a casa da solo, furono tre schiave a prendersi cura di me. Mi servirono la cena, mi portarono il narghilè, mi lavarono i piedi e mi tagliarono le unghie. Avendo ben mangiato, mentre aspettavo il ritorno di mia moglie scivolai in un sonno leggero. Ero ancora tra la veglia e il sonno quando sentii le schiave confabulare tra loro. Capii che parlavano di me e aguzzai le orecchie.

La prima disse: “È così un bell’uomo. Non se lo merita.”

La seconda aggiunse: “È un mercante giovane e ricco e ama immensamente sua moglie. Non è giusto che lei lo tradisca.”

La terza rincarò: “Non capisco perché lei gli faccia questo. Se hai un marito giovane, bello e anche ricco, e oltretutto abiti in un castello da sogno come questo, perché devi darti a uno schiavo?”

“Ma io mi chiedo perché lui non faccia niente, perché non glielo impedisca”, intervenne di nuovo la prima.

“Secondo me non sa che lei va a letto tutte le notti con quello schiavo.”

“Forse lo sa, ma preferisce far finta di non saperlo”, osservò la seconda. “Dormono uno accanto all’altra, come può non accorgersi che lei si alza nel cuore della notte e se ne va?”

“Non se ne accorge perché tutte le sere lei gli porta un bicchiere di vino mescolato a erbe soporifere, così da farlo cadere in un sonno profondo”, spiegò la terza. “La sento dire ogni volta: Crepa, spero che non ti svegli mai più.”

“Parli sul serio?” esclamò la prima. “Da non credere! Augurare la morte a un uomo così buono! Dovremmo avvertirlo?”

“No, nel modo più assoluto, perché se sua moglie lo venisse a sapere ci punirebbe senza pietà. Noi siamo schiave e non dobbiamo immischiarci in queste cose.”

Sentii quindi i discorsi delle schiave e non riuscivo a credere alle loro parole.»

«E che cosa hai fatto a quel punto?» chiese il re incuriosito.

«La sera dopo, quando mia moglie mi porse il bicchiere di vino, lo svuotai di nascosto e mi coricai fingendo di dormire. Lei si sedette sul letto vicino a me e mi parlò per capire se ero ancora sveglio. Si avvicinò, pensai che volesse baciarmi, invece mi diede uno schiaffo e disse: “Crepa! Spero che non ti risvegli mai più!”

Per poco non morii sul colpo. Tutto quello che le schiave avevano detto era vero. Mia moglie si cambiò, indossò una camicia da notte trasparente, si truccò il viso, si mise un po’ di rossetto e uscì.»

Il mercante riprese a piangere.

Il re gli offrì un bicchiere d’acqua e aspettò che si calmasse.

«Afferrai la spada e la inseguii», riprese il mercante. «Lei si diresse verso l’altra ala del castello, dove abitava il capo degli schiavi, un uomo brutto, rozzo, che dormiva su un tappeto per terra. Lui la aspettava furibondo sulla porta della sua stanza. Le si rivolse a male parole chiedendole perché fosse arrivata così tardi. Mia moglie si scusò e fece per abbracciarlo, ma lui la respinse dicendo che non gradiva la sua presenza. Piangendo lei lo implorò di lasciarla entrare nella sua stanza. “Lo sai che ho un marito”, disse, “e a volte è difficile farlo addormentare. Io lo detesto e amo te, lo sai. Ti prego, sii buono con me.” Lo schiavo la liquidò con un gesto della mano. “Non ti credo, sei una sgualdrina. Non vieni qui per me, ma per essere posseduta.”

Ma mia moglie continuò a supplicarlo finché lui l’accolse nella sua stanza, la fece coricare sul tappeto e la prese.»

«Da non credere! Da non credere!» esclamò il re. «E poi, che cos’hai fatto?»

«Brandii la spada per uccidere entrambi. Mia moglie riuscì a fuggire, ma colpii lo schiavo con un fendente. In quel momento credetti di averlo ucciso, ma più tardi scoprii che non era così: era rimasto gravemente ferito e qualcuno l’aveva salvato. Mi lanciai all’inseguimento di mia moglie, ma non la trovai da nessuna parte. Alla fine tornai nella mia camera, e non riuscii più a dormire per il dolore. Al mattino presto mia moglie tornò a casa in lacrime. Era vestita di nero e si percuoteva il capo. Volevo ucciderla, ma non ne fui capace, la amavo. Pensavo che ora, avendo ammazzato lo schiavo, avremmo potuto ricostruire il nostro rapporto. Preferivo perdonarla.

Le chiesi che cosa fosse successo e perché piangeva.

Mi rispose che suo padre e i suoi due fratelli erano morti d’un colpo. Le domandai incredulo come fosse possibile. Mi spiegò che suo fratello minore era stato morso da un serpente velenoso, l’altro fratello era caduto dal tetto, e suo padre aveva perso la vita durante una lite.

La abbracciai, baciai i suoi occhi bagnati di pianto e dissi: “Non essere triste. Così è la vita. È il destino che decide per noi e noi non possiamo fare altro che accettarlo.”

Lei mi chiese perdono, glielo accordai e riprendemmo la nostra vita. Adesso l’amavo più che mai e facevo di tutto per renderla ancora più felice. Le cose andavano di nuovo bene tra di noi e io non pensavo più allo schiavo, ora che era scomparso dalla nostra esistenza.»

Il dolore del mercante era grande: da un lato gli costava molto raccontare la sua storia, dall’altro aveva bisogno di farlo. Bevve un sorso d’acqua e continuò: «Una sera sentii di nuovo le schiave confabulare tra loro dietro la tenda della mia stanza.

La prima disse: “Non lo capisco: sua moglie continua a ingannarlo, ma lui cerca di renderla ancora più felice di prima.”

La seconda aggiunse: “Lo schiavo è completamente guarito e lei lo accudisce e dorme con lui come se fosse il signore del castello.”

La terza commentò: “Quel povero mercante non lo sa. Dobbiamo dirglielo?”

La prima rispose: “No, no, non se ne parla! Se lo scoprisse, quel poveretto ne sarebbe distrutto!”

Capii che, parlottando in quel modo tra loro, le schiave in realtà volevano mettermi al corrente della situazione. Mi alzai, spalancai la tenda e dissi: “Raccontatemi tutto.”

E così mi raccontarono che la mia sposa aveva sistemato lo schiavo in una casa, che andava a trovarlo regolarmente e lo accudiva.

In quel preciso istante mia moglie spuntò trafelata dal nulla. Aveva sentito tutto. Io non sapevo ancora che fosse la figlia di un mago e che anche lei fosse in grado di operare sortilegi. Mi tramutò in un essere per metà uomo e per metà...



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